Nella Siria, prossima ad entrare nell’ottavo anno di guerra, si continua a morire. Si muore per le bombe dei cacciabombardieri americani e dell'artiglieria turca sganciate sull’esercito di Bashar al-Assad, reo di aver provato ad attaccare un quartier generale delle Forze Democratiche siriane e di puntare su Afrin. Si muore per l’offensiva turca contro le Unità di Protezione Popolare, le Ypg curde dell’enclave di Afrin, che ormai da settimane si vedono cadere in testa tonnellate di bombe e dove secondo il quotidiano britannico The Indipendent “la Turchia sta reclutando e riqualificando ex combattenti Isis per fare da terra il lavoro sporco”. Si muore per mano di mercenari russi, mentre Sergej Lavrov va ricordando al mondo che i militari Usa in Siria sono una “presenza illegale” e che, con la scusa di "combattere" quel che resta di Isis, puntano a prendersi i pozzi di petrolio con un pezzo di Paese. Si muore per i bombardamenti dei governativi con centinaia di civili uccisi nelle scorse settimane e si muore per i raid aerei quasi quotidiani di Israele, che qui è in aperto scontro col regime di Damasco e con l’Iran. Così dopo una guerra civile e una contro lo Stato islamico, i conflitti siriani ormai non si contano più e i suoi morti fanno commuovere, forse perché non hanno provato a salvarsi migrando.
Secondo Henrietta H. Fore, direttore generale dell’Unicef, “Secondo le notizie che ci arrivano dai nostri osservatori sul posto, bambini e minori sono le principali vittime di una guerra che si fa sempre più cruente in diverse parti della Siria”, tanto che nel solo gennaio sono 60 i bambini uccisi e numerosi altri sono morti e feriti a causa dei combattimenti di questi giorni nel Ghouta orientale, ma anche a Damasco, Idlib e ad Afrin. Nella zona del Ghouta orientale in particolare “La situazione dei bambini è terribile, 120 di loro gravemente malati o feriti attendono ancora di essere evacuati per ragioni sanitarie”. Per l’Unicef quattro anni di assedio hanno portato al collasso quest’area della Siria, facendo piazza pulita dei servizi sanitari e di base fondamentali per la sopravvivenza e la crescita dei bambini. Il risultato sono tassi di malnutrizione cresciuti di cinque volte rispetto ai primi anni di guerra in un’area dove si concentra il 95% della popolazione sotto assedio di tutta la Siria. “Attualemnte la capacità di risposta delle organizzazioni umanitarie è drammaticamente limitata dall'impossibilità di raggiungere la popolazione. L’ultimo convoglio delle Nazioni Unite a cui è stato permesso di entrare a Ghouta risale ormai al novembre 2017” ha spiegato l’Unicef. Per l'Agenzia poi, quello che sta accadendo con i bombardamenti di questi giorni con centinaia di morti e altri 70 bambini uccisi, è da comunicato in bianco.
Ma la stazione umanitaria è particolarmente critica anche in altri centri a sud della città di Idlib, che attualmente sono sotto pesanti bombardamenti aerei e da dove nelle ultime settimane circa 250.000 persone sono state sfollate a causa dei combattimenti. Nella notte tra l'1 e il 2 febbraio, una stazione di pompaggio dell’acqua a Kafr Omeim, è stata bombardata e messa fuori uso. La stazione erogava acqua per 18.000 abitanti ed era stata mesa in funzione proprio dall’Unicef. Il 4 febbraio invece è stato bombardato e messo fuori uso l’ospedale di Ma'arrat al-Nu'man, facendo registrare morti e feriti tra i pazienti e il personale sanitario oltre alla distruzione della preziosissima “banca del sangue”. Intanto il 2 febbraio a Jdedet al-Fadel, nella regione rurale intorno a Damasco un residuato bellico è esploso nel cortile di una scuola mentre gli alunni giocavano a pallone. L’esplosione ha ucciso un bambino e ne ha gravemente feriti altri otto. Alcuni di loro sono ancora in condizioni critiche.
Come se non bastasse dal 20 gennaio, l’acuirsi dei combattimenti tra esercito turco e miliziani curdi nel nord della Siria ha spinto circa 15.000 civili ad abbandonare le aree rurali e a cercare rifugio nella città di Afrin, dove 48.000 studenti non possono più frequentare le lezioni perché le scuole sono state adibiti a rifugio per gli sfollati. Il 5 febbraio un bambino è rimasto ucciso e altre 6 persone sono state gravemente ferite quando un veicolo che trasportava civili è stato colpito nella città di Azaz. Alcune organizzazioni partner di Unicef hanno fatto ripartire delle attività ricreative e di prevenzione dei pericoli delle mine nel campo per sfollati di Robar, ma l’accesso umanitario nella zona rimane molto difficoltoso al pari di quanto accade nella regione rurale di Aleppo dove l’Unicef e le organizzazioni partner continuano ad assistere la popolazione fuggita da Idlib in 10 campi per sfollati, con attività ricreative, di supporto psicosociale e formazione sui rischi connessi alle mine. La situazione non va tanto meglio per chi è riuscito a scappare. Secondo i dati diffusi a dicembre dall’Unhcr, “dei poco più di 1 milione di rifugiati siriani in Libano circa 360.000 vivono nella valle della Bekaa in condizioni rese critiche dal sovraffollamento e da un inverno molto rigido”. Qui la situazione sanitaria, soprattutto infantile, per la ong libanese Beyond “è al limite della sopravvivenza”.
I bambini della Siria continuano, quindi, a subire la guerra nel generale disinteresse per la protezione, la sicurezza e il loro benessere psicofisico. Per questo l'Unicef, che è riuscito a ripristinare alcuni aiuti attraverso la frontiera turca verso Idlib solo il 31 gennaio, ha chiesto un’immediata cessazione delle ostilità in Siria: “La protezione dei bambini deve essere prioritaria in ogni momento. Le scuole, gli ospedali e i parchi giochi dovrebbero essere luoghi sicuri, mai obiettivi di attacchi. I bambini, ovunque essi siano in Siria, devono avere accesso all’assistenza sanitaria”. Similmente l’evacuazione di bambini malati o feriti dalle aree ancora sotto assedio “dovrebbe essere scontata e non dipendere da complicati sforzi di contrattazione”. Un appello fino ad ora ignorato da tutte le forze in campo. Non stupisce, quindi, sapere da Save the Children e il rapporto Guerra ai bambini presentato il 21 febbraio che nel mondo "tra il 2005 e il 2016, oltre 73.000 sono i minori uccisi o mutilati; circa 50.000 costretti a unirsi a gruppi o forze armate; 17.500 casi verificati di stupri e violenze sessuali contro i bambini; oltre 14.000 casi di rapimenti e sequestri e più di 15.000 attacchi contro scuole e ospedali. Nel mondo, 27 milioni di minori tagliati fuori dall’educazione a causa dei conflitti". La Siria è oggi solo l'esempio più eclatante di una diffusa negazione dell'infanzia.
Alessandro Graziadei
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