Cosa accomuna molti dei più importanti processi penali italiani su reati e disastri ambientali come quello riguardante il caso Eternit, il Processo Cassiopea o il Processo Artemide relativo al traffico illegale di sostanze tossiche provenienti dallo stabilimento Pertulosa di Crotone, oppure le indagini sulla discarica di Pitelli a La Spezia, i disastri del petrolchimico di Porto Marghera o le conseguenze delle discarica del Vallone all’isola d’Elba? Spesso un verdetto: “Il reato è estinto per intervenuta prescrizione”. Anni di indagini, inchieste e di battaglie legali in Italia troppo spesso terminano con la prescrizione e la conseguente estinzione del reato, quando non si concludono addirittura con l’assoluzione, perché “il fatto non sussiste come reato”. Accade per i delitti di inquinamento o di disastro ambientale, solo perché sono reati non inseriti nel codice penale o perché è troppo difficile dimostrare il “nesso causale” con il danno procurato all'ambiente e alla salute. È il caso del Petrolchimico di Brindisi, dove si è ritenuto che non vi fosse conseguenza diretta e certa tra l’esposizione al Cloruro di vinile (Cvm) e le varie malattie tumorali che hanno stroncato decine di persone che lavoravano nello stabilimento petrolchimico o quello concluso con l’archiviazione dell’Operazione Mar Rosso in provincia di Siracusa, che aveva portato all’arresto di 17 dirigenti e operatori dell’impianto ex Enichem (ora Syndial) con l’accusa di aver sversato direttamente in mare attraverso la rete fognaria il mercurio delle lavorazioni industriali che avvenivano nel famigerato impianto Cloro-Soda.
Queste sono solo alcune delle storie ricordate e ben documentate da Legambiente nel dossier “Disastri impuniti. La mappa dell’Italia ferita e bloccata dagli ecocriminali e dalla giustizia negata”, dove l’ong fa un quadro della situazione del Belpaese sulla base 17 eco-processi già prescritti o che rischiano la stessa sorte. Storie di inquinatori ed eco-mafie, ma anche storie di giustizia negata, e di disastri impuniti che riguardano tutta la Penisola, senza distinzione tra nord e sud. “Il problema - ha spiegato Legambiente lo scorso 28 novembre presentando Disastri impuniti - è che in Italia ci sono processi lunghi, prescrizione breve, e pene esigue in materia ambientale, dal momento che in questo campo i reati contestabili sono ancora oggi di mera natura contravvenzionale”. Per questo l’associazione ambientalista continua a ribadire l’urgenza di approvare in tempi rapidi “un Ddl sui delitti ambientali, se si vogliono contrastare concretamente le illegalità ambientali e punire chi specula contro l’ambiente mettendo a rischio la salute dei cittadini e l’economia sana”.
Eppure ogni anno in Italia vengono accertati oltre 30mila reati contro l’ambiente, quasi 4 ogni ora: dalle discariche abusive alle cave illegali, dall’inquinamento dell’aria agli scarichi fuorilegge nei corsi d’acqua. Crimini che fruttano alla malavita organizzata circa 16,7 miliardi l’anno. Si tratta quasi sempre di reati che vengono sanzionati in maniera assolutamente inefficace, dato che sono contravvenzionali e non delitti, e con tempi di prescrizione estremamente brevi, vanificando in questo modo il lungo e faticoso lavoro degli inquirenti. “La prescrizione taglia soprattutto i processi in campo ambientale, perché i più complessi e difficili da fare e dimostrare, come nel caso del disastro ambientale. A differenza di altri reati, qui tra perizie e contro perizie i termini processuali si allungano mostruosamente; tanto che diversi processi ci dicono che gli unici a essere condannati in via definitiva sono solo coloro che patteggiano con rito abbreviato, mentre chi sceglie il rito ordinario è quasi certo di farla franca” ha ricordato l’associazione.
In realtà un disegno di legge sui delitti ambientali già c’è, ma dopo il via libera della Camera a febbraio scorso, è ancora fermo nelle Commissioni Ambiente e Giustizia del Senato. Anche per questo nelle scorse settimane Legambiente ha scritto ai senatori delle Commissioni in questione chiedendo l’approvazione del testo entro l’anno ed ha lanciato una mobilitazione on line “Chi inquina paghi”, chiedendo a noi cittadini di inviare un’email ai senatori direttamente dal sito di Legambiente. “Dopo la sentenza Eternit e alla luce della mappa dei disastri impuniti tracciata da questo dossier - ha dichiarato Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente - suona ancor più inaccettabile il rallentamento dell’iter parlamentare di questo provvedimento”.
Se fino ad ora è stata consentita una sistematica devastazione del territorio, grazie a una legislazione penale ambientale sostanzialmente contravvenzionale, senza alcuna capacità deterrente e con la garanzia di immunità per i responsabili, appare ormai chiaro che nel nostro ordinamento ordinamento manca una fattispecie di reato ad hoc. “Per questo - ha concluso la Muroni - chiediamo con urgenza l’approvazione definitiva del Ddl sui reati ambientali, un provvedimento che permetterebbe di rafforzare l’azione penale in ambito ambientale, rendendo più efficace il contrasto alle illegalità e alle ecomafie, e adeguando l’attuale codice penale che non prevede ecoreati come l’inquinamento o il disastro ambientale”.
Per l’associazione del Cigno verde si tratta di una riforma di civiltà che non si può più rimandare affinché non si ripetano più altri disastri e crimini ambientali, non vi siano più casi di “giustizia negata” e finalmente si punisca chi inquina e specula contro l’ambiente mettendo a rischio la salute dei cittadini e il lavoro delle imprese che rispettano la legge.
Alessandro Graziadei
Nessun commento:
Posta un commento