In Colombia il seme della pace non è ancora stato definitivamente piantato. Dopo oltre tre anni di trattative all’Avana, il 23 marzo 2016 la firma sull’accordo di pace tra il Governo colombiano guidato da Juan Manuel Santos e le Farc, il principale gruppo guerrigliero colombiano rappresentato dal comandante politico e militare Rodrigo Londoño Echeverri, è saltata. L’accordo che per Human Rights Watch (HRW) era un “patto per l’impunità” e “un groviglio di ambiguità, omissioni e scappatoie” non ha convinto le Farc, che hanno chiesto altro tempo: “Cinquant’anni di guerra non si cancellano con una firma” hanno detto, rimandando sine die la sigla dell’accordo. Ma se in Colombia il seme della pace deve ancora aspettare, altri sono stati già piantati dalla ong Environomica che dal 2015 ha avviato un programma per la riforestazione e il ripristino dei corridoi ecologici della Sierra Nevada de Santa Marta attraverso il coinvolgimento diretto delle comunità locali.
L’organizzazione umanitaria sta tentando di dare una seconda vita ad alcune aree segnate da decenni di sfruttamento e violenza, a lungo disboscate per fare spazio alla produzione di narcotici. Negli anni ’70, nella regione, le prime coltivazioni di marijuana hanno rubato terra alla foresta e in poco tempo l’intera Sierra è diventata una delle maggiori produttrici di marijuana della Colombia, con una distesa di piantagioni che nel 1980, al culmine del boom, producevano 4.500 tonnellate di stupefacenti l’anno. Alla fine degli anni ‘80, sotto lo stretto controllo dei “signori locali”, la coca ha sostituito poco a poco la marijuana, consolidandosi come la fonte principale di fondi illeciti in tutta la regione. I 200.000 morti, quasi 50.000 fra sequestrati e scomparsi e più di 5 milioni di sfollati sono solo alcuni numeri del triste bilancio del narcotraffico colombiano.
Una storia nota. Quella forse meno nota racconta il drammatico costo ambientale che l’impero della droga ha prodotto. Secondo i dati delle Nazioni Unite, nella sola regione della Sierra Nevada de Santa Marta, negli anni del boom dei cartelli colombiani sono stati distrutti una media di 110 ettari di foresta tropicale ogni giorno. L’uso poi di agenti chimici nel processo di trasformazione della foglia di coca ha contaminato irreversibilmente sottosuolo e fonti idriche: si stima siano stati riversati in media 200 litri di sostanze nocive per ogni ettaro di foresta. Nel 2013, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha indentificato la Sierra come un ecosistema tra i più importanti al mondo per la concentrazione di specie minacciate dall’estinzione. In primis quella umana, quella dei capesinos ridotti alla fame e da tempo in cerca di un aiuto nella riqualificazione ecologica della loro terra.
Per permettere alla foresta e ai contadini di tornare a vivere, in un equilibrio sostenibile a livello sia economico che ambientale, sono nati grazie ad Environomica una serie di vivai che puntano a far crescere più di 10.000 alberi l’anno, trattenendo così 900 tonnellate di CO2 utili a proteggere le fonti idriche dell’area e dalle quali dipendono circa 1,5 milioni di persone. La Campagna “Stand4Trees”, pensata per ampliare e sostenere il programma di riqualificazione ecologica della Sierra Nevada, pone inoltre l’accento sulla cooperazione nord-sud e promuove il finanziamento della conservazione forestale attraverso il coinvolgimento diretto dei consumatori e della cittadinanza. “Tutti possono partecipare” ha affermato Michele Galli, co-fondatore e coordinatore di Environomica, “dagli individui alle aziende, dalle scuole ai brand commerciali, alle organizzazioni della società civile. Stand4Trees è stata pensata come un insieme d’iniziative in grado di sensibilizzare settori diversi della società e coinvolgerli in azioni dirette per la conservazione delle risorse naturali”.
Un esempio? L’iniziativa per le adozioni di alberi nella Sierra Nevada che ha incontrato da subito il favore del pubblico, con 1.968 alberi già adottati in poco più di un mese nel 2015. In cosa consiste questa iniziativa? Ogni persona può scegliere di finanziare la semina e la crescita di un albero al costo di 1 euro per albero. Al certificato d’adozione seguono la localizzazione GPS dell’albero piantato e foto del progresso al termine di ogni anno di crescita. “Un’azione semplice ed economica, che sta dando risultati considerevoli”, ha spiegato Galli. “Creare modelli di sviluppo rurale incentrati sulla conservazione degli ecosistemi, è per noi un imperativo generazionale. Se paesi prossimi allo sviluppo come la Colombia non agiscono in tal senso, il costo ambientale che ne deriverà danneggerà tanto la comunità locale quanto quella regionale e globale”. Come per la campagna sostenuta da Unimondo con 1 Fan 1 Albero dal 2010, partecipare a progetti di riforestazione significa costruire un futuro migliore per le economie e il capitale naturale ed umano di domani.
Alessandro Graziadei
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