Good morning Vietnam? Non proprio! Negli ultimi mesi molti attivisti sono stati gli obbiettivi di una campagna governativa contro il dissenso che ha portato oltre 100 prigionieri politici e di coscienza in carcere, solo per aver esercitato i loro diritti civili fondamentali. A quanto pare sono all’ordine del giorno, da maggio scorso, intimidazioni, pedinamenti, interrogatori e spesso lunghi periodi di detenzione preventiva, senza la possibilità di incontrare avvocati e familiari, per tutti coloro che più o meno pubblicamente sollevano il problema dei diritti umani e della tutela ambientale, settori che al momento Hanoi considera “propaganda contro lo Stato”. Non stupisce quindi, anche se allarma, sapere che tra il 31 gennaio e il 6 febbraio Vũ Quang Thuận, Nguyễn Văn Điển, Trần Hoàng Phúc, Hồ Văn Hải e Hoậng Dúc Binh, cinque attivisti per i diritti umani e ambientali sono stati condannati ad un totale di 38 anni di carcere e 15 di arresti domiciliari dal Tribunale del popolo di Hanoi per “aver abusato della libertà democratica in contrasto con gli interessi dello Stato” e aver “opposto resistenza ad ufficiali in servizio”.
Per molte ong ed associazioni della società civile vietnamita la situazione, però, non corrisponde alle sentenze dal Tribunale di Hanoi. Vũ Quang Thuận e Nguyễn Văn Điển hanno svolto insieme diverse attività in favore dei diritti dei lavoratori vietnamiti emigrati in Malaysia e dato vita ad alcune proteste ambientaliste culminate con la pubblicazione su internet di 17 video che criticavano l’operato del Governo. Solo per questo entrambi sono stati arrestati il 2 marzo 2017: Vũ Quang Thuận ha ricevuto una condanna ad otto anni di carcere e cinque di arresti domiciliari, mentre per Nguyễn Văn Điển il verdetto è stato di sei anni e mezzo di reclusione e altri quattro da scontare nella propria abitazione. Una sentenza simile a quella che è stata emessa per il 23enne Trần Hoàng Phúc, uno studente di Legge all’Università di Ho Chi Minh City, membro della Youth Southeast Asian Leaders Initiative (Yseali) e colpevole di aver preso parte a numerose attività sociali, prestando assistenza alle vittime delle inondazioni nel Vietnam centrale e contribuendo alle iniziative per i diritti umani organizzate dai padri redentoristi a Ho Chi Minh City.
Come se non bastasse Trần Hoàng è stato uno degli organizzatori delle proteste seguite al disastro ambientale causato dalla Formosa Plastic Group, una compagnia siderurgica taiwanese, che nell’aprile del 2016 ha sversato ogni giorno 12mila metri cubi di liquido tossico nelle acque della costa centrale del Vietnam causando la morte di 70 tonnellate di pesce e mettendo in ginocchio l’economia ittica della zona. In principio la Formosa Plastic Group aveva negato ogni responsabilità, affermando di aver speso 45 milioni di dollari per ammodernare i sistemi di riciclo dell’acqua negli impianti, ma grazie alle manifestazioni e alla pressione dell’opinione pubblica il capo dell’ufficio governativo Mai Tien Dung ha rassicurato la popolazione sostenendo che il gruppo pagherà 500 milioni di dollari per rimediare ai danni provocati all’ambiente e agli abitanti. Intanto però il 29 giugno 2017 la polizia ha arrestato Trần Hoàng per aver pubblicato on line documenti inerenti alla vicenda ritenuti “lesivi per lo Stato della Repubblica socialista del Vietnam”, reato per cui è stato adesso condannato a sei anni di prigione e a due di domiciliari.
Sempre la stessa accusa di “propaganda contro lo Stato” è costata all’ex medico Hồ Văn Hải, di 52 anni, una condanna a quattro anni di carcere e due di arresti domiciliari. Hồ Văn fondatore di un programma di borse di studio nei Paesi occidentali e promotore di numerose iniziativa a favore dell’educazione e della tutela ambientale, sui suoi blog e sui suoi social ha pubblicato numerosi documenti e articoli di denuncia contro il malfunzionamento e la corruzione del governo di Hanoi. Per il quotidiano governativo Người Lao Động (Giornale dei lavoratori), il tribunale ha accusato Hồ Văn Hải anche di aver “invitato persone alle manifestazioni contro la Formosa Group e a manifestazioni di disobbedienza civile, contravvenendo alla politiche e ai piani del Partito comunista”. Una sorte simile a quella di Hoậng Dúc Binh, un importante blogger dissidente in carcere dallo scorso 15 maggio e condannato a 14 anni di reclusione sempre per aver organizzato le proteste seguite all’inadeguata risposta del Governo al disastro ecologico causato dalla Formosa Plastics Group e accusato di aver fatto parte di un gruppo di protesta contro l’occupazione cinese delle isole del Mar Cinese meridionale.
La condanna di Binh è una delle sentenze più dure mai emesse dalle autorità vietnamite nei confronti di un attivista e sembra suonare come un avvertimento anche per tutta la comunità cattolica del Paese, che ha appoggiato molte delle proteste in favore dei diritti umani e dell’ambiente, pagando questo impegno con delle dure condanne emesse all’indirizzo di molti altri attivisti cattolici, come dimostrano i recenti casi di Nguyễn Văn Oai condannato a cinque anni di carcere, Trần Thị Nga che ne dovrà scontare nove, Nguyễn Ngọc Như Quỳnh in carcere per i prossimi 10 anni e Nguyễn Văn Hóa che ne sta scontando sette.
Alessandro Graziadei
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