Dopo le denuncie della Corte Europea di Giustizia contro le sistematiche deroghe di alcune regioni italiane in materia di divieti di caccia è stato presentato il 23 marzo l’Osservatorio Nazionale su Fauna e Legalità, un’iniziativa di Enpa, Lav, Lipu e Wwf Italia, affidata a giuristi, esperti e studiosi del settore, il cui fine sarà il monitoraggio dell’applicazione delle normative di tutela degli animali selvatici.
“Un organismo - hanno dichiarato le quattro associazioni animaliste in un comunicato congiunto - che nasce come iniziativa d’emergenza, a fronte della sistematica violazione del diritto in materia di tutela degli animali selvatici, ma che potrebbe assumere un carattere strutturale e permanente”.
“Un organismo - hanno dichiarato le quattro associazioni animaliste in un comunicato congiunto - che nasce come iniziativa d’emergenza, a fronte della sistematica violazione del diritto in materia di tutela degli animali selvatici, ma che potrebbe assumere un carattere strutturale e permanente”.
Nelle intenzione dei promotori, l’organo a tutela della nostra fauna e della legalità potrebbe diventare un’ulteriore canale per il monitoraggio e la condanna degli abusi “del sistema caccia Italia e delle sue tantissime zone d’ombra”, tutelando così da vicino le direttive dell’Unione Europea, rispetto alle quali l’Italia, in materia di caccia, è già incappata in un numero amplissimo di infrazioni e condanne.
“La stagione di caccia 2010-2011 è stata un campionario di illegalità istituzionalizzate che non dovrà ripetersi – hanno spiegato le associazioni -. Le regioni hanno voluto, infatti, ignorare le modifiche apportate dal Parlamento alla normativa nazionale su tutela della fauna e regolamentazione della caccia, conseguenti al parziale adeguamento del nostro Paese alla direttiva comunitaria sulla conservazione degli uccelli selvatici”.
Tra tutte le innovazioni che avrebbero dovuto applicarsi, le più rilevanti sono quelle relative al “rispetto dello stato di conservazione degli uccelli e quella del divieto di spari durante le fasi biologicamente più delicate della vita selvatica, cioè durante la riproduzione e la migrazione prenuziale degli uccelli”. Le nuove norme, accompagnate dalle valutazioni tecniche dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), che è l’autorità scientifica nazionale, avrebbero dovuto comportare la riduzione significativa della stagione venatoria e la cancellazione o sospensione di varie specie dalla lista di quelle cacciabili.
Ma nulla di quanto indicavano le norme Europee e nazionali ha avuto seguito, con sistematiche violazioni che almeno nel caso del Veneto, hanno costretto l’Europa a prendere provvedimenti multando la Regione. “Con questa sentenza la Corte di Giustizia - ha spiegato Andrea Zanoni, presidente della Lega Abolizione Caccia del Veneto (LAC) - ci ha dato ragione su tutte le questioni di illegittimità che abbiamo denunciato a partire dal 2002, anno nel quale la Regione Veneto diede inizio ai massacri degli uccelli protetti per legge. La sentenza ha confermato che la legge veneta non ha considerato altre soluzioni alternative alla caccia in deroga, non ha valutato le condizioni di rischio, non ha previsto i rigidi controlli necessari e ha consentito la caccia a quantità di uccelli superiori alle cosiddette piccole quantità”.
“A fronte della sentenza chiediamo a Zaia - ha concluso Zanoni - di annullare immediatamente la delibera n.2371 del 5/10/2010 che ha consentito, nelle sole campagne venete, la caccia a Prispolone, Pispola, Fringuello, Peppola, Storno e Frosone, in violazione della legge europea e ai sensi della legge regionale n.13/2005 dichiarata illegale dall’Europa”.
Le associazioni non hanno dubbi, “il dossier raccolto durante la stagione di caccia 2010/11 ci dice di regioni che hanno disatteso la legge nazionale, ignorato le indicazioni scientifiche, disapplicato le ordinanze della magistratura, violato gravemente il diritto. Non solo - ha aggiunto l’Empa - c’è materiale per capire che tutto ciò, in molti casi, è avvenuto in piena consapevolezza delle illegittimità che venivano compiute e secondo piani accuratamente progettati”.
Il risultato, tra gli altri, hanno concluso Enpa, Lav, Lipu e Wwf Italia “è stato quello di impartire un danno irreparabile al patrimonio della collettività [sia in termini pecuniari che faunistici] che non permetteremo si ripeta. Per questo, l’attenzione sarà massima e nessun azione verrà scartata, inclusa la strada penale su cui stiamo facendo una seria e dettagliata valutazione”. Una strada che l’Osservatorio dovrebbe poter in futuro scongiurare, ponendo fin da subito grande attenzione ai calendari venatori che le Regioni, ai sensi della legge 157/92, dovranno varare entro il 15 giugno.
Ma i cacciatori, che non hanno accolto con commenti entusiasti l’iniziativa, non si fermano e il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato il 15 marzo l’ennesimo tentativo per aggirare “legalmente” i limiti europei alla caccia attraverso una proposta di legge da presentare al Parlamento per regolamentare la caccia in deroga e uniformarla alle direttive europee. “Con questa proposta di legge - ha spiegato Mauro Parolina del Pdl - viene ora ripreso letteralmente il testo della direttiva comunitaria, specificando in modo inequivocabile procedure e modalità da seguire nonché dati e informazioni da fornire da parte delle Regioni e dell’Ispra, al fine di garantire che la caccia in deroga possa essere autorizzata in modo legittimo”.
Insomma, fatta la legge trovato l’inganno o meglio in questo caso “fatto l’inganno, trovata la legge”, uno dei tanto buoni motivi per accogliere la nascita di un Osservatorio di giuristi e scienziati sulla nostra fauna selvatica come l’occasione giusta per tutelare uno dei nostri più significativi patrimoni naturali.
Alessandro Graziadei
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