Oltre a subire gli effetti drammatici dell’embargo israeliano, per tre anni i palestinesi di Gaza sono stati privati di uno dei più amati e popolari giochi: il calcio. Nel luglio 2007, all’indomani del conflitto interpalestinese tra Hamas e Fatah, le autorità della Striscia decisero, infatti, di interrompere il campionato. Il fatto che i quasi cinquanta club locali fossero legati a una o all’altra fazione politica avrebbe potuto rappresentare un’ulteriore causa di tensione.
Il calcio professionistico è stato così una delle prime perdite, per i tifosi la più dolorosa, della frattura tra le fazioni palestinesi di Fatah, che ha il controllo della sponda occidentale, e Hamas, che invece governa la Striscia di Gaza. Tra la lotta per il potere e gli scontri militari, il calcio agonistico, una volta il passatempo più popolare a Gaza, si è arenato di colpo.
I calciatori migliori se ne erano andati: qualcuno ha cercato un ingaggio nella vicina Cisgiordania controllata da Fatah, altri sono emigrati all’estero, mentre quelli rimasti si sono adattati, allenandosi saltuariamente su campetti di fortuna, senza avere mai la prospettiva di una partita ufficiale.
Ma dopo tre anni di astinenza, durante i quali i tifosi di calcio di Gaza hanno dovuto accontentarsi di fare il tifo per l’Egitto o per il Barcellona alla televisione, l’Associazione calcistica palestinese ha tenuto la prima partita a marzo del 2010: Al Shate contro Rafah, due delle squadre più popolari di Gaza. È stato l’incontro inaugurale delle 240 partite in programma a Gaza, che hanno preceduto i play-off di luglio.
Per riportare il calcio a Gaza sono stati necessari diversi mesi di negoziati tra le autorità palestinesi e i vari club, cui ha preso parte anche il premier di Hamas (ed ex calciatore) Ismail Haniyeh. Il compromesso, che ha anticipato di quasi un anno il nuovo accordo politico tra le due fazioni palestinesi, ha messo le 16 squadre legate a Fatah sotto il controllo di un comitato congiunto Fatah-Hamas, con la speranza che, d’ora in poi, la politica resti fuori dal calcio. “Sappiamo di non poter risolvere tutti i problemi politici - aveva dichiarato il capo della Lega calcio di Gaza Ibrahim abu Salim - però il calcio può diventare un importante momento di raccordo, un inizio”.
E così è stato, e dopo la rinascita del campionato, con l’obiettivo di dare un calcio alla guerra non solo nello sport, oggi parte in Cisgiordania il Campionato Internazionale Palestinese. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Maan, al torneo di quest’anno prenderanno parte 16 squadre provenienti da Sudafrica, Senegal, Ghana, Mauritania, Cile, Ungheria e Giordania con l’aggiunta di una selezione siriana del Golan, una regione occupata da Israele dal 1967 in violazione di una risoluzione dell’Onu.
Il campionato inizia proprio nel giorno dell’anniversario della “nakba” (la “catastrofe), il nome con il quale i palestinesi ricordano l’esodo dalle loro terre causato dalla guerra con Israele nel 1948, ma c'è la speranza che lo sport possa ancora una volta anticipare la politica regalando ben più di 90 minuti di pace ai palestinesi. Così, nonostante le restrizioni israeliane che ostacolano perfino gli spostamenti degli atleti, l’entusiasmo è andato crescendo, soprattutto dopo l’annuncio da parte del capo della Federazione palestinese calcio Jibreel Rajoub della presenza di un ospite d’eccezione: alla cerimonia di inaugurazione del Campionato è atteso Sepp Blatter, il presidente della Fifa, il massimo organismo del calcio internazionale.
Il 15 maggio sarà così a suo modo una data storica in Cisgiordania, perché se Rajoub ha riferito di aver ricevuto una telefonata da Blatter, che gli conferma la sua presenza in Palestina per dare il via ai giochi, con lo stesso tempismo il consiglio per i diritti umani dell'Onu ha criticato Israele per le restrizioni imposte alle trasferte degli atleti palestinesi, ottenendo dall’autorità israeliana per lo Sport la promessa che lavorerà con i palestinesi per risolvere i problemi di movimento e di viaggio per le squadre di calcio.
Intanto a Ramallah, la capitale della Cisgiordania, una partita internazionale tra Palestina e Thailandia, valida per la qualificazione a Londra 2012 si è già svolta il 10 marzo scorso. Gli asiatici hanno prevalso dopo una partita infinita che la Palestina ha perso ai calci di rigore assieme al sogno di approdare al torneo olimpico. Nonostante la sconfitta della selezione palestinese, cosa che tuttavia non ha impedito al pubblico presente - ai limiti della capienza del piccolo stadio - di fare festa per un evento inedito e storico, seguito a decenni di esilio sportivo in campo neutro, l’associazione calcistica dei Territori aveva annunciato “l’inizio di un cammino di libertà”. Forse inseguendo un pallone anche Gaza e la Cisgiordania possono nelle prossime settimane pensare di poter dare un calcio alla guerra e all’isolamento che nella giornata di ieri la manifestazione nazionale in sostegno della Freedom Flotilla Stay Human, per la fine dell’assedio di Gaza e dell’occupazione della Palestina ha urlato a gran voce da Roma.
Alessandro Graziadei
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