Indo. Valle dell’Indo, Ladahk, India. Foto A. Graziadei®
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A livello globale dal sistema idrico montano dipende circa un quarto della popolazione mondiale. Eppure oggi queste “torri d’acqua” glaciali sono a rischio in tutto il Pianeta, in molti casi ad altissimo rischio. Le cause sono rintracciabili principalmente nei cambiamenti climatici, nella crescita della popolazione e nella cattiva gestione dell’acqua, criticità che speso si combinano con molti altri fattori geopolitici. A sostenerlo è lo studio “Importance and vulnerability of the world’s water towers” pubblicato il 9 dicembre su Nature da un team internazionale di 32 ricercatori guidato dagli olandesi Walter Immerzeel e Arthur Lutz dell’Università di Utrecht e supportato dalla società di ricerca e consulenza FutureWater. Gli studiosi hanno analizzato a livello mondiale i 78 principali sistemi idrici dipendenti dai grandi ghiacciai di montagna, tra i quali c’è anche il Pò, l’Adige e i loro affluenti nati sull’arco alpino e per la prima volta li hanno classificati in base all’importanza che hanno per le comunità a valle, oltre che in base alla loro vulnerabilità ai futuri cambiamenti ambientali e socioeconomici.
Per determinare l’importanza di queste 78 “torri d’acqua” i ricercatori hanno valutato la vulnerabilità delle risorse idriche di questi fondamentali sistemi idrici montani che immagazzinano e trasportano acqua attraverso ghiacciai, accumuli di neve, laghi, torrenti e fiumi. Dall’indagine emerge che il contesto alpino sta fronteggiando abbastanza bene tutti i fattori critici, a cominciare da quello climatico. In particolare in Trentino, anche durante la crisi idrica della scorsa primavera, non era stato registrato nessun allarme siccità e la Protezione Civile della Provincia Autonoma di Trento e il Servizio gestione delle risorse idriche ed energetiche della Provincia avevano valutato le portate dei fiumi Adige e Avisio nella media del periodo (l’Adige con 120 mc/s e l’Avisio con 3,8 mc/s), valori ben superiori ai livelli minimi delle portate storiche.
Una situazione ben diversa da quella che sta fronteggiando il sistema idrico montano sul quale fa affidamento una popolazione di circa 200 milioni di persone e cioè la “torre d’acqua” dell’Indo in Asia, che è composta da vaste aree della catena montuosa dell’Himalaya e il cui bacino si estende in Afghanistan, Cina, India e Pakistan. Questo immenso bacino idrico è soggetto a una domanda sempre maggiore di acqua potabile, per l’irrigazione e l’industria. Prelievi che potrebbero ridurre drasticamente l’offerta, innescando e acuendo le tensioni geopolitiche, dato che l’Indo attraversa confini nazionali già molto sensibili. Ma la minaccia più evidente è il cambiamento climatico che sta alterando i modelli di precipitazione e porterà i ghiacciai a ritirarsi, diminuendo la loro capacità di stoccare acqua. Un problema mondiale, che secondo i ricercatori in futuro peserà sempre di più anche sul sistema alpino.
“Quel che raccomandiamo nel nostro studio - ha spiegato un preoccupato Immerzeel - è che dovremmo davvero riconoscere le montagne come risorse globali del sistema terrestre, e ciò significa che il futuro delle catene montuose dovrebbe essere in cima alle agende politiche e pretendere politiche dedicate. Noi siamo solo scienziati e abbiamo messo in evidenza i numeri. Ma negli ultimi due decenni abbiamo migliorato molto le nostre previsioni e possiamo fornire un background scientifico davvero specifico che può aiutare, ad esempio, a sviluppare trattati sull’acqua”. Possiamo aiutare questo processo? Sì, basterebbe mettere il problema delle strategie di mitigazione climatica e la gestione delle carenze idriche montane in cima alle agende politiche regionali e globali. Un accorgimento indispensabile per salvaguardare sia gli ecosistemi, che le comunità di valle.
Alessandro Graziadei
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