L’Assemblea generale dell’Onu ha da tempo riconosciuto la necessità di trovare una via più sostenibile allo sviluppo delle città. Per questo dopo la prima edizione a Vancouver nel 1976 e la seconda a Istanbul nel 1996, è toccato a Quito, la capitale dell’Ecuador, ospitare dal 17 al 21 ottobre Habitat III, la terza conferenza sull’abitare e lo sviluppo urbano sostenibile delle Nazioni Unite, che mirava a definire quella che per il segretario generale uscente dell’Onu Ban Ki-moon è la “nuova agenda urbana” indispensabile per “riorganizzare il modo in cui pensiamo di gestire le città e di viverci”. Una città che non è stata scelta a caso visto che per Joan Clos, direttore esecutivo di Onu-Habitat, “Quito è una città simbolo del Sud globale, ed è qui che esistono la maggior parte dei grossi problemi ed è qui che abbiamo bisogno del più grande sostegno. L’urbanizzazione si è accelerata nel corso degli ultimi 20 anni. Abbiamo scoperto che l’urbanizzazione ha un potenziale enorme e rappresenta anche dei rischi enormi. La pianificazione urbana e lo sviluppo vanno di pari passo e sono una delle questioni strategiche alle quali è di fronte il pianeta”.
Una prospettiva quella dell’habitat urbano quanto mai attuale visto nelle città vive oggi il 54% della popolazione mondiale, una cifra che arriverà al 66% entro il 2050. Secondo l’Unesco, che a Quito ha presentato il rapporto “Culture: Urban Future”, “A giudicare dalle tendenze attuali, l’urbanizzazione dovrebbe proseguire a un livello e a un ritmo crescenti, soprattutto in Africa e in Asia. Entro il 2030, il mondo dovrebbe contare 41 megalopoli ospitanti ciascuna almeno 10 milioni di abitanti". Ma l’urbanizzazione massiva e rapida ha spesso l’effetto di moltiplicar le sfide per le città, creando più bidonville e rendendo più difficile l’accesso agli spazi pubblici, "un processo che si traduce spesso in un aumento della disoccupazione, delle ineguaglianze sociali, della discriminazione e della violenza”. Di fatto oggi circa un quarto dei cittadini del mondo vive in bidonville o in “quartieri informali” senza accesso ai sevizi di base e agli spazi vitali adeguati per dar loro delle prospettive di vita migliori, le stesse che spesso vengono inseguite traferendosi in città.
Non è un caso, quindi, se aprendo il 17 ottobre scorso Habitat III Ban Ki-moon ha voluto ribadire che “Il successo degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dipenderà in gran parte dalla capacità di rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, resilienti e sostenibili” e che “Il nuovo programma urbano ci aiuterà a ripensare il modo in cui costruiamo, gestiamo e viviamo nelle città”. Negli scorsi giorni a Quito, gli Stati hanno così provato a costruire un quadro sostanziale di impegni e di programmi di azione con un unico obiettivo comune: l’attuazione con successo del Programma per lo sviluppo sostenibile entro il 2030. Un traguardo che passa inevitabilmente anche per la trasformazione delle nostre città, visto che qui si concentrano non solo le persone, ma spesso anche i tassi più alti di inquinamento e di consumo energetico, con conseguenze drammatiche sul cambiamento climatico.
Come ha ricordato Christian Friis Bach, il segretario esecutivo della Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE), alla vigilia di questo incontro, “oggi le cause di inquinamento atmosferico locale spesso si trovano al di là dei nostri confini e molte città non saranno in grado di rientrare nei livelli massimi degli inquinanti atmosferici indicati dall'OMS con la sola attuazione di misure locali” come constatato dal recente Rapporto di Valutazione Scientifica della Convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza (Air Convention) proprio dell’UNECE. “Questo è il motivo per cui è assolutamente necessaria un’azione congiunta a livello transfrontaliero”. Ad oggi l’attuazione dell’Air Convention ha già contribuito a diminuire i livelli di inquinamento dell’aria nel corso degli ultimi 35 anni, un risultato che è possibile replicare proprio partendo dalle città, “i veri centri di innovazione contro l'inquinamento atmosferico che potrebbero diventare un fattore chiave di innovazione politica” ha concluso Bach. Anche per questo la “nuova agenda urbana” insiste su “una migliore governance, una migliore pianificazione e una migliore progettazione urbana”, così come su “maggiori investimenti in energie rinnovabili, mobilità sostenibile, infrastrutture di qualità e accessibilità”, tanto ai servizi di base quanto ad alloggi economici e adeguati, magari passando “dal maggior coinvolgimento delle donne”, una delle tappe individuate come utili per la costruzione di città più sicure e più produttive per tutti.
Con queste linee guida per Clos “le città e gli agglomerati possono svolgere un ruolo immenso nella lotta contro la povertà e nella costruzione di società inclusive che favoriscano la partecipazione di tutti. Per questo nel ripensare le nostre città, dobbiamo essere guidati dal principio di prosperità condivisa e di inclusione”. Di questo ne è convinta anche la direttrice generale dell’UNESCO, Irina Bokova che ha ricordato come il rapporto "Culture: Urban Future" spieghi bene come “La cultura sia spesso al centro del rinnovamento delle città e della loro capacità di innovazione”. E in effetti il rapporto dimostra come spesso gli sforzi di recupero e ricostruzione di siti di inestimabile valore come il santuario di Al-Askari a Samarra, in Iraq, o degli antichi mausolei di Tombouctou in Mali, hanno ristabilito la coesione sociale in comunità devastate dalla guerra, migliorato i loro mezzi di sussistenza e gettando le basi per il dialogo e la riconciliazione.
Da questo punto di vista Habitat III costituisce una base per la costruzione di una partnership mondiale utile a combattere le disuguaglianze e favorire uno sviluppo più sostenibile, accomunando le autorità nazionali, regionali e soprattutto locali. Il successo di questo documento, basato più di altri sull’azione immediata, dipenderà adesso dalla collaborazione e dalle reali intenzioni di tutte le parti interessate, a tutti i livelli.
Alessandro Graziadei
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