Conoscete la Asia Pulp & Paper (App)? La fitta rete di aziende e cartiere collegate a questa multinazionale è tra le principali responsabili della distruzione della foresta pluviale di Sumatra. Da anni nel mirino delle associazioni ambientaliste, le controverse attività di queste aziende minacciano direttamente la biodiversità e i diritti dei popoli indigeni dell’area rischiando di aggravare le loro già difficili condizioni di vita. Ora l’azienda ha annunciato a sorpresa una “roadmap della sostenibilità”, ma di sostenibilità pare se ne vede ben poca, nonostante il rassicurante “Care for tomorrow” che apre il loro sito.
La Asia Pulp & Paper sembra, infatti, mantenere una lunga tradizione di roboanti impegni puntualmente disattesi. Ai primi di giugno la multinazionale aveva annunciato che avrebbe temporaneamente sospeso l’abbattimento delle foreste naturali nelle “proprie concessioni”, per consentire un monitoraggio delle foreste considerate a più alto valore di conservazione. Un proclama rassicurante per l’opinione pubblica e per i clienti della cartiera, tra i quali troviamo anche la Disney, leader mondiale nella stampa di libri per ragazzi e non sempre su carta a prova di deforestazione e la Kentucky Fried Chicken che due settimane fa ha annunciato di sospendere gli acquisti di carta dalla Asia Pulp & Paper.
In realtà ha spiegato Muslim Rasyid, di Eyes on the Forest e della rete ambientalista indonesiana di Riau “La App si era impegnata già nel 2004 a fermare la distruzione delle foreste naturali entro tre anni, ed ora ripete la stessa promessa, dando il 2015 come scadenza”. Secondo il rapporto di Eyes on the Forest The pulping continues (La deforestazione continua . pdf) la distruzione delle foreste prosegue indisturbata come e più di prima: “il destino di 1,2 milioni di ettari di foreste, oltre la metà delle residue foreste della provincia di Riau nella parte centrale dell’Isola di Sumatra, continua ad essere indirettamente minacciato dalla App, infatti queste foreste sono in concessione ai cosiddetti fornitori indipendenti che, ai sensi della nuova policy, possono continuare a rifornire la App di legname abbattuto da foreste naturali”.
Appare chiaro che “La cosiddetta roadmap della sostenibilità è mero greenwashing - ha commentato Rod Taylor, direttore del programma foreste del Wwf Indonesia - e la roadmap della sostenibilità sembra piuttosto una roadmap della deforestazione che non si limita a ripetere impegni già assunti nel 2004 e successivamente violati, ma si rimangia impegni assunti appena un anno fa, con la sua Vision 2020”. Infatti per gli ambientalisti “mentre nella Vision 2020 App annunciava che a partire dal 2015 si sarebbe rifornita solo da legname di piantagione, autorizzandosi a deforestare fino a quella data, nella roadmap usa una terminologia ambigua (capability) che le permette di continuare ad usare legno proveniente dalle foreste naturali solo perché categorizzato dalla App come rifiuto o residuo”.
Tra queste foreste, come più volte denunciato da Greenpeace International figurano alcuni tra gli ultimi rifugi di specie minacciate come la tigre e l’elefante di Sumatra, e alcune massicce riserve di carbonio, come le torbiere del Kampar. Il guaio è che ormai di queste foreste resta ben poco da monitorare. “Secondo la nostra analisi - ha aggiunto Rasyid - non resta ormai più alcuna foresta naturale nella provincia di Riau in cui la nuova policy di App possa essere applicata: le foreste nelle proprie concessioni sono già state abbattute, a parte quelle protette ai sensi della legge”, e sempre che la corruzione indotta dal colosso della carta non arrivi anche lì. Lo scorso mese, infatti, secondo l’indonesiana Eyes on the Forest, quattro funzionari pubblici indonesiani sono in carcere e un altro è detenuto dalle forze dell'ordine con l'accusa di tangenti per licenze di taglio rilasciate ad imprese affiliate ai due grandi gruppi cartari indonesiani, Asia Pulp & Paper ed April.
Ma “l’affaire” App riguarda da vicino anche l’ambientalismo europeo. Legambiente, Wwf, Greenpeace, Terra! e RE:common hanno di fatto inviato solo lo scorso mese all’Agenzia italiana di credito all’esportazione una lettera in rappresentanza di oltre trenta associazioni ambientaliste italiane, per chiederle di non finanziare la costruzione nell'isola di Sumatra di una nuova cartiera, della Sinar Mas, azienda legata al gruppo Asia Pulp & Paper. Secondo le associazioni “questa nuova cartiera aumenterà la storica fame di fibre di App e rischia di provocare un’impennata nella conversione in piantagioni delle ultime foreste pluviali della regione.
Si tratta della linea di produzione più grande del mondo, ed è destinata a incrementare drasticamente la produzione, ma anche il consumo di legno dell'impresa”. La partecipazione italiana non sarebbe, tra l’altro, una novità visto che un’azienda italiana, la Celli Paper, sta già rifornendo App di nuovi macchinari per i suoi impianti in Cina.
Si tratta della linea di produzione più grande del mondo, ed è destinata a incrementare drasticamente la produzione, ma anche il consumo di legno dell'impresa”. La partecipazione italiana non sarebbe, tra l’altro, una novità visto che un’azienda italiana, la Celli Paper, sta già rifornendo App di nuovi macchinari per i suoi impianti in Cina.
Una situazione, quella delle foreste di Sumatra, che non ammette più concessioni temporali ne tanto meno nuovi investimenti che, oltre ad essere rischiosi dal punto di vista finanziario, sono altamente pericolosi per le ultime foreste indonesiane. Anche per questo per Eyes on the Forest è indispensabile chiedere alla App di mantenere fede alle proprie false promesse.
”Fino a quando la App non si impegna chiaramente a ridimensionare lo sfruttamento delle foreste pluviali, e non dimostra di mettere realmente in pratica un tale impegno, investitori e acquirenti devono tenersi lontani dalla App, perché si tratta di un partner legato alla deforestazione” ha concluso Hariansyah Usman, dell'associazione indonesiana Walhi.
”Fino a quando la App non si impegna chiaramente a ridimensionare lo sfruttamento delle foreste pluviali, e non dimostra di mettere realmente in pratica un tale impegno, investitori e acquirenti devono tenersi lontani dalla App, perché si tratta di un partner legato alla deforestazione” ha concluso Hariansyah Usman, dell'associazione indonesiana Walhi.
La scelta non può più essere “o la carta o la vita”, ma quella di un modello meno redditizio e più sostenibile, perché come la campagna 1 fan 1 albero di Unimondo insegna, donando un albero al Kenya per ogni fan della sua pagina Facebook, “l’albero è una risorsa troppo importante per essere abbattuto" oltre a rappresentare la compensazione della C02 che produciamo ogni giorno.
Alessandro Graziadei
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