Anche l’industria della polpa di cellulosa e della carta può contribuire allo sviluppo di una economia sostenibile? A quanto pare sì, visto che il 2015 ha mostrato una tendenza positiva verso una maggiore “attenzione verde” da parte delle aziende internazionali produttrici. Per verificare l’impronta ecologica dei colossi della carta il WWF ha creato 5 anni fa l’Environmental Paper Company Index (EPCI), che si basa sul contributo volontario delle aziende che mettono a disposizione i propri dati rivelando così l'impronta delle loro produzioni, un aspetto sempre più apprezzato e premiato anche dai consumatori. “L’EPCI del 2015 evidenzia progressi in questa direzione, almeno da parte delle aziende di questo comparto che si sono dimostrate più trasparenti” ha dichiara Emmanuelle Neyroumande, Pulp and Paper Global Manager di WWF International. Delle 80 grandi aziende invitate a prendere parte all’EPCI 2015, solo 31* però hanno accettato e partecipato (alcune per la quarta volta) all'indagine 2015 del WWF.
Le 31 realtà produttive interpellate dal WWF hanno così contribuito a chiarire l’entità dell’economia verde legata alla produzione complessivamente di 85 milioni di tonnellate di carta e polpa di cellulosa. Un buon risultato, ma a livello mondiale, questa quantità di aziende e multinazionali producono insieme il 15% della carta e cartone e il 15% della polpa di cellulosa a livello mondiale e rappresentano solo il 30% della carta per usi igienico-sanitari, il 28% della carta per utilizzi grafici, il 16% della carta per giornali, il 7% degli imballaggi e il 15% della polpa di cellulosa, utilizzata annualmente nel mondo. Le aziende coinvolte hanno mostrato una notevole trasparenza, e più del 90% delle categorie di prodotti oggetto dell’indagine hanno ottenuto punteggi migliori rispetto a quelli 2013, grazie ad un impegno che per il WWF “ha un peso importante sulla conservazione delle foreste e sulle risorse naturali del nostro Pianeta” .
Il Living Forests Report, sempre del WWF, ha previsto che la produzione di carta e il relativo consumo possa raddoppiare nell’arco dei prossimi tre decenni, a fronte di un consumo complessivo di legno che invece si prevede possa triplicare. Per la ong “La sfida principale delle industrie che lavorano i prodotti derivati dalle foreste è quella di fornire più prodotti a fronte di un minor impatto sull’ambiente. Questa sfida riguarda l’intera catena di produzione: dove e come il legno viene prodotto e raccolto, come viene lavorato, utilizzato e ri-utilizzato”. Una sfida importante visto che il settore della carta e della polpa di cellulosa è l’unico in grado di fornire materiali rinnovabili che hanno utilizzi estremamente diversi tra loro: da supporto per libri indispensabili a condividere la conoscenza, a strumento per migliorare l’igiene e garantire la sicurezza dei cibi. “Questa potenzialità viene meno se i prodotti derivano da tagli che degradano le foreste o esauriscono le riserve di carbonio, se le piantagioni sottraggono terra alle comunità locali, se le industrie della polpa di cellulosa inquinano aria e acqua o se la carta adatta al riciclo finisce in discarica o bruciata. L’EPCI ci aiuta a capire se un’azienda ha un comportamento adeguato rispetto alle promesse di approvvigionarsi di materie prime con un ridotto impatto sulla natura” ha spiegato Rod Taylor, Direttore del Global Forest Programme del WWF.
E il Belpaese che contributo sta dando? Per il WWF l’Italia ha una grande importanza nel mercato mondiale della carta, con migliaia di operatori coinvolti e milioni di tonnellate di carta e pasta importate annualmente. “È necessario che le aziende facciano della trasparenza e della sostenibilità una scelta di sviluppo aziendale. Il WWF chiede a società italiane, come il gruppo Burgo, di accettare il nostro invito a prendere parte alla prossima edizione dell’Environmental Paper Company Index e cogliere così l’occasione per dimostrare la loro trasparenza e impegno nell’affrontare la questione della tutela ambientale”. Per ora tra le italiane che hanno partecipato all’iniziativa ci sono solo il gruppo Sofidel (marchio Regina) e la Fedrigoni. La prima, oltre ad aver aderito al programma Climate Savers per la riduzione delle emissioni climalteranti, ha da tempo avviato un confronto con il WWF sul tema dell’approvvigionamento responsabile e oggi il 99,7% della cellulosa utilizzata dal gruppo proviene da fonti certificate. Secondo l’EPCI poi “nella categoria carta per usi igienico-sanitari, Sofidel ha raggiunto il 66,2% del punteggio per l’impronta ecologica complessiva, con il 68% per l’approvvigionamento responsabile, 72% per i processi produttivi, 58% per il reporting socio-ambientale”. Un buon risultato che riguarda anche Fedrigoni, che nella categoria graphic paper, “ha raggiunto il 54,6% del punteggio per l’impronta ecologica complessiva, con l’87% per l’approvvigionamento responsabile, 19% per i processi produttivi, 59% per il reporting socio-ambientale”.
Buoni risultati quindi, ma si può fare di meglio! Per questo il WWF ha invitato tutte le 49 aziende che hanno declinato l’invito di quest’anno ad acquisire familiarità con l’Environmental Paper Company Index e a prendere parte al prossimo EPCI, che si terrà nel 2017, poiché il loro impegno per una maggiore sostenibilità ambientale e le loro scelte commerciali hanno un peso sempre più grande sul nostro "ecosistema Mondo".
* Tra le 31 aziende partecipanti all’EPCI 2015 oltre alle italiane, Sofidel e Fedrigoni, le altre in ordine alfabetico sono: Appleton Coated, ARAUCO, Arjowiggins Graphic, BillerudKorsnäs, Bio-PAPPEL, Canfor Pulp, Cascades, Catalyst, CMPC, Crown van Gelder, Domtar, DS Smith, Fedrigoni, Fibria, ITC, Kimberly Clark, Klabin, Lecta, Leipa, Metsä Group, Mondi, Resolute Forest Products, Rolland Enterprises Inc., SCA, Södra Cell, Sofidel, Steinbeis, Stora Enso, Suzano, TNPL/India, UPM
Alessandro Graziadei
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