sabato 13 gennaio 2024

I sommersi. E i salvati?

 

Grazie al cambiamento climatico in atto e al nostro insostenibile ed inquinante stile di vita, abbiamo sempre più problemi con l’acqua: quando non è troppo poca e causa di gravi siccità, è troppa e arriva oltre che da cielo, anche dal mare, con effetti altrettanto devastanti. Lo avevamo ricordato anche lo scorso ottobre riprendendo lo studio “Coevolution of Extreme Sea Levels and Sea-Level Rise Under Global Warming”, pubblicato su Earth’s Future dell’American Geophysical Union (AGU) da Hamed MoftakhariGeorgios Boumis Hamid Moradkhani dell’Università dell’AlabamaPer questi studiosi americani La maggior parte delle comunità costiere andrà incontro ogni anno a inondazioni centenarie entro la fine del secolo”, e “Anche in uno scenario moderato in cui le emissioni di anidride carbonica raggiungeranno il picco entro il 2040". A quanto pare "Già nel 2050, le regioni di tutto il mondo potrebbero subire inondazioni importanti, in media ogni 9 - 15 anni”. Un’alluvione secolare è un livello estremo dell’acqua che ha l’1% di probabilità di essere superata in un dato anno e si basa su dati storici. Nonostante il loro nome, le “inondazioni centenarie” possono colpire la stessa area per più anni consecutivi o non colpirla affatto nell’arco di un secolo, ma “In un clima più caldo, la soglia che prevediamo venga superata in media una volta ogni cento anni - hanno precisato Moftakhari, Boumis e Moradkhani  - verrà superata molto più frequentemente fino a quando non saranno più considerati eventi centenari”. 


Le inondazioni estreme possono essere causate dall’acqua spinta verso l’interno da tempeste, maree e onde, ma questo studio si concentra su un componente che contribuisce alle inondazioni su una scala temporale molto più lunga: l’innalzamento del livello del mare. “Man mano che il mare più alto si avvicina alle coste, le infrastrutture costiere saranno più vicine all’acqua, aumentando le probabilità che tempeste, maree e onde abbiano un impatto sulle comunità”. Per condurre analisi dei trend e stimare i futuri livelli estremi del mare i ricercatori hanno utilizzato i dati provenienti da più di 300 misuratori di marea in tutto il mondo in due scenari di emissioni di carbonio delineati dall’International Panel on Climate Change (IPCC): con le emissioni di anidride carbonica che continueranno ad aumentare fino alla fine del secolo e con le emissioni di anidride carbonica che raggiungeranno il picco entro il 2040 per poi diminuire. “In entrambi gli scenari l’innalzamento del livello del mare porterà ad un aumento degli eventi di inondazioni su base centenaria nella maggior parte delle località studiate”. Previsioni realistiche delle future condizioni costiere sono oggi indispensabili per attivare una migliore pianificazione del territorio e mettere in campo misure di protezione costiera che potrebbero aiutare le comunità costiere a ridurre le inondazioni ed evitare i disastri.


E in Italia che prospettive ci attendono? Se l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ci ricordava che “Quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio di frane, alluvioni ed erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità per questo tipo di eventi”, per lo studio Sea level rise projections up to 2150 in the northern Mediterranean coasts”, pubblicato su Environmental Research Letters lo scorso dicembre da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), del LESIA – Observatoire de Paris e del Radboud Radio Lab della  Radboud Universiteit dei Paesi Bassi, alcune zone del Mediterraneo sono in forte sofferenza. Secondo i ricercatori che hanno preso parte a questa ricerca internazionale “Le proiezioni di aumento del livello del mare, pubblicate nel 2021 dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel Report AR6, sarebbero sottostimate lungo le coste”. La subsidenza, cioè il lento movimento verso il basso del suolo dovuto a cause naturali o antropiche, ha un ruolo cruciale nell’accelerare l’aumento del livello del mare lungo le coste, innescato dal riscaldamento globale e per il principale autore dello studio, Antonio Vecchio, “Le nostre analisi mostrano che, proprio a causa della subsidenza, in alcune zone del Mediterraneo il livello del mare sta aumentando a una velocità quasi tripla rispetto alle zone più stabili”. La ricerca, condotta utilizzando i dati delle numerose stazioni geodetiche satellitari GNSS poste entro 5 km dal mare, con cui è possibile calcolare, con precisione millimetrica, le velocità di spostamento verticale del suolo, ha rivelato differenze massime e minime rispetto al Report dell’IPCC che vanno, rispettivamente, da +109 cm a -77 cm circa, con un valore medio più alto di circa 8 cm. Secondo Marco Anzidei che per INGV ha coordinato la ricerca l’aumento del livello del mare e la subsidenza “Implicano che circa 38.500 km2 di coste del Mediterraneo – di cui circa 19.000 km2 nel solo settore settentrionale del bacino – saranno presto più esposte al rischio di inondazione marina, con conseguenti maggiori impatti sull’ambiente, sulle attività umane e sulle infrastrutture”. 


Per l'Italia, le coste più a rischio sono quelle di Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Emilia-Romagna e Puglia settentrionale per il versante adriatico, insieme a quelle di Toscana, Lazio e in parte della Sardegna per quello tirrenico. Per questo per Anzidei “È quindi necessario intraprendere azioni concrete a sostegno delle popolazioni costiere che saranno sempre più vulnerabili all’aumento del livello marino e ai maggiori rischi a questo collegati entro la fine di questo secolo e oltre”. E occorre farlo meglio. Oggi molti degli ingegneri che progettano strutture come dighe marine e frangiflutti per proteggere le comunità da queste inondazioni estreme si affidano ancora da un concetto noto come “stazionarietà” per la quale i modelli che abbiamo osservato in passato rimarranno invariati in futuro, ma ci sono molti fattori legati al cambiamento climatico che stanno modulando questi modelli. In futuro lo spostamento dei livelli estremi del mare non sarà uniforme e il rischio di inondazioni non rifletterà più i modelli costieri storici. Per questo la maggior parte degli strumenti, delle linee guida di progettazione, dei manuali pratici che si basano sul presupposto della stazionarietà devono essere aggiornati per permetterci di tenere il passo con gli effetti del cambiamento climatico. Intanto è bene ricordare che le strutture di difesa costiera, se ben progettate, svolgono ancora un ruolo importante nella capacità delle comunità costiere di resistere a gravi inondazioni, ma purtroppo in futuro non sarà sempre così e per sopravvivere avranno bisogno di soluzioni nuove, uniche e spesso radicali come l'abbandono, anche in Italia, di alcune zone costiere.


Alessandro Graziadei

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