Eliminare fame e povertà entro il 2025. Il primo obiettivo del millennio è ancora lontano dall’essere raggiunto visto che nel 2010 si contavano nel mondo 925 milioni di affamati, 906 milioni dei quali nei Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, ha rivelato lo scorso 8 marzo il nuovo rapporto Fao sullo “Stato dell'alimentazione e dell'agricoltura” (SOFA 2011) presentato dal direttore generale Jacques Diouf, se le donne dei Paesi in via di sviluppo avessero le stesse opportunità degli uomini in termini di accesso alla terra, alla tecnologia, ai servizi finanziari, alla scolarizzazione e ai mercati, “la produzione agricola potrebbe aumentare, e il numero di affamati potrebbe ridursi” contribuendo a sciogliere anche altri Obiettivi del millennio.
Il ruolo della donna è quindi per la Fao un ruolo cardine per contrastare la fame nel mondo, anche se come si legge nel SOFA “i rendimenti degli appezzamenti coltivati dalle donne sono spesso più bassi”. “Questo avviene - ha chiarito la dottoressa Terry Raney che ha curato il rapporto - non perché le donne sono meno brave, ma perché lavorano in appezzamenti più piccoli, ed usano pochi fattori produttivi come fertilizzanti, sementi migliorate ed attrezzi".
Il rapporto stima che se le donne dei Paesi in via di sviluppo, dove costituiscono in media il 43 per cento della forza lavoro agricola, avessero lo stesso accesso alle risorse che hanno gli uomini, la loro produzione avrebbe un incremento del 20/30 per cento. “Questo - ha continuato la Raney - potrebbe far aumentare la produzione agricola totale dei Paesi in via di sviluppo del 2,5-4 per cento, fattore che a sua volta farebbe ridurre il numero delle persone che soffrono la fame nel mondo del 12-17 per cento”, con un calo di 100 - 150 milioni di persone.
A quanto pare, come ha sottolineato Diouf “l'uguaglianza uomo-donna non è soltanto un nobile ideale, ma una condizione decisiva per lo sviluppo agricolo e per la sicurezza alimentare” e se vogliamo vincere in modo sostenibile la lotta contro la fame e la povertà estrema è indispensabile eliminare qualsiasi legge discriminatoria. “In molti paesi - ha precisato la Raney - le donne non hanno gli stessi diritti degli uomini per comprare, vendere o ereditare la terra, per aprire un conto di risparmio o prendere in prestito denaro, per firmare un contratto o per vendere i loro prodotti. Qualora i diritti legali esistono sulla carta, spesso non sono onorati in pratica”.
Inoltre, quando le donne delle zone rurali vengono impiegate, in genere sono relegate ad occupazioni meno pagate ed è più probabile che abbiano forme di occupazione meno sicure, più precarie, stagionali o a part-time e per quei Paesi in via di sviluppo dove i dati sono disponibili, il rapporto mostra che la percentuale di donne proprietarie dei campi oscilla tra il 3 ed il 20 per cento, a fronte di una percentuale di forza lavoro agricola femminile che va dal 20 al 50 per cento.
“Per essere efficace, qualsiasi intervento contro la fame deve affrontare questi problemi nel loro insieme”, dice il rapporto “perfino quando non vi è alcun intento di discriminazione esplicita”. L’esperienza di molti paesi dimostra che politiche adeguate possono promuovere l'uguaglianza dei sessi e “non è un caso se - ha concluso la Raney - uno dei migliori investimenti che possiamo fare per il futuro è investire nel capitale umano delle donne e delle ragazze. Scolarizzazione, salute, pari opportunità sono la base per promuovere produttività agricola e crescita economica”, contribuendo a mettere più soldi nelle mani delle donne e migliorando le condizioni di salute, alimentazione e scolarizzazione anche dei bambini.
"Per questo dobbiamo far sì che il loro accesso alle risorse sia più equo - ha chiarito Diouf - che ogni politica e programma di sviluppo tenga presente la disparità di genere e che le voci delle donne siano ascoltate ad ogni livello decisionale considerandole partner fondamentali nello sviluppo sostenibile". “In occasione della giornata internazionale della donna", ha concluso Djouf, "la speranza di tutti deve essere di poter presto tradurre tutto questo in realtà”.
Se la comunità internazionale capirà che l’eliminazione della fame e della povertà (primo Obiettivo del millennio), passa per la promozione della parità tra uomo e donna (terzo Obiettivo del millennio) con il conseguente miglioramento della salute delle gestanti (quinto Obiettivo del millennio), della riduzione della mortalità infantile (quarto Obiettivo del millennio) ed infine della scolarizzazione primaria di tutti i bambini (secondo Obiettivo del millennio) saremo sulla buona strada nella campagna No Excuse 2015. Ma non basta. Gli Obiettivi del millennio come ci ricorda Oxfam oltre a richiedere “più potere alle donne” richiedono anche l’impegno dei Paesi più ricchi a fianco dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in un momento dove l’indice Fao dei prezzi dei generi alimentari continua a crescere stracciando i record del 2007-08 in termini sia nominali che reali.
Alessandro Graziadei
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