L’obiettivo generale di Climate Neutrality dell’Unione europea punta a ridurre entro il 2050 del 90% le emissioni di gas serra dei trasporti rispetto ai livelli del 1990. A che punto siamo? Secondo il nuovo report “Decarbonising road transport — the role of vehicles, fuels and transport demand”, che fa parte di una serie di valutazioni annuali del “Transport and environment reporting mechanism” (TERM) dell’European Environment Agency (EEA), in Europa, nonostante la diffusione delle auto PEV (le Plug-in Electric Vehicle, somma di BEV, auto elettriche a batteria e PHEV, ibride plug-in), la migliore efficienza dei motori e l’utilizzo di biocarburanti, le emissioni totali di gas serra prodotte da auto e veicoli commerciali sono aumentate. Il nuovo report EEA, infatti, che analizza i fattori trainanti delle emissioni di gas serra delle auto e dei veicoli pesanti nell’Unione europea, ha evidenziato come dal 2000 al 2019, “Le emissioni di CO2 delle autovetture nei 27 Stati membri dell’Ue sono aumentate del 5,8% e le emissioni dei veicoli commerciali pesanti sono aumentate del 5,5%”. Secondo gli analisti dell’EEA “Il motivo principale dell’aumento totale delle emissioni di auto e camion è stato l’aumento dei volumi di trasporto, che sono stati solo parzialmente compensati da una migliore efficienza del carburante e dall’uso di biocarburanti”.
Il report rivela un ritardo dell’Unione nonostante gli impegni e le promesse: “In aggiunta alla sfida dei crescenti volumi di trasporto, l’Europa non è ancora passata a modi di trasporto più ecologici. Negli ultimi due decenni le auto hanno mantenuto e leggermente aumentato la loro quota dominante nella mobilità dei passeggeri su terra, mentre i camion hanno fatto lo stesso nel trasporto merci. Il miglioramento dell’efficienza delle emissioni di CO2 dei veicoli, compreso l’aumento della quota di veicoli elettrici, dovrebbe svolgere un ruolo importante nella decarbonizzazione del trasporto di passeggeri e merci, [ma non è detto sia la soluzione] soprattutto se associato alla continua decarbonizzazione della produzione di elettricità e carburante”. Tuttavia per l’EEA “La decarbonizzazione del sistema della mobilità europeo richiede metodi che vanno oltre la maggiore sostenibilità del trasporto su strada. Questo include una logistica più attenta agli sprechi, ad esempio attraverso la condivisione delle corse e piani di carico e una distribuzione più completa e ragionata, nonché la riduzione della domanda e il passaggio a modalità di trasporto più ecologiche: a piedi, in bicicletta, autobus, treni e navigazione interna”.
Intanto, nonostante il calo delle emissioni per il blocco degli spostamenti imposti dall’emergenza Covid-19, anche le sette maggiori compagnie aeree in Europa non hanno adottato misure sufficienti per ridurre le emissioni di gas serra in linea con l’Accordo di Parigi. Il nuovo rapporto “Analysis of the environmental, social and governance information and performance of European airlines (from 2018 to 2020) – With special consideration for the use of European bailout and stimulus funds during the COVID-19 crisis”, commissionato da Greenpeace all’Observatorio de RSC, e che analizza gli impegni sul clima di Lufthansa, Air France-KLM, International Airlines Group (IAG), Ryanair, easyJet, SAS e TAP Air Portugal. Il risultato? “Gli impegni per tagliare le emissioni di queste compagnie si basano per lo più su soluzioni false e inefficaci, come la compensazione di CO2 o i cosiddetti combustibili sostenibili per l’aviazione”. Per la ong nessuna delle società esaminate si è impegnata ad azzerare realmente le emissioni di gas serra, tanto che sulla scala da 0 a 100 utilizzata nello studio per valutare le politiche climatiche delle aziende, la media sugli indicatori relativi al clima è di 32, un punteggio assolutamente insufficiente. “Nel 2019, queste sette compagnie aeree europee erano responsabili da sole di 170 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra, più delle emissioni annuali totali dei Paesi scandinavi (Norvegia, Svezia, Danimarca e Finlandia) messi insieme”.
Secondo Federico Spadini, responsabile della campagna trasporti di Greenpeace Italia, “Con la sua forte dipendenza dal petrolio, il settore aereo è tra i grandi responsabili della crisi climatica, ed è anche tra quelli meno impegnati a ridurre le emissioni e a intraprendere una reale transizione energetica. Con il loro greenwashing fatto di false soluzioni, le compagnie aeree europee continuano a mantenere il settore dei trasporti dipendente dai combustibili fossili e al tempo stesso cercano di nascondere al pubblico e ai passeggeri le loro emissioni sbalorditive, la mancanza di obiettivi climatici credibili e di soluzioni per ridurre gli impatti dei voli aerei”. Secondo l’analisi di Greenpeace che ha preso in esame anche le politiche di responsabilità sociale, il pagamento dei dividendi e le iniziative di lobby politica delle compagnie aeree, “Il settore aereo europeo gode di numerosi benefici nel mercato delle emissioni dell’Ue e ha ricevuto più di 30 miliardi di euro di fondi pubblici per la ripresa post-Covid. Ciò rende ancora più urgente riformare il settore per renderlo più sostenibile da un punto di vista climatico e sociale, riducendo le inefficienze ed eliminando ad esempio i voli a corto raggio, che hanno già una valida alternativa in treno”.
Per denunciare l’inganno dietro le promesse del settore dell’aviazione, Greenpeace ha da poco lanciato un video realizzato da Latte Creative, e ambientato in uno scenario catastrofico che potrebbe realisticamente diventare la nostra triste realtà, se settori come quello aereo continueranno indisturbati a emettere gas serra e a inquinare l’aria. Il video promuove l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) per vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende legate ai combustibili fossili, come quelle dell’aviazione e dei trasporti. Secondo Greenpeace “Se entro ottobre la petizione “Stop alla pubblicità delle aziende inquinanti”, sostenuta da più di 30 organizzazioni internazionali, raggiungerà il traguardo di un milione di firme raccolte, la Commissione europea sarà obbligata a discutere una proposta di legge per mettere fine alla propaganda ingannevole dell’industria fossile, inclusi i settori automotive e aviazione”. Attualmente il superamento del valore limite del biossido d’azoto accertato dalle autorità europee dal 2010 ad oggi certifica come quello della qualità dell’aria sia un problema strutturale europeo e del nostro Paese, anche a causa della mancanza di politiche sistemiche in grado di fornire una risposta efficace. Ma i cittadini non hanno scelto solo la via dell’ICE. Lo scorso mese un parigino ha chiesto allo Stato francese 21 milioni di euro come risarcimento danni perché l’aumento dell’inquinamento atmosferico avrebbe compromesso la sua salute. Lo Stato francese sarebbe responsabile di questi danni in quanto non avrebbe garantito il rispetto dei valori limite applicabili in modo uniforme in tutta l’Ue. Una provocazione o il disperato tentativo di difendere il nostro diritto alla salute?
Alessandro Graziadei
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