domenica 20 febbraio 2011

Giappone: sospesa la caccia alle balene


Ogni anno il Giappone pesca centinaia di balene in nome della “ricerca scientifica” in Antartico, dove la caccia per scopi commerciali ai cetacei è vietata dal 1986. Il Sol Levante ha introdotto il concetto di “caccia a fini scientifici” per mascherare i fini commerciali e aggirare la moratoria internazionale, sostenendo di aver diritto a valutare l'impatto delle balene sull'industria della pesca.
Così, come ogni anno, la flotta nipponica, composta da un equipaggio di 180 persone su quattro navi, ha lasciato il Giappone con il proposito di catturare 900 balenottere entro fine marzo. Ora, con un carico di “appena” 172 unità, la flotta fa ritorno a casa per la sospensione a tempo indeterminato del programma annuale di caccia. Un passaggio che fa ipotizzare un passo in avanti per la tutela dei cetacei, visto che è la prima volta che Tokyo chiude in anticipo la stagione della caccia.
L’annuncio era arrivato da Tatsuya Nakaoku, un funzionario dell'Agenzia della pesca nipponica: "La nave Nisshin Maru [l’ammiraglia della flotta] ha sospeso le operazioni a partire dal 10 febbraio per motivi di sicurezza e stiamo studiando la situazione, non escludendo la possibilità di fermare la missione prematuramente”. “Garantire la sicurezza degli equipaggi è una priorità e per il momento le navi hanno sospeso la caccia a fini scientifici. Ora stiamo valutando cosa fare”, aveva concluso Nakaoku, secondo cui il rientro anticipato della flotta era “un’opzione”.
Pochi giorni dopo la conferma del ritiro, almeno per quest’anno. A convincere alla resa la flotta del Sol Levante sembrano essere stati gli scontri diplomatici nati con l’Australia dopo la denuncia del Giappone alla Corte Internazionale dell’Aia per fermare la caccia nell'Antartico. "Siamo contenti che questa stagione sia finita e non crediamo che ve ne debba essere mai un’altra", ha commentato il ministro australiano dell'Ambiente Tony Burke e anche per il portavoce dell'opposizione conservatrice, Greg Hunt la decisione di Tokyo “è un buon inizio, ma rappresenta solo una sospensione della condanna a morte per le balene. Dobbiamo assicuraci che sia davvero la fine della caccia nei mari antartici".
Ma la decisione non è stata solo per la pressione politica. In realtà a “non garantire la sicurezza” della flotta giapponese sono stati soprattutto gli aggressivi tentativi da parte degli attivisti di Sea Shepherd Conservation Society che negli ultimi mesi sono diventati sempre più insistenti dando vita contro la Nisshin Maru ad una vera battaglia nell'oceano tra getti d'acqua, funi in mare per imbrigliare le eliche e lancio di fumogeni. La Sea Shepherd, che ha cominciato nel 2005 a disturbare con progressiva insistenza le baleniere nipponiche, in un comunicato datato 11 febbraio aveva testimoniato come “le navi giapponesi si muovessero in maniera irrazionale, consumando grandi quantità di carburante”, comportamento forse già frutto della decisione di fermare la caccia.
Il 17 febbraio, la comunicazione ufficiale degli attivisti: “La Nisshin Maru ha effettuato un significativo cambiamento di rotta subito dopo l'annuncio da parte del governo giapponese [...] sembra che stia tornando a casa”. "Ho un equipaggio di 88 persone molto felici che provengono da 23 Paesi diversi, incluso il Giappone - ha affermato il Capitano Paul Watson di Sea Shepherd - e queste persone sono assolutamente entusiaste del fatto che i balenieri stiano facendo rotta verso casa e che il Santuario delle Balene dell'Oceano Antartico sia ora un vero e proprio santuario".
Intanto Sea Shepherd ha fatto sapere che “questa dello stop è la notizia che aspettavamo da anni" aggiungendo come ”tutto sia stato possibile grazie alle nostre navi e ai nostri uomini che hanno sfidato la marina giapponese da soli, senza l'aiuto di nessuno". Una critica anche alle altre associazioni ambientaliste “con budget enormemente più grassi, con contatti politici nelle stanze del potere, con un'immagine pubblica piena di colori e promesse”.
Soddisfazione per il risultato è stata espressa da numerose realtà ambientaliste ed animaliste. Per Greenpeace “la flotta baleniera era già stata sostanzialmente dimezzata grazie alla risonanza mediatica che ha avuto in Giappone il processo a Junichi Sato e Toru Suzuki”, due attivisti di Greenpeace condannati ad un anno di prigione per aver smascherato il contrabbando di carne di balena realizzato dai solerti balenieri, ma “ora occorre un contrattacco politico”. “L'Australia - ha detto la direttrice esecutiva di Greenpeace Australia, Linda Sevey - deve fare di più. [...] È necessario operare con altri Paesi per indagare sulla compravendita di voti presso la Commissione baleniera internazionale (Cbi) e applicare forti pressioni nei negoziati per un nuovo accordo con il Giappone".
Anche secondo la LAV occorre un immediato impegno politico e per questa ragione è stato chiesto al Commissario dell’Unione Europea per le questioni ambientali, lo sloveno Janez Potočnik, d'impegnarsi a “fermare la caccia a scopo scientifico richiamando il Giappone al rispetto delle normative internazionali a tutela dei cetacei, alcuni dei quali sono considerati dall’Appendice I Cites come particolarmente protetti e a rischio di estinzione”. Che sia arrivato il giorno delle balene?
Alessandro Graziadei

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