Fumo, cannabis, alcolici e la costante crescita del gioco d’azzardo sono le principali dipendenze che coinvolgono giovani e giovanissimi secondo i dati dell’approfondimento “A Scuola di Salute” curato dal professor Alberto Ugazio dell’Ospedale pediatrico per la Salute del Bambino e dell’Adolescente Bambino Gesù di Roma. I dati ci raccontano che il 16% fuma sigarette fino al compimento dei 24 anni, il 19% ha consumato cannabis nell’arco dell’ultimo anno, il 20% dei giovani tra i 15 e i 34 anni beve frequentemente alcolici e il 49% degli adolescenti tra i 14 e i 19 anni gioca d’azzardo almeno una volta all’anno. Genitori e insegnanti dovrebbero mettere al corrente i ragazzi sui rischi delle dipendenze, ma spesso sono impreparati ad affrontare il problema, soprattutto quando questo è relativamente recente e registra dati allarmanti come nel caso dell’azzardo, che arruola tra i frequentatori delle agenzie di scommesse italiane il 20% dei ragazzi tra i 10 e i 17 anni.
Secondo l’Osservatorio Nazionale sulla Salute dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in Italia il 25% dei più piccoli (di età compresa tra i 7 e i 9 anni) usa la propria “paghetta” per lotterie e gratta e vinci, spesso emulando le abitudini dei genitori. In molti di questi casi il gioco può diventare un pericolo e i ragazzi rischiano di non sviluppare la capacità di stabilire e rispettare un determinato limite di tempo e denaro da impiegare in questo "gioco". “Tra i segnali indicatori da osservare nei ragazzi troviamo l’interesse continuo per il gioco d’azzardo, il disinteresse verso attività scolastiche e ricreative alternative, frequenti assenze ingiustificate da scuola, disturbi del sonno e furti in casa. In questo caso l’attenzione e il controllo da parte della famiglia è fondamentale” hanno spiegato i medici del Bambino Gesù. In generale i sintomi su cui si basa ogni forma di dipendenza, compresa quella da gioco, sono facili da individuare: “il desiderio improvviso di giocare, l’astinenza (irrequietezza con sintomi fisici e psicologici se non si riesce a giocare) e la tolleranza, intesa come un aumento progressivo del tempo di gioco”.
La perdita del senso di realtà e il ritiro sociale sono le prime conseguenze pericolose causate dall’assorbimento nei mondi virtuali come quello dell’azzardo, un fenomeno che in Italia, a quanto pare, non sta contagiando solo i più giovani. Il crescente volume di affari del settore dell’”azzardo legale” o del così detto “gioco pubblico” è sempre più intergenerazionale e se nel 2016 contava su un fatturato di 97 miliardi, nel 2017 ha registrato il superamento della cosiddetta quota-cento, arrivando a raccogliere guadagni per 102 miliardi di euro. Si tratta di un settore in continua espansione, mai seriamente ostacolato della politica nazionale, visto che lo Stato ha ricavato 9 miliardi di euro da questa business nel solo 2017. Così, nonostante gli allarmi lanciati della società civile che da anni sta tentando di limitare i danni alla salute di singoli cittadini e intere comunità e le prime vittorie come l’intesa unanime nella Conferenza Unificata Stato, Regioni ed Autonomie locali su un nuovo documento sottoscritto lo scorso settembre con alcune proposte utili a ridurre i rischi di dipendenza dal gioco d’azzardo, in realtà le multinazionali concessionarie di Stato per l’azzardo si sono dimostrate in grado di riorganizzare le proprie strategie di profitto, riadattandole sempre ai nuovi scenari politici.
Il risultato è che l’azzardo non solo sta mantenendo, ma addirittura incrementando le occasioni di business. Un esempio su tutti è stato il decreto per il terremoto dell'Abruzzo che ha introdotto una serie di nuove possibilità per permettere allo Stato di fare cassa per ricostruire l’Abruzzo con gli introiti derivati dalle tasse sull’azzardo. Per ora l'Abruzzo si trova ancora come nel 2009 e nel frattempo gli italiani hanno iniziato a giocare sempre di più diventando un costo sociale e sanitario destinato a gravare sul futuro del welfare italiano. Che fare? In attesa delle decisioni del prossimo Governo i limiti all’azzardo arrivano per ora dal “basso”, come nel caso dell’ultimo provvedimento in ordine di tempo adottato dal Comune di Brescia. Dal 12 marzo scorso, infatti, slot machine e videolottery dovranno essere spente dalle 7.30 alle 9.30, dalle 12.00 alle 14.00 e dalle 19.00 alle 21.00. In queste fasce orarie, sul modello di quanto già adottato dal Comune di Bergamo, e come si spera venga approvato al più presto anche in altri 14 Comuni dell'hinterland milanese, i gestori di bar e sale giochi dovranno bloccare le slot negli orari stabiliti, creando una fascia geografica omogenea di contrasto all'azzardo di massa. Il rischio per i trasgressori è incorrere in una sanzione da 450 euro e nel blocco della macchinetta mangiasoldi nel caso di reiterazione dell'illecito. “Siamo consapevoli che intervenire sulle macchinette è solo una metà del cielo, perché molto altro deriva dai gratta&vinci e dai giochi online, ma abbiamo voluto dare un segnale chiaro alle preoccupazioni del territorio” ha spiegasto l’assessore Valter Muchetti.
Per il Sindaco di Brescia Emilio Del Bono questa ordinanza non è stata una scelta improvvisata o propagandistica, “ma il risultato di un percorso che parte da lontano e che è stato condiviso con gli operatori sociali”, visto che secondo uno studio condotto dal Comune in base ai dati dei Monopoli di Stato, nonostante la diminuzione del gioco d’azzardo pari al 15,3% registrato a Brescia tra il 2013 e il 2016 e nonostante il calo consistente anche degli esercizi autorizzati che nello stesso periodo sono passati da 558 a 382, “i livelli di spreco del denaro in azzardo da parte dei bresciani sono rimasti altissimi”. Da qui la necessità di intervenire almeno a livello locale su una piaga che sempre più si collega con i fenomeni di indebitamento, usura e salute pubblica, in attesa di una sempre più urgente revisione della logica interna al sistema di azzardo fino ad oggi sempre legittimato dalla politica nazionale. Fino a quando però non si alzerà la soglia della riflessione critica attorno a questo problema sociale e sanitario, la tendenza non potrà essere invertita, ma al massimo tamponata dalla politica locale e dalla società civile come è accaduto nel Primiero in provincia di Trento.
Alessandro Graziadei
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