Per limitare il riscaldamento globale a meno di 1,5 gradi entro la fine del secolo si punta anche su tecnologie capaci di rimuovere la CO2 dall'atmosfera terrestre. Per avere risultati utili per mitigare il progressivo cambiamento climatico occorre però rimuovere la CO2 a un ritmo pari a 1 - 30 gigatonnellate all'anno entro il 2050. Una sfida possibile? Le ipotesi sulla velocità e l'efficacia di queste tecnologie, in gran parte ancora sperimentali e costosissime, non sembrano avere solide basi e un interessante studio dal titolo “The feasibility of reaching gigatonne scale CO2 storage by mid-century”, pubblicato a fine agosto su Nature Communications da Yuting Zhang, Christopher Jackson e Samuel Krevor del Department of Earth Science and Engineering dell’Imperial College London sembra certificarlo con una sentenza che lascia pochi margini di dubbio: “È improbabile che le proiezioni esistenti siano fattibili al tasso di crescita attuale”. Lo studio, infatti, ha scoperto che entro il 2050 potrebbe essere possibile stoccare sottoterra fino a 16 gigatonnellate di CO2 ogni anno, ma “Raggiungere questo obiettivo richiederebbe un enorme aumento della capacità di stoccaggio e di scaling nei prossimi decenni, cosa che non è prevista dato l'attuale ritmo di investimenti, sviluppo e diffusione di queste tecnologie”.
Il team di scienziati dell'Imperial ha sostenuto questa tesi creando una serie di proiezioni che mostrano la rapidità con cui è possibile sviluppare e implementare i sistemi di stoccaggio del carbonio, tenendo conto della disponibilità di una geologia idonea e dei limiti tecnici ed economici che si frappongono a questa crescita. “Sebbene i risultati suggeriscano che è possibile ridurre le emissioni di CO2 su larga scala, il percorso per raggiungere questo obiettivo e il contributo delle regioni chiave potrebbero differire da quanto previsto dai modelli attuali, compresi quelli dei rapporti dell’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)”. Secondo Zhang “In queste proiezioni ci sono molti fattori in gioco, tra cui la velocità con cui i bacini possono essere riempiti, nonché altre questioni geologiche, geografiche, economiche, tecnologiche e politiche. Tuttavia, i nostri modelli ci aiuteranno a comprendere come l'incertezza nella capacità di stoccaggio, le variazioni nella capacità gestionale tra le regioni e le limitazioni allo sviluppo potrebbero influenzare i piani climatici e gli obiettivi stabiliti dai decisori politici”. Pensando agli obiettivi sbandierati dal Regno Unito e dall’Unione europea sull'energia rinnovabile nella sfida allo stoccaggio del carbonio, lo studio sottolinea l'importanza di “Allineare iniziative ambiziose con obiettivi realistici sulla rapidità con cui oggi la CO2 può essere immagazzinata in modo sicuro nel sottosuolo”.
Il professor Krevor ha fatto notare che “Sebbene attualmente immagazzinare tra 6 e 16 gigatonnellate di CO2 all’anno per contrastare il cambiamento climatico sia tecnicamente possibile, queste proiezioni elevate sono molto incerte. Questo perché non ci sono piani esistenti da parte dei governi o accordi internazionali per supportare uno sforzo su vasta scala”. Certo è importante tenere a mente che anche solo 5 gigatonnellate di carbonio immesse nel sottosuolo e sottratte all'atmosfera rappresentano comunque un contributo importante alla mitigazione del cambiamento climatico, ma tutte le proiezioni attuali andrebbero aggiornate con obiettivi realistici su come e dove dovrebbe essere sviluppato lo stoccaggio del carbonio nei prossimi decenni. Nella loro analisi i ricercatori inglesi hanno scoperto che l'IPCC ha incluso i risultati degli integrated assessment models (IAM), strumenti che combinano diverse fonti di informazione per prevedere come i metodi di stoccaggio del carbonio possono avere un impatto sul nostro clima e sulla nostra economia, ma che spesso sovrastimano la quantità di CO2 che può essere immagazzinata sottoterra. L’analisi inglese suggerisce che “Le proiezioni dei rapporti dell’IPCC per i Paesi asiatici tra cui Cina, Indonesia e Corea del Sud, dove lo sviluppo attuale è basso, presupponevano tassi di distribuzione irrealistici, il che significa che le proiezioni esistenti sono ancora altamente improbabili e inaffidabili”.
Oggi i modelli di valutazione integrati dell'IPCC svolgano un ruolo importante nell'aiutare i decisori politici in materia di clima, anche quando si tratta di politiche per immagazzinare grandi quantità di carbonio. Anche per questo lo studio è molto importante visto che i calcoli del team di ricercatori suggerisce un parametro di riferimento globale più realistico nell'intervallo di 5-6 gigatonnellate di stoccaggio all'anno entro il 2050, una stima decisamente più in linea con il modo in cui le tecnologie esistenti sono state sviluppate nel tempo. Come mai questa differenza? Al netto di rassicuranti volontà politiche e una fede non sempre giustificata nel progresso tecnologico, l’approccio dei tre scienziati dell’Imperial utilizza modelli di crescita provenienti da diversi settori, tra i quali l'estrazione mineraria e l'energia rinnovabile. Per i ricercatori questi settori condizionano notevolmente le quantità di CO2 presenti in atmosfera e combinando le quantità esistenti di CO2 immagazzinata con un quadro flessibile, il nuovo approccio sembra presentare alla comunità scientifica e politica proiezioni più realistiche, senza per questo negare l'importanza che lo stoccaggio sotterraneo di CO2 potrebbe avere per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
Secondo Krevor “Il nostro studio è il primo ad applicare modelli di crescita che non si basano su ipotesi speculative, ma utilizzano dati storici e trend provenienti da molti settori”. Per questo ha concluso il professor Jackson “Il nostro nuovo modello offre un approccio più pratico per prevedere la rapidità con cui lo stoccaggio del carbonio può essere ampliato, aiutandoci a stabilire obiettivi raggiungibili”. Un realismo indispensabile per programmare un futuro più sostenibile, ma non irraggiungibile!
Alessandro Graziadei
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