Il rapporto tra l’uomo e le altre specie è spesso stato risolto da qualche “legge naturale” dello stesso peso specifico di quelle invocate al Family-Day e che potrebbe essere sintetizzata con un “sono gli uomini ad avere l’esclusiva nella gestione del creato”. Del resto siamo i più intelligenti e responsabili, basta vedere i pochi danni che in questi ultimi secoli abbiamo prodotto all’ambiente a differenza dei progetti distruttivi degli ungulati. Certo in questa battaglia tra bene e male qualche sacrificio lo dobbiamo mettere in conto, ma quest’anno siamo stati anche fortunati. Se nel 2014 -2015 la stagione venatoria si era chiusa con il bilancio di 22 morti e 66 feriti, con 4 morti e 22 feriti (compresi 3 bambini) impallinati tra la gente comune, nel 2015 - 2016 per l’Associazione Vittime della caccia è andata meglio e ha portato in dote “solo” 108 persone fucilate di cui 24 morti e 84 feriti in meno 5 mesi, dal 2 settembre al 30 gennaio. Di questi 6 morti (uno minorenne) e 15 feriti (3 minorenni) erano vittime estranee all’attività venatoria.
Secondo l’Associazione Nazionale Vittime della caccia la regione in cima alla lista degli errori venatori è il Veneto con sei vittime tra la gente comune: cinque feriti, tra cui due bambini e un ragazzo di 15 anni morto in provincia di Padova il 30 gennaio scorso, durante una battuta di caccia al colombaccio, quando il padre lo ha ucciso per errore con una fucilata. Segue la Lombardia con 4 feriti estranei all'attività venatoria e 12 vittime in totale. Un bilancio provvisorio per l’Associazione Vittime della caccia, visto che “Sebbene la caccia sembra essersi formalmente conclusa, continuerà sotto le vesti di caccia di contenimento, di selezione, di eradicazione e chissà grazie a quale altra genialata riuscirà ad alimentare quello che i protezionisti definiscono il sistema caccia”. Fondamentale per l’Associazione sarebbe “chiedere ancora una volta alle Autorità preposte, che sia vietata in maniera esplicita almeno la partecipazione di minori all’attività venatoria e all’uso di armi”.
Ma siamo davanti a "tragiche fatalità? Quelle dei morti e dei feriti durante la stagione di caccia sembrano piuttosto tragiche certezze che riempiono gli articoli di cronaca e che EcoRadicali, un’associazione radicale ecologista, ha raccolto in una mappa georeferita, consultabile da tutti, che tiene conto soltanto degli incidenti strettamente connessi alla caccia in Italia. “Il nostro lavoro - ha affermato Fabrizio Cianci, segretario di EcoRadicali - intende informare la pubblica opinione sui costi sociali della caccia, fornendo numeri, luoghi e storie, attraverso la valorizzazione dell’impegno di centinaia di giornalisti, ai quali va il nostro ringraziamento”. Il bilancio totale di EcoRadicali è ancora più drammatico: “Per noi complessivamente - ha aggiunto Cianci - le vittime della caccia censite sono 125. Mentre è stabile il numero dei morti rispetto alla stagione precedente, aumentano i feriti, 19 in più rispetto allo scorso anno”.
Ma EcoRadicali, oltre alle vittime umane, ha ricordato anche i costi ambientali della caccia che hanno inevitabili ripercussioni anche sull’agricoltura e sul turismo: “oltre 100 milioni di animali sterminati; 17mila tonnellate di piombo, 510 tonnellate di antimonio, 85 di arsenico rilasciate dalle munizioni. 300 milioni di cartucce che producono 6mila tonnellate di plastica disperse nell’ambiente secondo i dati ISPRA”. Quanto basta per continuare a promuovere la campagna #scacciamoli con la proposta di legge depositata alla Camera “che punta ad una riforma organica dell’attuale normativa sulla caccia, ormai superata” ha concluso Cianci. Del resto come ha ricordato anche il WWF “Sul profilo culturale bisogna registrare che la caccia è un’attività sempre meno gradita dagli italiani, almeno stando all’ultima indagine Eurispes, secondo la quale il 68% degli intervistati sono schierati contro l’attività venatoria”. Dal punto di vista legislativo invece la novità di quest’anno è stata, per tre specie migratrici (tordo bottaccio, cesena e beccaccia), la chiusura anticipata al 20 gennaio della caccia, grazie ad un provvedimento emanato il 15 gennaio dal Consiglio dei Ministri. Il Consiglio è però dovuto intervenire nuovamente (come accaduto nella stagione 2014/15) nei confronti di ben 7 regioni che avevano stabilito nei propri calendari venatori la chiusura al 31 gennaio anche per queste tre specie protette da regole europee a tutela della fauna selvatica e della biodiversità. E mentre la Toscana ha appena dato il suo ok all'abbattimento straordinario degli ungulati (soprattutto cinghiali), il WWF, insieme alle altre associazioni ambientaliste e animaliste, ha segnalato ripetutamente la grave situazione di illegalità alla Commissione Europea, già due anni fa ha scritto più volte alle regioni, ricordando loro gli obblighi di tutela della fauna selvatica che è “patrimonio europeo e internazionale, e non selvaggina di proprietà dei governi locali né tantomeno dei cacciatori”.
Come se non bastasse l’associazione del Panda anche nella stagione venatoria 2015 -2016 ha registrato “l’esistenza di un confine sempre più spesso labile tra attività venatoria e bracconaggio: le oltre 350 Guardie volontarie del WWF Italia, sempre in allerta ed in attività per vigilare e far rispettare regole e divieti, segnalano in continuazione episodi di uccisioni illegali di animali, anche appartenenti a specie protette e rare come lupi, orsi, aquile, persino cicogne”. Ed è il lupo la specie simbolo della caccia illegale “Contro la quale i bracconieri si sono particolarmente accaniti in questi ultimi 3 anni - hanno ricordato gli ambientalisti - anche con esposizioni macabre degli animali uccisi”. Trappole, lacci (anche destinati a catturare ungulati), bocconi avvelenati e impatti mortali con le auto sono stati letali per il 20% della popolazione italiana di lupo (pari a diverse decine di animali) e di questi almeno 11 solo nella provincia di Grosseto.
Una situazione che si può contrastare? Il WWF è molto preoccupato per il quadro politico: “In questo contesto certamente non ideale, si innesca anche la situazione del complessivo indebolimento dei controlli venatori sul territorio. A parte l’indefessa attività della vigilanza ambientale da parte delle associazioni ambientaliste e animaliste, la cancellazione delle Polizie provinciali specificatamente preposte ai controlli venatori crea inevitabilmente un varco in cui tutti i reati connessi al bracconaggio si innesteranno più facilmente. Inoltre il momento particolarmente delicato e complesso che il Corpo Forestale dello Stato sta attraversando, non consente di supplire al vuoto lasciato dalle polizie provinciali”. Anche per questo a detta della ong serve urgentemente un nuovo piano organico per proteggere la biodiversità, unica strada per adeguarsi alla regole europee sulla tutela della fauna selvatica e attenuare gli impatti negativi della caccia anche nel Belpaese.
Alessandro Graziadei
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