sabato 25 gennaio 2020

I nordcoreani tra fame e tubercolosi

Mentre il leader nordcoreano Kim Jong-un nelle scorse settimane prendeva di mira lala Corea del Sud per lo sviluppo turistico del Monte Kumgang, ordinando la demolizione di “tutte le strutture dall'aspetto sgradevole” costruite dal Seoul, da Seoul dipende ancora il destino di migliaia di nordcoreani che devono fare i conti con la fame e la tubercolosi. Già in uno studio del 2017 le Nazioni Unite avevano evidenziavano il progressivo aggravarsi del problema della malnutrizione in Corea del Nord, sostenendo che “circa 18 milioni di persone, tra cui 1,3 milioni di bambini sotto i cinque anni, sono malnutriti a causa delle misere razioni di cibo distribuite dallo Stato”. In un’indagine fatta lo scorso anno sempre dalle Nazioni Unite è emerso che “la produzione agricola nordcoreana ha toccato il livello più basso dal 2008” e ad oggi quasi “Il 40% della popolazione nordcoreana si trova ad avere urgente bisogno di cibo”. Non stupisce quindi sapere che da quando Kim Jong-un è salito al potere nel 2012 sono tra i 1.000 e i 1.500 i nordcoreani che ogni anno scappano dal regime di Pyongyang e raggiungo la più democratica Seoul, tanto che oggi i “disertori” nordcoreani che vivono in Corea del Sud sono più di 32.300. Anche per loro, come per molte delle famiglie divise dal 38° parallelo durante la guerra del 1950, spesso il primo “differenziale di cittadinanza” tra Nord e Sud Corea è un piatto di riso.  

Per padre Gerard Hammond, membro dell’ong cristiana con base negli Stati Uniti e nella Corea del Sud Eugene Bell Foundation (Ebf), che da anni si occupa della cura ai malati di tubercolosi in Corea del Nord, i nordcoreani sono “stremati dalle sanzioni” e “l’emergenza alimentare che investe il Paese rende sempre più difficili le loro condizioni di vita ed endemiche malattie legate alla malnutrizione come la tbc”. Secondo padre Hammond, che ha preso parte ad una missione umanitaria organizzata nella Corea del Nord da Ebf tra il 23 aprile ed il 14 maggio scorsi, “le precipitazioni nel Paese sono scese al livello più basso in oltre 100 anni e la siccità ha peggiorato la già grave carenza di cibo che affligge la popolazione”. Per questo la Corea del Sud sta elaborando piani per fornire assistenza alimentare a Pyongyang, per contrastare l’emergenza e mantenere vivi i negoziati in stallo, nonostante i continui “esercizi balistici” di Kim Jong-un. “In Corea del Sud - ha spiegato padre Hammond - vi è un grande dibattito se inviare o meno aiuti umanitari al Nord. Alcuni sono convinti che Pyongyang possa rivendere gli alimenti spediti, come il riso. A mio avviso, questa è un’eventualità, ma è necessario che vi sia compassione: bisogna rischiare”. 

Nell’ultimo viaggio la delegazione si è presa cura di circa 3mila persone affette da tubercolosi multifarmacoresistente (Mdr-tb), che hanno trovato accoglienza in 12 centri. Questi centri sono gestiti dal governo nordcoreano in collaborazione con Ebf e sono distribuiti in quattro province: North Pyongan, South Pyongan, North Hwanghae e South Hwanghae. Per Hammond “Ogni volta che visitiamo la Corea del Nord, i malati sono sempre più numerosi nonostante i nostri sforzi sanitari. La tubercolosi multifarmacoresistente è una malattia che prospera con la malnutrizione”. I 12 centri di cui si occupa Ebf si trovano lungo la costa occidentale del Paese, dov’è concentrato circa un terzo della popolazione nordcoreana. Per raggiungere le strutture, è necessario passare per Pyongyang, ma anche in questa regione, che è la parte più prospera della nazione, la situazione è davvero difficile e lungo la costa orientale, secondo i volontari, è persino peggio: “Le persone comuni stanno soffrendo molto, per via delle sanzioni. Stanno stringendo la cintura, hanno bisogno urgente di riso”.

Nonostante lo stretto controllo delle autorità nordcoreane l’ong riesce da anni a collaborare con il personale governativo in modo efficace e forse anche per questo nelle scorse settimane Pyongyang ha accettato di espandere i progetti caritativi contro la tubercolosi portati avanti dalla Ebf . Per Stephen Linton, presidente della Fondazione Ebf, “Le autorità del governo locale ci hanno aiutato a sviluppare il nostro programma per la diagnosi della tbc, anche nelle aree fuori dalla capitale. Ora siamo liberi di registrare e curare i pazienti nelle zone designate, anche senza controllo governativo”. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanitànel 2017 circa 130mila nordcoreani risultavano affetti dalla tubercolosi. Nello stesso anno, oltre 16mila persone sono morte di questa malattia tanto che “Un funzionario del ministero nordcoreano della Sanità - ha concluso Linton - ha detto che oggi il primo, secondo e terzo problema del Paese è la tbc”. Come se non bastasse secondo Choi See-moon, uno dei membri della Fondazione Ebf, “Pyongyang non si è ancora del tutto accordata con il Fondo Globale contro l’AIDS e la TBC per la ripresa dei finanziamenti al settore medico. Questo ritardo potrebbe portare nei prossimi mesi alla mancanza dei medicinali e delle attrezzature fondamentali per la cura dei malati”.

Vista la situazione, anche nel 2020 Efb spera nel sostegno della Corea del Sud al Nord come aveva promesso all’inizio di quest’anno la portavoce del ministero di Seul per l’Unificazione Lee Sang-min, “la crisi resta grave e Pyongyang necessita di assistenza esterna” per questo “La nostra posizione rimane invariata: è necessario fornire cibo, sia da una prospettiva umanitaria  che in qualità di compatrioti”. Una posizione condivisa anche dal direttore esecutivo del Word Food Programme (Wfp) David Beasley che ha espresso “gravi preoccupazioni per la situazione alimentare della Corea del Nord” e ha sollecitato Seoul a “predisporre ulteriori donazioni”.  L’unica condizione anche nel 2020 potrebbe essere la pace e la richiesta che Pyongyang si impegni di più nei negoziati per il disarmo nucleare facilitando così l'allentamento delle sanzioni internazionali. Solo così le razioni alimentari quotidiane che in Corea del Nord sono in media di circa 300-380 grammi per persona quando va bene potrebbero diventare facilmente raggiungere i 600 grammi che l’Onu raccomanda essere il fabbisogno giornaliero minimo. Una dieta che avrebbe effetti immediati anche sulla diffusione della tubercolosi. 

Alessandro Graziadei

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