sabato 18 gennaio 2020

Il traffico di tartarughe non è più in mare!

Lo studio condotto nel 2019 dalla ong Traffic “A Rapid Assessment on the Trade in Marine Turtles in Indonesia, Malaysia and Viet Nam”, finanziato in gran parte dall’Unione europea attraverso il progetto Minimising the illegal killing of elephants and other endangered species (Mikes) e commissionato dal Segretariato della Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora (Cites), documenta la drammatica realtà di migliaia di tartarughe marine protagoniste, loro malgrado, di un lucroso traffico illegale, che potrebbe avere dimensioni molto più ampie di quelle scoperte. Queste specie già a rischio, infatti,  continuano ad essere rinvenute durante i sequestri realizzati dalle forze dell’ordine, sia nei mercati locali di Indonesia, Malesia e Vietnam, che nelle “piazze” del commercio online.  Secondo due delle autrici della ricerca, Lalita Gomez e Kanitha Krishnasamy, “Dal 2015 al luglio 2019, almeno 2.354 tartarughe intere, sia vive che morte, sono state sequestrate in 163 operazioni delle forze dell’ordine nei tre Paesi. Sono state sequestrate oltre 91.000 uova, di cui oltre 75.000 sono state sequestrate solo in Malaysia, insieme a quasi 3.000 carapaci e a 1, 7 tonnellate di carne di tartaruga”. 

Ma il commercio illegale di questo animale, venduto vivo ed intero, ma anche da morto e a pezzi, non si limita al sud-est asiatico. L’analisi dei dati dello studio di Traffic sui sequestri effettuati nel 2016 e nel 2017 al di fuori di questi tre Paesi, ha dimostrato il coinvolgimento di Indonesia e Vietnam anche nel traffico internazionale di tartarughe marine. Il Vietnam era collegato a 6 degli 8 episodi di sequestro esaminati, sia come Paese di origine che di destinazione. Negli 8 sequestri sono state trovate almeno 782 tartarughe Embricate (Eretmochelys Imbricata), con oltre 380 di queste dirette dalla Francia verso il Vietnam, ma che erano state catturate ad Haiti. Insomma un traffico mondiale che preoccupa non poco la Krishnasamy, che in qualità di direttrice di Traffic per il sud-est asiatico, ha sottolineato come ormai “Le tartarughe marine nuotano da tempo in acque agitate. La nostra ricerca nel corso degli anni ha costantemente mostrato livelli significativi di commercio illegale in diversi Paesi della regione, con poche prove di riduzione delle minacce. Considerando che le popolazioni di queste tartarughe sono in declino a livello globale, questo livello di persistenza nel commercio illegale presenta una cupa prospettiva futura per questi nomadi marini a meno che non vengano intraprese, come prioritarie, azioni di collaborazione immediate”.

Lo studio ha anche esaminato le rotte del contrabbando, gli hotspot del commercio illegale, le dinamiche del commercio interno e i risultati “dimostrano l’importanza di un monitoraggio a lungo termine delle tendenze e delle dinamiche commerciali in alcune posizioni chiave, comprese quelle non coperte da questo studio”. Per Ivonne Higuero, segretaria generale Cites, “La situazione attuale mostra chiaramente che è necessario continuare a sostenere localmente l’attuazione e l’applicazione delle normative nazionali e internazionali per la tutela delle tartarughe marine, il che si riflette nella serie completa di decisioni adottate nella recente riunione della Conferenza delle parti della Cites. Il segretariato Cites è pronto a collaborare con i nostri partner, incluso l’International consortium on combating wildlife crime (Iccwc), per supportare in questo senso gli Stati dell’areale”. Ad oggi anche se tutte le specie di tartarughe marine sono elencate nell’appendice I della Cites che vieta esplicitamente “il commercio internazionale commerciale di tartarughe marine e di loro parti e derivati” e le leggi nazionali in Indonesia e Vietnam “vietano la cattura e la vendita di tartarughe marine”, in alcuni Stati della Malaysia peninsulare il commercio di uova di tartaruga di alcune specie è ancora legale. Quindi i pericoli per la sopravvivenza di questa specie arrivano non solo dal commercio illegale, ma talvolta anche da quello legale.

Quando a mettere in pericolo le tartarughe marine non è il commercio legale e illegale, ci pensano l’inquinamento e la distruzione dell’habitat marino per mano dell’uomo, che stanno contribuendo a rendere sempre più difficile la loro vita. Nonostante le coste italiane e il Mediterraneo in generale stiano tornando lentamente ad essere luoghi di nidificazione, statistiche ed indagini portate avanti dal WWF ci dicono che, ogni anno, circa centocinquantamila esemplari finiscono catturati negli strumenti utilizzati per la pesca nel solo Mediterraneo e di queste almeno 40mila non sopravvivono. Le minacce principali per questa specie sono le reti a strascico, gli ami, ma anche la massiccia presenza di plastica nei mari, che soffocano le tartarughe marine, tanto che “uno studio di 10 anni sulla Caretta Caretta ha dimostrato che il 35% degli esemplari analizzati ha inghiottito rifiuti di questo tipo. Alcuni esemplari avevano in corpo fino a 150 frammenti di plastica”. In questo caso il loro destino è la morte. 

A quanto pare, quindi, il traffico di tartarughe non è più in mare e solo una più attenta applicazione delle normative che le proteggono dal commercio illegale, una diminuzione della pesca, dell’inquinamento (soprattutto da plastica) e una maggiore e diffusa attenzione agli habitat marini potranno permettere alle future generazioni di conoscere questa specie al di fuori dei libri e dei documentari. Nella Lista Rossa della IUCN che elenca tutte le specie in stato di pericolo e quelle che si avviano tristemente verso la scomparsa dal nostro pianeta troviamo già la Caretta Caretta, la tartaruga marina più comune del mar Mediterraneo, la Tartaruga Verde o Franca (Chelonia Mydas) che vive soprattutto nei mari tropicali e subtropicali, la Tartaruga di Kemp, la specie a maggior rischio di estinzione fra tutte le tartarughe marine con appena un migliaio di esemplari femmine in grado di nidificare, la Tartaruga Liuto, la più grande tartaruga esistente al mondo, la Testuggine Raggiata diffusa nel Madagascar e considerata prossima ormai a estinguersi e, infine, la Tartaruga Embricata le cui uova e carni vengono ancora mangiate nonostante questa specie sia da anni sulla lista delle specie protette.

Alessandro Graziadei

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