Ormai da alcuni anni il World Wilde Found (Wwf) ha lanciato “l’allarme rosso tonno rosso”, una specie che in Mediterraneo è a rischio estinzione per via della pesca eccessiva, movimentata da un mercato nero che a livello mondiale vale circa 4 milioni di dollari. L’equilibrio tra il pescato e l’effettiva disponibilità sarebbe ormai sbilanciato, non garantendo più la riproduzione di questa specie ittica. Un destino comune a molti pesci, compreso il comune tonno da “scatola”, che si trovano a fare i conti, da decenni, con una pesca estensiva e poco lungimirante.
Ma per il Wwf ad essere sotto accusa non è solo il mercato nero. In un rapporto del 24 gennaio scorso intitolato “L’espansione delle flotte europee ed internazionali dal 1950 ad oggi”, (.pdf) l’associazione ambientalista ha chiesto “una riforma ambiziosa della Politica Comunitaria della Pesca rendendo più sostenibile la sua flotta” anche fuori dalla scena mediterranea. “La riforma della politica comunitaria della pesca è un’occasione unica per fare in modo che tutti pescherecci dell'UE siano rispettosi di habitat e stock ittici, ovunque essi operino nel mondo - ha dichiarato Marco Costantini Responsabile del Programma Mare Wwf Italia - se l'UE non riuscirà ad assumere un ruolo di leadership nella gestione della pesca e nella protezione degli oceani sulle scene internazionali, contribuirà essa stessa in maniera preponderante alla crisi globale della pesca, mettendo a repentaglio la sicurezza alimentare globale nel lungo periodo”, ancor prima che l’esistenza già precaria del tonno.
Il giustificato allarme dell’associazione del panda era già stato formalizzato nel 2011 alla Commissione internazionale per la conservazione dei tonni dell’Atlantico e del Mediterraneo (Iccat), riunitasi ad Istanbul dall’11 al 19 novembre. Nel documento sottoposto alla Commissione dal Wwf “erano presenti alcune stime sulla pesca del tonno rosso, la cui cattura nel periodo compreso tra il 2008 e il 2010 sarebbe stata compresa tra le 31.500 e le 34.000 tonnellate annue”. Troppo per il Wwf che è tornato a sottolineare “la necessità di ridurre la flotta di tonnieri e il divieto d’ingrasso dei tonni nelle gabbie galleggianti, sistema erroneamente chiamato allevamento, ma che di fatto spinge i pescatori a pescare più del consentito” ha concluso Marco Costantini.
Ma se per salvare i tonni la politica sembra essere l’ultima spiaggia presidiata dal Wwf, per gli eco-pirati dell’associazione Sea Shepherd “i programmi dell’Unione europea non bastano” e per questo hanno annunciato da alcuni giorni, con un comunicato stampa, “che interverranno con la loro flotta nel Mediterraneo”. La Sea Shepherd ha mostrato in passato una certa “determinazione” nelle operazioni di contrasto alla flotta giapponese impegnata nella caccia alle belene in antartico, determinazione che ha portato allo speronamento volontario delle navi baleniere in nome della moratoria internazionale alla caccia commerciale delle balene: una moratoria che i giapponesi aggirano dicendo di fare ricerca scientifica, anche se poi la carne di balena finisce nei supermercati. Si possono condividere o meno i metodi della Sea Shepherd, ma lascia pochi dubbi la loro analisi: “Man mano che i tonni del Mediterraneo diventano più rari, - ha scritto l’associazione nel comunicato stampa che annuncia la prossima spedizione nel Mediterraneo - i prezzi aumentano e la pesca diventa un affare sempre più lucroso. I sussidi dell’Unione Europea alla pesca del tonno hanno contribuito a portare la specie sull’orlo dell’estinzione. Fra tre anni gli stock arriveranno al collasso. L’illegalità e gli alti prezzi rendono inefficaci gli sforzi per invertire la tendenza”.
Il Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (Cites) discuterà in marzo l’inserimento del tonno fra le specie di cui è vietato il commercio internazionale, ma l’Unione Europea non ha ancora preso posizione per non urtare i pescatori dei Paesi mediterranei che spesso si muovono dentro i poco certi confini della legalità. “Per questo la Sea Shepherd, - si legge ancora nel comunicato - vuole affrontare i pescatori di frodo e non indietreggerà di fronte alle loro minacce e ai loro atti violenti”. Non ne abbiamo dubbi.
Ma se il tonno rosso rischia l’estinzione, c’è anche chi come Greenpeace cerca di evitare un’analoga fine anche per il più, al momento numeroso, Pinna gialla, destinato ad affollare supermercati e dispense di tutto il mondo dentro migliaia di caratteristiche scatolette di latta. “Da tempo - ha spiegato Giorgia Monti, responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia - stiamo portando avanti una campagna per eliminare a livello globale i metodi di pesca al tonno distruttivi come i FAD, promuovere quelli sostenibili come la pesca con canna e proteggere gli oceani, incluso il Pacifico, dove si pesca circa il 70% del tonno mondiale”.
A poco più di un anno dalla pubblicazione della classifica “Rompiscatole” di Greenpeace sulla sostenibilità delle scatolette di tonno presenti sul mercato italiano e dopo una forte campagna per spingere le compagnie ad adottare precisi criteri di sostenibilità, a maggio 2011 il noto brand Riomare (di proprietà del gigante europeo del tonno in scatola, Bolton Alimentari) ha pubblicato per la prima volta una politica aziendale scritta e sostenibile. “Nel documento - ha continuato la Monti - l’azienda prende impegni importanti a sostegno della creazione di riserve marine in alto mare e inizia a muoversi nella giusta direzione per quanto riguarda i metodi di pesca, impegnandosi a portare entro il 2013, al 45% l’utilizzo di tonno proveniente da pesca più sostenibile”. Un primo passo, ma ancora troppo debole e dubbio per Greenpeace.
“Riomare ha aperto il 2012 con un comunicato stampa molto ambiguo sui reali obiettivi dell’azienda in campo ambientale: L’azienda sta lavorando per raggiungere il 100% di tonno proveniente da pesca sostenibile entro il 2017. Ma che cosa significa?" si chiede la Monti. La comunicazione ufficiale di Bolton, sembra studiata per prendere due piccioni con una fava: convincere Greenpeace delle sue buone intenzioni e comunicare ai consumatori che raggiungerà il 100% della sostenibilità in tutta la filiera.
”Ma che cosa si intende per tonno 100% sostenibile al 2017 e quale promessa sta facendo il tonno che si taglia con un grissino per garantire la sostenibilità dei propri prodotti nel suo comunicato, Bolton, non lo spiega mai”.
”Ma che cosa si intende per tonno 100% sostenibile al 2017 e quale promessa sta facendo il tonno che si taglia con un grissino per garantire la sostenibilità dei propri prodotti nel suo comunicato, Bolton, non lo spiega mai”.
Sorge spontaneo il dubbio che, nonostante i grandi proclami, l’azienda abbia in realtà difficoltà nell’adottare un chiaro e, ben inteso, non facile impegno sull’uso solo di metodi di pesca responsabili e sostenibili come il metodo del Pole and Line (pesca con canna), FAD free (senza utilizzo di FAD) o free schools (pesca di branchi liberi nell’Oceano). La domanda quindi che rilanciamo alla Bolton è semplice: il 100% di sostenibilità al 2017 si riferisce davvero all’esclusivo utilizzo di metodi di pesca sostenibili, come chiede Greenpeace? Perché ai consumatori di oggi un prodotto che si taglia con un grissino, forse, non basta più!
Alessandro Graziadei
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