sabato 18 giugno 2016

Nel mondo ci sono ancora 48 milioni di schiavi!

Il primo paese a proibire la tratta degli schiavi fu la Serenissima Repubblica di Venezia nel 960, ma occorre aspettare la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, il cui articolo 4 vietava la schiavitù in tutte le sue forme, per fare un passo decisivo e non generico vero l’abolizione della tratta degli schiavi. È fatta direte voi, la schiavitù è oggi un fenomeno quasi marginale buono al massimo per citare George Bernard Shaw secondo il quale nel '900 “La schiavitù umana ha toccato il punto culminante sotto forma di lavoro liberamente salariato”. Eppure il Global Slavery Index, l’ultimo rapporto della Walk Free Foundation (WFF) che ha analizzato la schiavitù moderna e il traffico di esseri umani in 167 paesi, ci dice che “ad oggi sono ancora 48,5 milioni le persone che vivono in stato di schiavitù o sono vittime del traffico di esseri umani”. Come dire che tutti gli schiavi contemporanei formano da soli l'ipotetico 27esimo stato più popoloso del mondo, anche se in realtà sono sparsi in ogni continente, visto che una qualche forma di schiavitù è presente in tutti i 167 paesi presi in considerazione dalla ong australiana.

A chiarire il concetto è lo stesso Andrew Forrest, fondatore della WFF, che in occasione della presentazione di questo quarto Global Slavery Index, lo scorso 31 maggio, ha ricordato come “La schiavitù moderna concerne situazioni di sfruttamento cui la vittima non può sottrarsi a causa di minacce, violenza, coercizione o abuso di potere”.  Forme di schiavitù sono anche lo sfruttamento della prostituzione e i matrimoni forzati o servili di minori e non, forme di abusi e ricatti contemporanei che come in passato negano alle vittime la loro libertà. Un dramma che pur essendo un fenomeno globale non è chiaramente uguale ad ogni latitudine. “La schiavitù moderna - ha spiegato Forrest - ha diverse forme e una può essere più comune di un’altra a seconda della regione che si prende in considerazione. Ad esempio, l’Europa rimane fonte e destinazione di lavoro forzato e sfruttamento sessuale. L’Asia invece ha un’elevata prevalenza di lavoro schiavizzato o forzato nell’edilizia e in fabbrica”. 

Come ogni report che si rispetti anche il Global Slavery Index comprende più di una classifica che vede al primo posto per percentuale di schiavi rispetto alla popolazione la Corea del Nord (4,37%), che è anche all'ultimo posto nell’impegno del suo governo nel tentativo di arginare questa piaga. In termini assoluti però è l’India lo stato con il maggior numero di schiavi: sono 18,35 milioni, seguita dalla Cina (3,39 milioni), dal Pakistan (2,13 milioni), dal Bangladesh (1,53 milioni) e dall’Uzbekistan (1,23 milioni).  In Europa va meglio? Come dicevamo prima “siamo tutti coinvolti” e nonostante il Vecchio Continente registri la minor incidenza a livello mondiale di schiavitù e di traffico di esseri umani, ci sono paesi che ancora hanno molta strada da fare per sconfiggere il demone della schiavitù, tanto che il 65% delle vittime di tratta proviene da stati dell’Europa orientale come Romania, Slovacchia, Lituania e Bulgaria.

L’Italia con i suoi 129.600 schiavi si aggiudica il terzo posto nella classifica europea per numero assoluto di schiavi dopo Turchia e Polonia. Rispetto ad altri stati l’impegno del governo italiano è giudicato dalla WFF ancora insufficiente nella lotta contro lo sfruttamento tanto da collocarlo al 42° posto con un rating B (dove il massimo è AAA) nella classifica globale di azione delle istituzioni. “Il governo - ha aggiunto Fiona David, executive director of Global Research di WFF - ha una buona legislazione e per limitare il traffico di esseri umani collabora con stati sensibili come la Nigeria. Ma ci sono aspetti sul quale può e dovrebbe fare ancora di più. Il primo riguarda i servizi di supporto per adulti e minori vittime di forme di schiavitù, inoltre dovrebbe aumentare il budget stanziato per combattere questa piaga”.  Come se non bastasse il recente afflusso di rifugiati ha favorito la nascita di reti criminali, tanto che “Si stima che almeno 10.000 bambini riconosciuti come rifugiati siano ora dispersi, di questi 5.000 in Italia e 1.000 in Svezia. Anche se non tutti questi bambini sono stati vittima del traffico, l’Europol ha segnalato come siano presi di mira per esser poi vittime di sfruttamento sessuale, schiavitù e manodopera forzata in agricoltura o nelle fabbriche” ha precisato Forrest. 

Ma la schiavitù non è malattia incurabile o fisiologica alla quale arrendersi. La Gran Bretagna per esempio nel 2015 ha varato il Modern Slavery Act e ha nominato Kevin Hyland come Commissario indipendente anti-schiavitù. Il presidente Barack Obama ha colmato una lacuna nella legge degli Stati Uniti vietando l’importazione di prodotti realizzati con lavoro forzato o minorile. “Noi - ha concluso la  David - esortiamo i dieci paesi più grandi del mondo, compresa l’Italia, a introdurre una legge come il Modern Salvery Act per combatte la schiavitù coinvolgendo il settore privato, i leader di governo, dell’impresa e della società civile. Attraverso un uso responsabile del potere, della forza di convinzione, della determinazione e delle volontà collettiva, tutti noi possiamo contribuire a porre fine alla schiavitù nel mondo”. A volte, anche in assenza di una legge specifica, basta non voltarsi dall’altra parte.

Alessandro Graziadei

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