Anna Politkovskaja è stata una giornalista e una scrittrice scomoda per via del suo impegno a favore del rispetto dei diritti umani, più volte violati dai russi in Cecenia, una situazione che con gli anni non sembra essere cambiata. Parafrasando il celebre romanzo “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Maria Remarque, che nel 1929 ha raccontato la grande menzogna della guerra vista da un soldato tedesco durante la Prima guerra mondiale, potremmo dire che oggi non c’è “Niente di nuovo sul fronte ceceno”. Il capo di governo ceceno Ramzan Kadyrov, infatti, un ex leader paramilitare e presidente della squadra di calcio del Terek Grozny, dal 2005 ha eretto una nuova cortina di ferro attorno a tutto quanto riguarda la repubblica caucasica e mantiene il potere grazie alla corruzione, la paura, la delazione, gli arresti arbitrari, la tortura e non ultimo grazie alla protezione garantita da Vladimir Putin.
Per l’Associazione Popoli Minacciati (APM) a 10 anni dalla morte della Politkovskaja è diventato quindi ancora più difficile avere notizie precise e regolari dalla Cecenia. I reportage o le iniziative della società civile nel paese caucasico vengono censurati e i giornalisti o gli attivisti devono ancora temere per la propria vita quando provano a scrivere liberamente di vittime di guerra, violenze, persecuzioni, ma anche e più semplicemente, dei diritti di chi è socialmente svantaggiato. Per la Freedom House, un osservatorio indipendente della libertà e della democrazia in tutto il mondo, “dopo la morte della Politkovskaja altri 20 giornalisti sono stati uccisi in Cecenia e altri 63 sono stati vittime di gravi violenze”. Tra le giornaliste perseguitate dal regime di Kadyrov a causa delle sue inchieste c’è anche Elena Milashina che solo poche settimane fa aveva ricordato in alcuni reportage come nel corso della scorsa estate decine di giovani uomini ceceni hanno tentato la fuga dal paese. Secondo le sue stime, sono circa 3.000 i ceceni che attualmente si trovano in Bielorussia e stanno tentando di raggiungere l’Europa attraverso la Polonia.
L'APM in questi anni ha cercato di mantenere i contatti con molti profughi scappati in Europa, principalmente in Germania, e tutti raccontano “della grande paura diffusa di essere spediti contro la propria volontà a combattere in Siria o in Ucraina. Dopo 20 anni passati in uno stato di guerra permamente, molti dei profughi soffrono di gravi traumi e a tutti manca Anna Politkovskaja. La giornalista era stata un'importante ambasciatrice della popolazione civile cecena le cui denunce venivano sentite anche a livello internazionale”. Per non dimenticare quello che per molti ceceni hanno rappresentato le due guerre che hanno sconvolto il paese tra il 1994 e il 2006 è stato da poco raccolto, analizzato e digitalizzato dall’associazione Chechen Archive un impressionante archivio audiovisivo sui crimini commessi. Per tutelare donne e uomini che con le loro testimonianze hanno reso possibile l'archivio in rete oggi il sito mette a disposizione una dettagliata banca dati con le informazioni più importanti sui contenuti dei filmati e delle registrazioni, mentre i video stessi e altre informazioni sensibili vengono invece fornite solo su richiesta.
L’archivio può contare sul lavoro condotto da attivisti per i diritti umani, giornalisti e film-maker ceceni come Zaynap Gashaeva che durante molte delle sanguinose battaglie avvenute nel loro paese hanno filmato i gravi crimini di guerra commessi perlopiù dall’esercito russo raccogliendo anche le testimonianze delle vittime e dei testimoni oculari. Molti attivisti e giornalisti hanno nascosto il materiale raccolto per anni e sono riusciti a portarlo all’estero offrendo oggi una testimonianza unica di quello che sono state le guerre cecene. “Molti filmati raccolgono interviste a testimoni, soldati, giornalisti e vittime sopravvissute e mostrano la distruzione avvenuta in quel periodo nel paese” ha ricordato l’APM e tra i filmati “ci sono anche riprese uniche di Anna Politkowskaja, uccisa nel 2006 soprattutto per il suo impegno nel raccontare la verità su quanto accaduto in Cececnia”.
Ad oggi questo archivio è un’importante base per ogni ricerca storica, ma è destinato a diventare il sostegno di possibili denunce alla Corte Europea dei Diritti Umani da parte delle vittime, visto che né in Cecenia né in Russia è ancora possibile avviare una sistematica elaborazione di quanto accaduto e commesso durante le guerre cecene. L’Associazione per i Popoli Minacciati Svizzera, che assieme a Donne di pace nel mondo e Reporter senza frontiere Svizzera ha sostenuto il progetto, vuole così offrire alla società civile cecena una base per combattere l'oblio, chiedere giustizia ed elaborare il passato. “L’archivio potrà dare un contributo importante qualora in Cecenia diventasse possibile avviare una ricostruzione giuridica degli anni di guerra o venisse incaricata una commissione per la verità e la giustizia circa i crimini commessi contro il popolo ceceno”. Un primo passo verso un cammino di riconciliazione che preoccupa il Governo di “Re Ramzan” che fino ad oggi non ha gradito alcuna richiesta di giustizia nonostante sia accusato di sparizioni, omicidi e torture (non solo durante il periodo bellico) anche dalla Politkovskaya, che non a caso aveva chiesto nei suoi articoli che Ramzan fosse “rimosso dal suo incarico e messo sotto processo per i crimini di guerra”.
Alessandro Graziadei
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