È difficile trovare qualcosa di allergenico come l’ambrosia comune (Ambrosia artemisiifolia) una pianta invasiva proveniente dal Nord America che ha colonizzato l’Europa, l’Asia e come ha rilevato la Fondazione Edmund Mach, anche una parte del Trentino. Paradossalmente la speranza di ridurre il suo enorme potenziale allergico arriva da un’altra specie aliena: il coleottero Ophraella communa. Questa battaglia tra alieni, secondo lo studio “Biological weed control to relieve millions of allergy sufferers in Europe”, pubblicato lo scorso mese su Nature Communications da un team internazionale di ricercatori, “potrebbe alleviare l’allergia di più di due milioni di persone in tutta Europa”. Ma come? Questo scarabeo, anche lui nordamericano come l’ambrosia, è arrivato in Europa probabilmente come effetto collaterale della globalizzazione delle merci nel 2013, ma a differenza di altre specie aliene non sembra avere impatti negativi sulla flora e la fauna autoctone, anzi. La sua virtù più evidente è quella di nutrirsi principalmente del polline altamente allergico dell’ambrosia comune, un polline capace di rende questa pianta infestante uno dei principali fattori scatenanti della febbre da fieno, dell’irritazione degli occhi e di reazioni allergiche come l’eczema o l’asma.
Lo studio del Center for Agriculture and Bioscience International (CABI), realizzato con il supporto dell’Université de Fribourg, ha analizzato non solo l’impatto della presenza di questo piccolo scarabeo di 4 millimetri sulla proliferazione dell’ambrosia, ma ha anche quantificato le sue ricadute positive sulla diminuzione dei costi sanitari a livello europeo. Secondo il team di ricercatori internazionali “Circa 13,5 milioni di europei hanno sofferto di allergie indotte dall’ambrosia prima della comparsa dello scarabeo in Europa”, dove la pianta è considerata invasiva in oltre 30 paesi e dove la sua diffusione è probabile aumenti con l’aumento delle temperature causate dai cambiamenti climatici. Per Heinz Müller-Schärer, che insegna ecologia ed evoluzione nell’Università di Friburgo, le conseguenze economiche dell’ambrosia sono state finora ampiamente sottovalutate: “Questa pianta invasiva ha prodotto costi considerevoli sulla salute pubblica in Europa, circa 7,4 miliardi di euro all’anno. Tuttavia, grazie all’Ophraella, questo dato potrebbe cambiare. I nostri calcoli consentono di contare su una riduzione dei costi annuali di 1,1 miliardi di euro”.
Insomma più lo scarabeo si diffonde, più si notano gli effetti benefici sulla salute delle persone e sui conti dei sistemi sanitari europei, che mai come adesso, in piena emergenza Covid-19, sono messi a dura prova. Ma non era affatto scontato che da questa battaglia aliena ne uscisse qualcosa di positivo. Secondo Müller-Schärer siamo stati solo fortunati, perché “All’inizio, noi ricercatori eravamo i primi a non essere sicuri se lo scarabeo fosse utile o dannoso” (come nel caso della cimice asiatica). Anche per questo in futuro è necessario che “i politici e le autorità comprendano in modo preciso le conseguenze della presenza di specie invasive sulla salute umana. Questo è l’unico modo per garantire la mobilitazione di risorse adeguate, il coordinamento e l’attuazione delle migliori misure di controllo di queste specie” ha concluso Müller-Schärer. Un monito che riguarda da vicino anche le amministrazioni chiamate a tutelare l’arco Alpino.
Alessandro Graziadei
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