domenica 13 giugno 2021

Cosa resterà della “Fukushima mineraria” brasiliana?

 

Il disastro minerario della Samarco di Bento Rodrigues, nello stato brasiliano del Minas Gerais, paragonato da molti alla tragedia nucleare di Fukushima Daiichiè stato sicuramente il più grande disastro minerario del Brasile, e probabilmente del mondo. I fanghi tossici riversati nell’ambiente quel 5 novembre del 2015 per il crollo delle due dighe minerarie sono due volte e mezzo quelli della tragedia della miniera canadese di Mount Polley, nella Columbia Britannica, avvenuta il 4 agosto del 2014. La tragedia causata dall’incuria della Samarco ha, infatti, prodotto un’ondata di 62 milioni di metri cubi di fanghi tossici che dopo aver ucciso 32 persone, ha inquinato le acque e gli habitat naturali del Rio Doce e dei suoi affluenti e ha poi raggiunto l’Atlantico e contaminato il mare di Espirito Santo. I danni all’ecosistema dureranno per i prossimi 100 anni e non è semplice capire quali saranno le conseguenze a lungo termine per l'acqua potabile, l'agricoltura, la biodiversità e anche per l’oceano. Ci ha provato il rapporto  “Abordagens fonte-mar e de paisagem: integração da qualidade da água e conservação da biodiversidade na restauração da bacia do Rio Doce” pubblicato in aprile dal Rio Doce Panel dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN) che per tentare di contenere le conseguenze di questa “Fukushima mineraria” raccomanda per la bonifica “L’adozione di un approccio più integrato per l’intero spartiacque del Rio Doce – dalla sorgente del fiume all’oceano – per ripristinarne la biodiversità e la qualità dell’acqua influenzata dal crollo della diga e tutelare le esigenze della popolazione locale”. 


Il rapporto dello IUCN elaborato da esperti nazionali e internazionali che riuniscono diverse competenze tecniche, qualifiche accademiche e conoscenze locali, ha esaminato nel dettaglio lo stato attuale situazione nel bacino del Rio Doce, fornendo dati e informazioni sulla qualità chimica e biologica dell’acqua e una panoramica della biodiversità terrestre, d’acqua dolce e marina. Per la principale autrice del rapporto, la brasiliana Maria Cecília Wey de Brito, esperta in gestione di territorio e biodiversità “Nel rapporto, il gruppo di esperti scientifici ha cercato di affrontare le problematiche della qualità dell’acqua e della conservazione della biodiversità in modo integrato facendo di questo aspetto un elemento vitale per il processo di ripristino. Non c’è modo di guardare il fiume senza guardare tutti i suoi elementi, alle sue relazioni e a dove scorre”. Per questo è importante che la Fundação Renova, l’ente responsabile dell’attuazione dei programmi di ripristino del bacino, “Adotti misure che contribuiscano a una migliore comprensione delle loro interazioni, della conservazione e del recupero a lungo termine della regione”. L’analisi rileva a quasi 6 anni di distanza che “Nonostante i miglioramenti registrati, la qualità dell’acqua in diverse aree dello spartiacque del Rio Doce e nei sedimenti nelle aree dell’estuario destano ancora molte preoccupazioni. Gli studi dimostrano che le condizioni attuali sono ancora in grado di compromettere la ricchezza e la diversità del biota acquatico”.


Insomma, se le azioni di bonifica della Fundação Renova non prenderanno in considerazione l’intero areale del bacino, compresi i suoi delta, estuari, zone costiere e l’oceano aperto, i risultati della bonifica saranno insignificanti. È inoltre fondamentale tenere in considerazione i processi che avvengono lungo l’asta fluviale e riflettere sulle caratteristiche sociali, economiche, culturali e ambientali dell’intero bacino. Per la de Brito “Ampliare la comprensione delle diverse interazioni tra la qualità dell’acqua e la biodiversità aiuterebbe a identificare e dare la priorità ai problemi più critici. Inoltre, indirizzerebbe meglio gli sforzi e gli investimenti a medio e lungo termine, apportando benefici immediati per lo sviluppo economico sostenibile e il ripristino degli ecosistemi”. Secondo un altro degli autori del rapporto, Francisco Barbosa, specialista in ecologia e limnologia dell’acqua dolce, “La proposta di adozione di approcci dalla sorgente al mare e al territorio trasformerà i dati raccolti in azioni concrete. Sebbene la Fundação Renova abbia raccolto molte informazioni, è impossibile analizzarle tutte in una volta. Tuttavia, l’utilizzo di un approccio dalla sorgente al mare, integrato con una visione del territorio, può aiutare a stabilire le priorità di ripristino”. Per questo il team di esperti del Rio Doce Panel ha presentato nel rapporto una revisione degli approcci integrati già adottati dalla Fundação Renova con azioni correttive e ha chiesto di svilupparli in modo non frammentato, per garantire una maggiore resilienza e sostenibilità del ripristino a lungo termine. Gli scienziati propongono “Un coordinamento aggiuntivo tra i 42 programmi stabiliti nell’ambito dell’accordo legale TTAC in modo che i risultati abbiano un impatto positivo sull’intero ecosistema. Ad esempio, il ripristino di sorgenti e foreste, impianti di trattamento delle acque e delle acque reflue e il rafforzamento delle aree protette potrebbero portare a risultati migliori se le misure fossero collegate e ampliate in termini spaziali”.

 

Questo approccio sarà fondamentale per non trascurare i diritti economici e sociali della popolazione locale, tutelando i loro mezzi di sussistenza, la gestione del bestiame e della pesca. Questo processo richiede il coinvolgimento dei comitati del bacino del Rio Doce, oltre ad altri attori della società civile legati a questi problemi e garantisce la possibilità di identificare sinergie, gestire possibili conflitti e negoziare meglio gli utilizzi complementari dell’acqua. Per la presidente del Rio Doce Panel, la ex ministro dell’ambiente dell’Ecuador ed ex presidente dell’Iucn Yolanda Kakabadse, “La transizione verso un approccio combinato sorgente-mare e territorio-popolazione richiede obiettivi chiari, partecipazione, collaborazione e gestione della capacità adattativa. L’approccio dalla sorgente al mare fornisce un filo conduttore per l’intero bacino del Rio Doce che riconosce le interconnessioni tra ecosistemi sani e persone sane”. Visto l’estensione della contaminazione ad un’area così ampia e diversificata, un approccio integrato e partecipato dalla sorgente al mare è il punto di partenza fondamentale per garantire che il Rio Doce ritorni quanto prima ad essere una risorsa  e non un problema.


Alessandro Graziadei


Nessun commento:

Posta un commento