Il 28 gennaio scorso il mondo ha celebrato il 10° anniversario della creazione del Fondo Globale per la Lotta contro l’Aids, la Tubercolosi e la Malaria che è diventato in questi anni garanzia di cure per milioni di persone contribuendo a salvare direttamente molte vite umane. Si è trattato però di un compleanno amaro perché proprio ora che potremmo sperare di sconfiggere queste tre gravi malattie entro la prossima generazione, i donatori non stanno rispettando le promesse e, riducendo sensibilmente il sostegno finanziario, costringeranno a cancellare nel 2012 un ciclo completo di finanziamenti del Global Fund (il Round 11) con conseguenze drammatiche, in particolare in Myanmar. A lanciare l’allarme sono stati questa settimana Medici Senza Frontiere (Msf) e l’ong italiana Cesvi sottolineando come tale decisione graverà sulla popolazione del paese asiatico come “Una condanna a morte per migliaia di persone e per decine di progetti che attraverso l’informazione, la prevenzione e le cure finanziate dal Fondo avevano contenuto l’incidenza di Aids, tubercolosi e malaria”.
Ma facciamo un passo indietro. Dieci anni fa, il futuro della lotta contro queste tre pandemie era sconfortante e una diagnosi di Aids, malaria o tubercolosi era una sentenza di morte per chi viveva nei paesi in via di sviluppo. Per rispondere a questa drammatica emergenza venne costituito il Fondo Globale, una partnership unica tra paesi ricchi, paesi impoveriti, società civile e settore privato capace ogni mese di salvare 100.000 vite. Negli ultimi anni però, con la scusa della crisi economica, molti paesi donatori hanno tagliato i finanziamenti al Fondo Globale.
L’Italia, pur avendo svolto un ruolo di primo piano nel lancio del Fondo Globale in occasione del Vertice G8 del 2001 a Genova, non ha ancora versato le quote promesse al Fondo Globale per il 2009 e il 2010, pari a 130 milioni di euro ciascuna e non ha assunto alcun impegno finanziario per gli anni successivi. Ma quali sarebbero le conseguenze di un ulteriore diniego? “Il taglio dei finanziamenti del Global Fund avrà, solo in Myanmar, effetti devastanti su 85 mila persone sieropositive che sono in attesa della terapia anti-retrovirale. È urgente - si legge nel rapporto di Medici Senza Frontiere Vite Sospese (.pdf) - che i Paesi donatori non voltino le spalle alle persone malate”. “In Myanmar - ha spiegato Sergio Cecchini, direttore della comunicazione di Medici Senza Frontiere Italia - per la mancanza di accesso alle cure ogni anno muoiono tra le 15 mila e le 20 mila persone affette da Aids e questo taglio di risorse del Global Fund si traduce in una drastica e drammatica riduzione della possibilità di cura. [...]. I nostri operatori in Myanmar ci raccontano che già ci sono scene drammatiche, che vedono i nostri medici obbligati a dover scegliere i pazienti cui somministrare la cura ed altri per i quali questi farmaci non sono più disponibili. Questo significa far ricadere i malati in uno stato di resistenza alla terapia, e quindi in un aggravarsi della loro situazione di salute e non dà la possibilità di curare tutti i nuovi casi di persone sieropositive”. “Bisogna curare queste persone adesso - ha dichiarato Khin Nyein Chan, medico di Msf - perché qui in Myanmar c’è un’opportunità concreta: il tasso di prevalenza dell’Hiv/Aids è relativamente basso. Ma è la mancanza di accesso al trattamento che la rende una delle più gravi epidemie dell’Asia”.
Di fatto con l’annullamento del nuovo finanziamento, non solo non vi sarà alcun modo di aumentare il numero di pazienti in cura da Hiv/Aids, ma anche di quelli affetti da tubercolosi e tubercolosi multiresistente ai farmaci da qui fino al 2014. “Ancora una volta, i donatori dei finanziamenti hanno voltato le spalle alle persone malate in Myanmar”, ha dichiarato Peter Paul de Groote, Capomissione di Msf. “Ogni giorno, ci confrontiamo con le tragiche conseguenze di queste decisioni: persone gravemente malate e morti inutili” proprio in uno dei 27 Paesi con i maggiori tassi di tubercolosi multiresistente ai farmaci del mondo e dove la diffusione della tubercolosi “è il triplo della media mondiale”.
Negli ultimi mesi, inoltre, una serie di aperture politiche da parte delle autorità militari nazionali riportate anche da Amnesty International hanno fatto sì che la comunità internazionale e le ong investissero di più nella ex Birmania aumentando le azioni di supporto ai civili che prima erano impossibili a causa delle restrizioni della giunta militare. Oltre alla liberazione di Aung San Suu Kyi, che si candiderà in aprile per i posti liberi in Parlamento, ci sono stati molti atti concreti positivi, come la nuova legge sul lavoro che istituisce i sindacati e l’allentamento governativo del controllo sulla stampa e sui diritti d’associazione. “Per cui, oggi c’è la possibilità di aumentare le cure per migliaia di persone, cosa che però è in controtendenza con le disponibilità e le risorse messe a disposizione attraverso uno strumento come il Global Fund” ha concluso Cecchini.
Ma Msf non è sola nella preoccupazione. Anche il Cesvi ha lanciato un analogo allarme sottolineando come anche nella lotta alla malaria importanti risultati andranno persi nel caso in cui il Round 11 del Global Fund e il relativo finanziamento vengano cancellati. Tale decisione, infatti, graverà sulla popolazione e sui beneficiari dei progetti che l’ong italiana porta avanti da più di 10 anni. Oggi il programma del Cesvi raggiunge oltre 220 mila persone in 1.054 villaggi: “sette team composti ciascuno da un medico, un infermiere, un microscopista e un assistente sanitario, tutti locali, - ha spiegato Daniele Panzeri, responsabile Cesvi in Myanmar - svolgono interventi medici in cliniche rurali e una clinica mobile raggiunge i villaggi più remoti”. Sebbene vengano registrati più di 4 milioni di casi sospetti ogni anno, il dato risulta essere in calo rispetto agli anni passati grazie proprio al lavoro svolto dalla ong che attraverso l’informazione, la prevenzione e le cure ha contribuito ad una diminuzione dell’incidenza della malattia. “I dati ufficiali dimostrano che dal 2001, anno in cui Cesvi ha iniziato a lavorare in Myanmar, le persone affette dalla malaria sono sostanzialmente diminuite: si è passati, infatti, a una diagnosi di un caso di malaria ogni cinque, a uno ogni venti. Ciò significa che l’intervento ha ridotto il livello di endemicità della malaria del 75%” ha concluso Panzeri.
Il Governo italiano ora è avvertito: un ridimensionamento dell’impegno internazionale nel garantire i fondi necessari a combattere la malaria e le altre malattie quali Aids e Tubercolosi, rischia di vanificare tutti i risultati fino ad ora ottenuti. Potrebbe essere un altro importante impegno economico assolto semplicemente rinunciando all’acquisto dei caccia F 35?
Alessandro Graziadei
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