Secondo quanto riporta l’European Drug Report 2018 pubblicato lo scorso giugno (anche nella versione italiana) dall’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA), il vecchio continente sembra tornare ad attraversare una fase particolarmente dinamica, sia dal punto di vista dell’offerta che della domanda di droghe. I dati disponibili suggeriscono che la disponibilità di stupefacenti è sempre più elevata e in alcune aree persino in aumento grazie ai progressi tecnologici che facilitano lo sviluppo del mercato, collegando i produttori e i consumatori europei ai mercati mondiali attraverso il web e soprattutto il dark web. Nel contesto globale, quindi, i paesi dell’Unione europea sono un mercato sempre più importante per le droghe, alimentato sia dalla produzione interna, sia dall’importazione illecita da altre regioni di un numero sempre più vasto e variegato di sostanze.
Accanto alla cannabis, infatti, la sostanza più utilizzata e il cui consumo appare da anni stabile, l’EMCDDA registra la diffusione di nuove droghe molto più pericolose: “tra le sostanze maggiormente presenti emergono gli oppiacei sintetici, [da cento a duecento volte più potenti dell’eroina, negli Stati Uniti provocano 30 mila morti l’anno] i cannabinoidi sintetici e i catinoni sintetici”, mentre “per quanto riguarda cocaina ed eroina, i dati globali suggeriscono che la produzione è in aumento per entrambe le sostanze”, con conseguenze allarmanti visto che dopo un decennio di calo costante, “sono tornate a crescere le morti di overdose”. Secondo i dati raccolti da geoverdose.it, un progetto della Società italiana tossicodipendenze, nel 2017 il consumo di eroina è salito del 9,7% ed ha causato 148 morti, mentre sono già 138 le persone decedute nel 2018, almeno fino allo scorso mese di novembre. La cifra negli ultimi 3 anni è costantemente aumentata, ma non muoiono più solo i "vecchi eroinomani", adesso muoiono i ragazzini, gli adolescenti che non hanno memoria storica della devastazione sociale degli anni Settanta e Ottanta.
Le Nazioni unite stimano che nel 2016 la produzione globale di oppio sia aumentata di oltre il 30%, toccando le 6.500 tonnellate, da cui sarebbero state ricavate circa 450 tonnellate di eroina. Una super produzione, che arriva soprattutto dall’Afghanistan, e dopo aver fatto danni lì, incombe sui mercati europei e americani dove gli oppiacei (soprattutto “fentanili”), venduti come analgesici, hanno creato una base di dipendenza che sta provocando la più vasta epidemia di eroina della storia. A Milano, nel 2017, un uomo è morto per overdose da “ocfentanil”, un segnale che ha allarmato la Direzione centrale per i Servizi antidroga (Dcsa) che ha richiesto un approfondimento per valutare se, come accaduto in altre parti del mondo, nell’aumento di overdose mortali possa aver giocato un ruolo determinante la circolazione di eroina mescolata con sostanze sintetiche, come il fentanil. Un chilo di fentanil, al mercato nero cinese, costa 5 mila dollari, ma tagliare l’eroina con questi oppiacei sintetici può moltiplicare, con i guadagni dei trafficanti, anche il rischio di morte dei tossicodipendenti.
Tuttavia per Riccardo Gatti, direttore dell’Area penale e penitenziaria del Servizio dipendenze di Asst Santi Paolo e Carlo, che a Milano gestisce i Sert dentro le tre carceri di Bollate, Opera, San Vittore e il presidio stabile degli assistenti sociali in Tribunale, “La droga non è mai solo un problema di droga” e “avere un mercato di stupefacenti a cielo aperto, visibile a tutti e nel cuore di un quartiere, offre altre possibilità di guadagno che non hanno a che fare solo con spaccio e traffico, ma condizionano aspetti che vanno dall'apertura degli esercizi commerciali al prezzo delle case, influenzando così il mercato immobiliare". Il caso di Rogoredo a Milano è emblematico. Come ha dichiarato a Redattore Sociale lo stesso Gatti, “Rogoredo è periferia, ma c'è una stazione dell’Alta Velocità, la sede di Sky, il quartiere Santa Giulia di recente edificazione e l’idea di costruire un centro per le Olimpiadi: si potrebbe vendere la stessa sostanza con meno rischi e in maniera meno evidente, per esempio con i ragazzi in motorino e invece si preferisce creare il fortino”. Come mai? “Serve a costruire un parco clienti solido e il denaro ricavato che mantiene in vita il franchising della droga offre la possibilità di mettere le mani su porzioni sempre più ampie di città e di clienti”. Vendere come a Rogaredo le sostanze sottocosto, a cinque-dieci euro a dose, non offre quindi guadagni immediati, ma permette la conquista del territorio, è questo il significato di zone di spaccio così evidenti, come accade anche in altre città di Italia.
Appare chiaro che chi decide queste strategie non è il piccolo spacciatore, ma chi gestisce lo spaccio su larga scala. Per questo la “La guerra alla droga” non deve limitarsi ad un problema di legalità e sicurezza, smantellando solo il legame indissolubile fra tossicodipendenza e criminalità in un luogo specifico. Certo occorre fare anche questo, ma sono necessarie “più operazioni strategiche per ottenere risultati visibili e di lungo periodo". Per Gatti siamo davanti ad un “problema di governo dell’azione a livello di Paese e si può affrontare mettendo insieme teste che si occupano di sicurezza, ma anche di analisi di mercato, di politica internazionale, organizzazione urbana, problemi sociali e terapia della dipendenza”. Un invito che a volte fa a pugni con i livelli del dibattito politico. “Su Rogoredo - per esempio ha concluso Gatti - si stanno dicendo due cose opposte: costruire il muro, chiudere la piazza di spaccio con una prova muscolare e ripulire l'area. Contemporaneamente si discute se metterci un presidio medico e sanitario permanente per seguire i tossicodipendenti. Le due cose non possono stare assieme, perché se lo spaccio se ne va, il presidio non serve a nulla”.
Alessandro Graziadei
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