Il 5 giugno di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale dell'Ambiente, istituita con la risoluzione 2994 del 15 dicembre 1972 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Quest'anno è dedicata al “Ripristino degli Ecosistemi”, con l’obiettivo di prevenire, fermare e invertire i danni inflitti agli ecosistemi del pianeta, per passare dallo sfruttamento della natura alla sua guarigione. Gli ecosistemi di tutto il mondo assorbono l’anidride carbonica attraverso la fotosintesi e la rilasciano nell’atmosfera attraverso la respirazione di microbi e piante. Negli ultimi decenni, questa biosfera ha generalmente assorbito più carbonio di quanto ne ha rilasciato, mitigando il cambiamento climatico. Fino agli anni ’90, molti scienziati e modelli climatici suggerivano che un aumento della CO2 avrebbe addirittura favorito la fotosintesi e la crescita globale delle piante, fenomeno che a volte veniva descritto come “l’inverdimento del pianeta”. Secondo il nuovo studio “How close are we to the temperature tipping point of the terrestrial biosphere?”, pubblicato a gennaio su Science Advances da ricercatori statunitensi della Northern Arizona University (Nau) del Woodwell Climate Research Center e neozelandesi dell’Università di Waikato e dell’istituto Manaaki Whenua−Landcare, “Con l’attuale tasso di riscaldamento, la capacità della Terra di assorbire quasi un terzo delle emissioni di carbonio causate dall’uomo attraverso le piante potrebbe essere dimezzata entro i prossimi due decenni”. Utilizzando più di 20 anni di dati della rete osservativa Fluxnet dei principali biomi in tutto il mondo, il team di ricercatori ha identificato un punto di non ritorno delle temperatura oltre il quale la capacità delle piante di catturare e immagazzinare il carbonio atmosferico, un effetto cumulativo chiamato “land carbon sink”, diminuisce con l’aumento delle temperature. Di fatto la temperatura limita la fotosintesi, ma non la traspirazione di CO2!
Questo studio è il primo a rilevare una soglia di temperatura per la fotosintesi da dati osservativi su scala globale. Mentre le soglie di temperatura per la fotosintesi e la respirazione sono state quasi sempre studiate in laboratorio, i dati di Fluxnet forniscono una finestra su ciò che gli ecosistemi della Terra stanno effettivamente sperimentando e su come stanno rispondendo. Alla luce di questi dati, per uno degli autori, Louis Schippers del Whenua−Landcare, “La ricerca dimostra quanto il riscaldamento globale stia influenzando gli ecosistemi. Il riscaldamento globale sta cambiando il clima così velocemente che non ci sarà una ‘nuova normalità’ stabile per il prossimo futuro. E se le foreste iniziano a espirare più CO2 di quella che assorbono, siamo nei guai più grandi di quanto pensassimo. Il tempo che gli ecosistemi ci hanno fatto guadagnare, quando avremmo dovuto fare qualcosa per ridurre le emissioni di gas serra, lo abbiamo sprecato”. Per la principale autrice dello studio, Katharyn Duffy della Nau, “La Terra ha una febbre in costante aumento e, proprio come il corpo umano, sappiamo che ogni processo biologico ha una gamma di temperature in cui si comporta in modo ottimale e quelle al di sopra delle quali la funzione si deteriora. Quindi, ci siamo chiesti: quanto possono resistere le piante? […] Sappiamo che la temperatura ottimale per gli esseri umani si aggira intorno ai 37 gradi Celsius (98 gradi Fahrenheit), ma noi della comunità scientifica non sapevamo quali fossero quelle ottimali per la biosfera terrestre”.
Per la Duffy i diversi tipi di piante variano nelle loro risposte alla temperatura, ma tutti mostrano un calo della fotosintesi quando il termometro sale sopra i 18 gradi Celsius nelle foreste temperate e sopra i 28 gradi Celsius nelle foreste tropicali. Se come sostiene questa ricerca i “picchi” della temperatura per l’assorbimento del carbonio sono già stati superati in natura, in molti biomi il riscaldamento continuo causerà il declino della fotosintesi mentre i tassi di respirazione aumenteranno in modo esponenziale, spostando l’equilibrio degli ecosistemi dall’essere un pozzo di carbonio a diventare una fonte di carbonio e accelerando così anche il cambiamento climatico che fino ad oggi hanno mitigato. Attualmente, meno del 10% della biosfera terrestre sperimenta temperature oltre questo massimo fotosintetico. Ma, con l’attuale tasso di emissioni, metà della biosfera terrestre potrebbe sperimentare temperature oltre quella soglia di produttività entro la metà del secolo e alcuni dei biomi più ricchi di carbonio del mondo, comprese le foreste pluviali tropicali in Amazzonia e nel sud-est asiatico e le foreste boreali della Russia e del Canada, saranno tra i primi a raggiungere questo punto critico. Oggi, quindi, qualsiasi aumento della temperatura è potenzialmente dannoso per il pozzo di carbonio terrestre.
Mentre il riscaldamento globale aumenta inesorabile noi non riusciamo a proteggere le foreste (e di conseguenza noi stessi) non solo dalle temperature, ma neanche dai criminali. Secondo l’Ong indonesiana Kaoem Telapak gli sforzi di Giacarta per contrastare il disboscamento illegale e la deforestazione sono già seriamente compromessi. Una nuova indagine pubblicata il 13 gennaio dall’Environmental Investigation Agency, (EIA) rivela che un’azione di contrasto attraverso i tribunali indonesiani è stata intrapresa contro solo una manciata di aziende sulle oltre 50 indagate che hanno dimostrato di aver commerciato direttamente o indirettamente in legname illegale. Il rapporto è un'analisi forense di diversi casi giudiziari degli ultimi due anni, da cui emerge come i tribunali regolarmente ignorino le leggi e le direttive ministeriali. In particolare le sentenze sono mantenute segrete (in violazione alla legge sulla divulgazione di informazioni pubbliche) proteggendo così i criminali e mettendo a rischio gli operatori onesti. “Questa mancanza di trasparenza, unita ad alcune decisioni apparentemente irrazionali di vari tribunali, comporta il rischio che molti criminali restino impuniti o vedano ridotte le loro pene senza giustificazione alcuna” ha ricordato David Gritten dell’EIA. EIA e Telapak hanno chiesto alle autorità competenti perché ci siano stati così pochi procedimenti penali, perché le imprese colpevoli siano ancora autorizzate a operare e perché i verdetti dei tribunali siano rimasti segreti. Ad oggi non è giunta ancora alcuna risposta soddisfacente. “È frustrante che il Governo si stia impegnando tanto nella repressione del commercio di legname illegale, mentre sembra che i tribunali stiano vanificando gran parte di tale lavoro”, ha commentato amaramente Abu Meridian, di Telapak. Se non riusciamo a tutelare le foreste sarà difficile fermare quell'ipoteca sul futuro che ormai è il cambiamento climatico. Con buona pace delle Giornate Mondiali dell'Ambiente.
Alessandro Graziadei
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