Era stato chiesto a gran voce al Ministro Maroni dalla società civile, con un appello che in sole 24 ore aveva raccolto 20 mila adesioni, di accorpare il referendum sul nucleare, sull’acqua e sul legittimo impedimento con le elezioni amministrative di maggio. Due i motivi: facilitare la partecipazione democratica al voto e risparmiare circa 300 milioni di euro. “Soldi con i quali si potrebbero istallare impianti eolici per dare energia a circa 200.000 famiglie italiane” spiega Greenpeace che ha fatto da portavoce all’appello. Come è andata a finire?
Forse ci penserà il calendario ad affossare i referendum. "Ho comunicato al consiglio dei ministri la decisione di firmare nei prossimi giorni il decreto per l'indizione delle elezioni amministrative il 15 e 16 maggio”, sono state le parole del ministro dell'Interno Roberto Maroni al termine del Consiglio dei Ministri del 3 marzo scorso. Per i referendum, il responsabile del Viminale ha detto di essere orientato sulla data del 12 giugno, impedendo quindi l'election day come richiesto dai comitati promotori dei quesiti referendari.
"Il decreto di indizione dei comizi elettorali riguarda le amministrative, il referendum è un'altra cosa - ha spiegato Maroni - Io sono favorevole alla tradizione che vede sempre distinte le votazioni, anche perché nel referendum è previsto il quorum. Proporrò al Consiglio dei ministri di seguire questa indicazione".
Proposta che con buona probabilità sarà accolta visto che alla Camera non sono passate le tre mozioni delle opposizioni che chiedevano l'accorpamento del primo turno delle elezioni amministrative con i referendum. Nelle tre votazioni la maggioranza, con l’appoggio del radicale Marco Beltrandi ha prevalso per un solo voto.
Difficile non avere il sospetto che dietro la scelta “per tradizione” del Ministro, ci sia l'intenzione di rendere più difficile il raggiungimento del quorum. Il comitato Io voto il 29 maggio (giorno del ballottaggio delle amministrative) non ha perso tempo e ha ribadito il suo appello contro “lo sperpero di denaro pubblico” e per garantire “la massima partecipazione democratica, come previsto dalla Carta Costituzionale [...] il governo non tenda trappole”.
Dello stesso parere sono state anche le oltre 60 associazioni del Comitato Vota Sì per fermare il nucleare che hanno criticato duramente, con una nota, il voto contrario della Camera alle mozioni dell’opposizione sull’accorpamento del voto. “Siamo indignati per la scelta sconsiderata di dire no all’election day [...] È sconcertante un tale spreco di denaro pubblico - ha affermato il Comitato -soprattutto in un momento in cui il governo non fa che tagliare in tutti i settori, e in cui tanti italiani scontano sulla propria pelle i danni della recessione globale”.
“Noi chiediamo solo - ha concluso Vincenzo Miliucci del Coordinamento antinucleare - che un voto che coinvolge 56 milioni di italiani, come quello del referendum, sia importante quanto le elezioni amministrative che riguardano invece 18 milioni di italiani”.
Ma non è stato solo il mondo anti-nuclearista a mobilitarsi. Anche il Comitato Referendario 2 Sì per l'Acqua Bene Comune ha criticato la bocciatura alla Camera delle mozioni che intendevano unificare la data dei referendum con quello delle elezioni amministrative. Il governo da un anno ha varato una norma che obbliga le aziende pubbliche dell’acqua a dismettere buona parte del loro capitale a favore dei privati entro il 2011. “Contro questa legge abbiamo promosso 2 referendum e raccolto 1.400.000 firme per ciascuno di essi” (record della storia repubblicana) - ha spiegato Paolo Cassetti, del Comitato referendario - Ora vogliamo che tutti i cittadini si possano esprimere e votare a maggio per garantire la partecipazione popolare al voto e il contenimento della spesa pubblica”.
Inoltre, ha denunciato in una nota il Focsiv, una delle tante ong parte dei comitati referendari “È chiaro che la scelta non è casuale: il 12 giugno le scuole saranno già chiuse e l’inizio della stagione estiva rappresenterà per chi può permetterselo un incentivo ad andarsene fuori città”. Evidentemente il Governo teme che questa volta i referendum possano raggiungere il quorum e i sì vincere. “Al Ministro va ricordato - ha precisato Focsiv - che fu proprio su sua proposta che nel 2009 le elezioni amministrative furono accorpate alle europee. Allora era preoccupato che non si sperperassero inutilmente soldi pubblici (calcolò un risparmio di 400 milioni di euro) con più tornate elettorali. Oggi, malgrado si sia nel pieno della crisi economica, quella preoccupazione non c’è più”.
Per questo il Comitato Referendario ha annunciato di voler mettere in campo tutte le azioni necessarie per chiedere al Governo di riconsiderare l'Election Day a cominciare dalla grande manifestazione nazionale del 26 marzo a Roma, alla quale stanno aderendo moltissime realtà rappresentanti dell'ampio arco sociale che si riconosce nella difesa dei beni comuni.
Oltre ai due referendum sul nucleare e sull’acqua pubblica nella consultazione ci sarà anche il voto referendario sul legittimo impedimento, il quesito voluto dall’Italia dei Valori. "Le parole di Maroni - ha rilanciato il presidente del gruppo alla Camera Massimo Donadi - sono molto gravi ed evidenziano due cose: la prima è la paura dei referendum, la seconda è l'irresponsabilità di chi, in piena crisi economica, sperpera denaro dei cittadini". "L'unico scopo [del Governo] - ha concluso Di Pietro - è impedire ai cittadini di andare a votare una sola volta e raggiungere così il quorum su tre temi fondamentali: l'acqua, il ritorno al nucleare e, soprattutto, il legittimo impedimento".
Alessandro Graziadei
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