domenica 20 marzo 2011

Al via la campagna Sblocchiamoli: cibo, salute e saperi senza brevetti


In occasione della quarta sessione dell’organo direttivo del Trattato internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura (Trattato Fao sui Semi .pdf), conclusosi a Bali il 18 marzo, è stata lanciata la campagna Sblocchiamoli: cibo, salute e saperi senza brevetti che mira a far emergere i processi attraverso cui la vita quotidiana dei cittadini viene condizionata da istituzioni lontane dalle comunità. Organizzazioni che si occupano di proprietà intellettuale, in particolare di brevetti su farmaci e sementi, che incidono sui diritti fondamentali al cibo, alla salute e alla conoscenza.
Si tratta di problematiche solo apparentemente distanti e che in realtà condizionano in modo trasversale lo sviluppo mondiale. “Una semplice firma, apposta in un palazzo di Bruxelles o Washington - hanno spiegato i promotori di Sblocchiamoli, un gruppo di ong, associazioni e università, che hanno fatto rete nell’ambito del progetto “Knowledge Health and Food for all” co-finanziato dalla Commissione europea - può impedire a una donna indigena in una foresta dell’Ecuador, di nutrire i propri figli con le piante coltivate per secoli dai suoi antenati. Oppure può negare le cure con farmaci anti-Aids a basso costo, a un ragazzo in un villaggio rurale del Sudafrica”.
Sono questi gli effetti della globalizzazione dei Diritti di proprietà intellettuale (DPI), attraverso cui le multinazionali dell'agroindustria e della farmaceutica oggi possono brevettare anche specie vegetali e farmaci essenziali. “L'adesione agli accordi internazionali sui diritti di proprietà intellettuale viene di solito imposta dai governi del Nord ai paesi del Sud del mondo, in cambio di aiuti o benefici economici immediati”, ma in realtà a beneficiarne nel lungo periodo sono le multinazionali dell’agroindustria e della farmaceutica, che ottengono monopoli su farmaci essenziali e su piante dalle particolari proprietà, mentre i Paesi del sud del mondo, da cui provengono la maggior parte delle specie vegetali brevettate ne risultano invece, gravemente impoveriti.
Ma la questione non è risolvibile solo nel conflitto tra il Nord “arricchito” e il Sud “impoverito”. Oggi il rafforzamento della protezione della proprietà intellettuale comincia a colpire anche i paesi del Nord del mondo tanto che per la campagna Sblocchiamoli “Difendere anche il diritto dei piccoli coltivatori europei a riprodurre in azienda, riutilizzare e rivendere i semi acquistati - come previsto dall’articolo 9 del trattato Fao sui semi - è stata la prima richiesta all’incontro di Bali”.
In accordo con la Convenzione sulla diversità biologica (CDB) il Trattato Fao sui Semi dovrebbe garantire la sicurezza alimentare attraverso la conservazione, lo scambio e l'uso sostenibile delle risorse fitogenetiche mondiali per l'alimentazione e l'agricoltura, così come l'equa condivisione dei benefici che possono nascere dal loro uso.
In realtà “Il piccolo coltivatore europeo rischia di perdere il diritto a riutilizzare nella propria azienda le sementi acquistate, senza dover pagare ogni anno le royalties alle ditte produttrici”, ha affermato Riccardo Bocci, agronomo, coordinatore della Rete Semi Rurali e consulente della Campagna Sblocchiamoli per il gruppo di lavoro “Diritti di proprietà intellettuale e Sovranità Alimentare”. “Inoltre, l'Ufficio Europeo dei Brevetti - ha continuato Bocci - sta riconoscendo, su pressione di grandi ditte sementiere quali Monsanto e Syngenta, diversi brevetti su varietà vegetali in aperta violazione della normativa europea sul brevetto biotecnologico”. Secondo Bocci, “azioni di questo tipo, evidenziano una pericolosa tendenza a passare dal sistema della privativa vegetale, che prevede il diritto dei piccoli agricoltori a utilizzare liberamente le sementi dopo averle acquistate, al sistema del brevetto che lascia agli agricoltori solo il diritto d’uso sulle sementi per una singola annata agraria”.
“Si tratta di problemi che hanno un forte impatto sulla vita quotidiana dei cittadini, ma su cui gli amministratori locali non decidono concretamente, mentre le scelte vengono definite da organizzazioni lontane dalle comunità”, ha affermato Arturo Parolini, presidente della ong Ricerca e Cooperazione, capofila in Italia del progetto. “Per questo - ha concluso Parolini - con la campagna Sblocchiamoli ci rivolgiamo agli enti locali, quali principali alleati delle nostre azioni per la tutela dei beni comuni e per il rispetto dei diritti essenziali”.
È indispensabile per Sblocchiamoli agire tempestivamente su più fronti: “informare l'opinione pubblica sulle conseguenze degli accordi internazionali sui diritti di proprietà intellettuale; far pressione sulle istituzioni nazionali e internazionali, affinché i diritti fondamentali prevalgano sui diritti di proprietà intellettuale e valorizzare i saperi tradizionali dei paesi del sud del mondo e promuovere processi di sviluppo sostenibile”.
Un’azione importante e per nulla facile quella di Sblocchiamoli che Unimondo ha deciso di sostenere “perché nonostante sia internazionalmente riconosciuto che i diritti di proprietà intellettuale hanno effetti profondi su diritti fondamentali quali cibo e salute, nel sud ma anche nel nord del mondo, questi temi sono spesso ignorati dal mondo della politica e dei media”.
Alessandro Graziadei

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