Era la sera del 19 maggio 2015 quando il Senato approva a grande maggioranza il Ddl 1345 B, un disegno di legge trasversale frutto del coordinamento di tre distinte proposte di legge tutte nate per introdurre per la prima volta il "delitto ambientale" nel nostro Codice Penale. Diventavano “delitto” l’inquinamento e il disastro ambientale, da sempre grandi assenti nel diritto penale e nelle aule giudiziarie italiane, oltre al traffico e abbandono di materiale radioattivo, l’impedimento al controllo e l’omessa bonifica. E adesso? Fatta la legge trovato l’inganno? Possibile, ma per ora non si può che dirsi soddisfatti dei risultati ottenuti dalla legge n. 68 del 2015, che ha definitivamente introdotto nel nostro Codice penale il Titolo VI-bis dedicato ai delitti ambientali, i così detti ecoreati. Quella approvata è il frutto di un percorso tortuoso, lungo e faticoso. Non è sicuramente una legge perfetta, ma costituisce un punto di partenza, un cambiamento di registro necessario e atteso, che finalmente consacra anche nel nostro Paese l’ambiente come un bene comune da preservare, visto che solo adesso i principali reati ambientali, fino a ieri considerati contravvenzionali, e quindi per così dire reati di serie B, da quasi un anno sono considerati veri e propri delitti.
Legambiente, in un interessante dossier, ha presentato i numeri e le inchieste più significative dall’entrata in vigore della legge che conta tempi di prescrizione che raddoppiano e contempla una lunga serie di aggravanti, tra cui quelle contro l’ecomafia e i pubblici funzionari corrotti. “Sono 947 i reati penali e le violazioni amministrative accertate, 1.185 le persone denunciate e 229 i beni sequestrati per un valore complessivo di quasi 24 milioni di euro. Contestato in 118 casi il nuovo delitto di inquinamento e per 30 volte il disastro ambientale" ha spiegato il 21 marzo Legambiente nel corso di un incontro promosso all’interno delle aule parlamentari. A livello regionale è il Lazio la regione dove si è concentrato il più alto numero di raggiri della legge, ben 134, con 121 denunce e 17 sequestri. Subito dopo troviamo la Campania con 95, dove si registra il maggior numero di persone denunciate, 137 e al terzo posto c'è la Toscana con 73 reati. Il maggior numero di sequestri è stato riscontrato in Puglia: 28, seguita dalla Calabria con 25 e dalla Toscana con 22.
Certo con una nuova normativa più stringente e puntuale in materia ambientale è naturale riscontrare un aumento delle “nuove” violazioni. Per la ong del Cigno verde però “la legge sugli ecoreati ha fornito un valido strumento operativo alle forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria che fino a ieri dovevano ricorrere con scarsa fortuna ad articoli e commi previsti per tutt’altro, dall’art. 434, con il cosiddetto disastro innominato, al getto pericoloso di cose, piuttosto che l’insudiciamento delle colture o il danneggiamento di beni, per poter fermare gli eco criminali”. Inoltre anche le prescrizioni per i reati minori, che non hanno arrecato danno o pericolo di danno all’ambiente prevedono un meccanismo di estinzione della pena, che prima prevede la messa in regola dell’attività in tempi prestabiliti e il successivo pagamento delle sanzioni. Anche questo meccanismo ha dato i suoi frutti: “ha riguardato ben 774 reati, portato alla denuncia di 948 persone e permesso 177 sequestri per un valore di 13,2 milioni di euro”. Di fatto oggi anche se si tratta di “prescrizioni tecniche" delle Arpa e Appa su reati formali è necessario sistemare gli impianti e pagare la sanzione per estinguere il reato.
Ma la legge 68 del 2015 sugli ecoreati non sembra aver portato al momento al risultato più importante, ovvero quello di una maggiore tutela dell’ambiente e un maggior rispetto delle norme che lo tutelano. Anche questa norma, infatti, non sembra essere l’eccezione al “sistema Italia” che si compone nella maggioranza del corpus normativo di norme spesso, confuse, contraddittorie e improduttive. L’Ufficio Massimario della sezione penale della Corte di Cassazione, il cui compito è “l’analisi sistematica della giurisprudenza", non ha bocciato la norma, tuttavia ha ricordato che l’utilizzo nella legge dell’avverbio “abusivamente” per tutti gli ecoreati può creare equivoci. Secondo parte del fronte ambientalista sarebbe un colpo di spugna sul processo Ilva e su tutte quelle condotte che, pur causando inquinamento ambientale, sarebbero coperte dal rilascio di un’autorizzazione a produrlo. “È lecito dubitare della concreta necessità dell’inserimento della clausola” scrive il Massimario e “per la presenza di figure colpose di inquinamento e di disastro ambientale, che potrebbero fungere da catalizzatore, nell’inquadramento della maggior parte dei casi pratici, le condotte verrebbero ritenute perlopiù colpose”. La legge prevede che, nel caso in cui i reati di inquinamento e disastro vengano commessi per colpa (e non per dolo), le pene vengano ridotte da uno a due terzi assieme ai termini di prescrizione.
Tutto è migliorabile, intanto ci teniamo questa legge e i suoi primi risultati tangibili, ricordandoci che per cambiare mentalità, oltre alla certezza del diritto e della pena, occorre accompagnarla con una costante attenzione all’educazione ambientale, un percorso lungo e articolato che gli ambientalisti, compresa Legambiente portano avanti da anni soprattutto con i più giovani.
Alessandro Graziadei
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