Per mesi davanti al Covid-19 le priorità sono state altre, a cominciare da quella sanitaria, che conta migliaia di morti, seguita da quella economica, che ha paralizzato un intero paese lasciandolo nell’incertezza. Adesso si prova a ripartire, e il pensiero corre al mare e ad un settore, quello turistico e ricettivo, che più di altri ha fatto e dovrà fare i conti con le conseguenze di questo Coronavirsu. Non sappiamo ancora con certezza cosa ne sarà della prossima stagione balneare nel Belpaese, ma possiamo immaginarla più sostenibile, visto che i Comuni dovranno organizzarsi per definire le modalità di fruizione delle spiagge libere e andrà garantito un accesso e un utilizzo sicuro anche con la riduzione del numero dei bagnanti. L’adattamento ad un turismo più locale e più distanziato, non sarà facile, per questo è opportuno ragionarci attentamente, definendo da ora, spiaggia per spiaggia, le misure che andranno adottate e, soprattutto, le capacità di carico di ogni singola spiaggia, per prevenire pericolosi affollamenti”. Legambiente si è detta pronta ad affiancare le amministrazioni locali “nella predisposizione di un piano di gestione delle spiagge libere, pianificando insieme agli enti locali una strategia per affrontare al meglio una stagione che sarà improntata alla logica di distanziamento sociale che abbiamo ormai imparato a praticare”.
Se su lunghi tratti di costa privati il rispetto delle regole spetterà al titolare della concessione, più complicato sarà ottemperare agli obblighi di legge sulle spiagge libere. Secondo la ong qui si gioca una partita molto importante per il futuro delle nostre coste: “È chiaro che ci si sta addentrando in un territorio poco praticato, ma la situazione attuale paradossalmente è la migliore perché i Comuni litoranei affrontino finalmente la gestione del più prezioso del loro bene comune”. Una sfida che Legambiente intende raccogliere per difendere le spiagge pubbliche anche da chi ha colto l’occasione della pandemia per chiede di ampliare la quota di spiagge in concessione, perché su queste sarebbe più facile il rispetto delle regole e le misure di sanificazione. Per gli ambientalisti del Cigno Verde, invece “Il tratto di demanio costiero libero da concessioni è una risorsa straordinaria per il nostro Paese, sia dal punto di vista ambientale, che da quello sociale e come tale ne va garantito l’utilizzo tanto più in un periodo, come l’attuale, in cui bisognerà soddisfare il bisogno di svago in un contesto di grave crisi economica”.
Secondo quanto ha dichiarato nelle scorse settimane Sebastiano Venneri, responsabile turismo di Legambiente, “In attesa di capire meglio quali misure verranno disposte dall’amministrazione centrale per quanti vorranno andare al mare, è utile offrire il proprio supporto ai Comuni costieri per pianificare insieme una strategia per affrontare la stagione. Pensare di cedere a privati spazi di litorale libero in cambio di sorveglianza e controllo delle regole o, addirittura, ipotizzare la chiusura delle spiagge libere perché non si è in grado di assicurarne una corretta fruizione, sarebbe una resa, una presa d’atto che il pubblico non è in grado di gestire il bene comune”. Per Venneri al contrario “Occorre sfruttare questa straordinaria occasione proprio per ristabilire la naturale connessione fra pubblico e gestione del bene comune. È questo il momento perché i Comuni ritrovino quel rapporto di confidenza con il proprio territorio, si riapproprino di luoghi troppo spesso dati per scontati e abbandonati a una fruizione anarchica sui quali si interveniva solo per pulizie estemporanee o controlli polizieschi”.
Insomma, se non ora, quando? Quest’estate di distanziamento sociale potrebbe essere l’occasione ideale per coniugare due aspetti, quello sanitario e quello ambientale, adottando provvedimenti che possano diventare pratica diffusa e permanente, visto che molte disposizioni sanitarie, a partire dalla riduzione del numero dei bagnanti, ben si conciliano con misure di limitazione dell’impatto ambientale sulle spiagge. Adesso alle amministrazioni, se vorranno anche grazie alle competenze di Legambiente, spetta un importante lavoro. Per l’ong occorre cominciare a “definire i limiti di carico antropico di ciascuna spiaggia; preparare i materiali informativi con le giuste disposizioni da adottare; distribuire sacchetti per il recupero della plastica abbandonata in spiaggia; predisporre luoghi di sanificazione in prossimità delle spiagge (serbatoi con acqua e disinfettante); definire adeguati piani di mobilità con aree di parcheggio controllate e a numero chiuso che filtrino e regolamentino il flusso di bagnanti alle spiagge; individuare volontari, pro loco, protezione civile, ausiliari… a cui affidare il controllo delle presenze in spiaggia superate le quali si possano attivare le forze dell’ordine per vietare l’ingresso alle stesse; adottare pratiche di delimitazione e prenotazione degli spazi alla stregua di quanto fatto in altre situazioni facendo ricorso anche ad app di prenotazione”.
Tuttavia, nonostante tutte queste disposizioni e la plausibile riduzione del numero dei bagnanti, occorre preservare tutti i litorali da una possibile “invasione umana”, poco compatibile con le abitudini di alcune specie animali. Se per Legambiente occorrerà “segnalare l’eventuale individuazione di tracce di ovodeposizione di tartarughe marine” per l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) occorrerà presidiare “Quelle spiagge non disturbate, necessarie alla riproduzione di uccelli”, ma anche “gli eventi di nidificazione in spiagge normalmente non utilizzate dagli animali a causa del disturbo causato dall’uomo”. L’Ispra, infatti, ha fatto notare come “La presenza di numeri anomali di coppie nidificanti in aree non soggette a formale tutela potrebbe determinare gravi conseguenze sul successo riproduttivo in tutti i casi di insediamento avvenuti in condizioni inconsuete durante il periodo di lockdown”. Un concreto rischio soprattutto nel caso in cui la ripresa estiva delle attività umane, con il conseguentemente aumento del disturbo negli ambienti costieri, avvenga in maniera troppo repentina o senza una forma di attento monitoraggio. Per l’Ispra è fondamentale che le amministrazioni locali affianchino alle attività di pulizia delle spiagge “Un sistema di protezione delle nidificazioni in atto, e una forma di interazione diretta tra i rilevatori e le Amministrazioni/Ditte impegnate nei lavori”. Più che una nuova limitazione alle nostre libertà, una forma di civiltà, per tutelare il nostro patrimonio di biodiversità, la cifra ideale per il rilancio post Covid-19 di un turismo responsabile anche nel Belpaese.
Alessandro Graziadei
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