“Il costo della mitigazione climatica sarà ingente, ma il costo dell’inazione sarà maggiore” ci aveva ricordato Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, all’inizio di quest’anno in occasione del varo del “Patto europeo per il clima”. Alla luce dei recenti disastri ambientali che hanno flagellato l’Europa e la relativa conta dei danni, figli anche delle conseguenze del cambiamento climatico, queste poche parole suonano come profetiche. Ma è realmente possibile stimare in termini economici qual è il costo del cambiamento climatico? La risposta è no se ci aspettiamo un dato preciso, perché molti studi sulle ricadute economiche dell’innalzamento delle temperature sono solo in parte comparabili: non tutti partono dalle medesime premesse, alcuni fanno riferimento solo ad una particolare categoria di danni, altri ad aree geografiche o a periodi temporali diversi, tuttavia sul tema sono state pubblicate una serie di analisi scientifiche relative, sia ai danni sinora provocati dal cambiamento climatico, sia ai possibili costi presenti e futuri che possono darci un quadro realistico della nostra “bolletta climatica”.
Iniziamo dalla prima e forse più autorevole stima quella del World Economic Forum (WEF) che ha recentemente inserito il clima tra i primi 5 rischi globali per ordine di importanza, il primo in termini di possibilità seguito nell’ordine dal fallimento delle politiche ambientali, dalle catastrofi naturali, dalla perdita della biodiversità e dai disastri ambientali provocati dall’uomo. Le stime del WEF supportate dalle analisi fatte nel 2019 dal National Bureau of Economic Research prevedono che da qui al 2100 se non si inverte totalmente il senso di marcia, il PIL pro capite globale potrebbe crollare del 7,22%. Più recentemente, sempre del WEF, con il documento World Economic Forum Global Risks Perception Survey 2019–2020 ha stimato il costo annuale globale dei disastri naturali riconducibili al cambiamento climatico in circa 165 miliardi di dollari. Analogamente la famosa agenzia di rating Moody’s, nel giugno del 2019, ha messo nero su bianco in un suo report che “Se la temperatura media globale dovesse salire di 1,5 °C al di sopra dei livelli preindustriali, il costo per l’economia globale sarebbe di 54 trilioni di dollari nel 2100. Se il riscaldamento arrivasse a di 2 °C, il costo potrebbe raggiungere 69 trilioni di dollari”. Una stima più che verosimile se pensiamo che negli ultimi cinque anni, solo negli Stati Uniti, i danni da eventi climatici sono costati tra i 300 ed i 500 miliardi di dollari all’anno.
Questo “clima alterato e globalizzato” presenta inoltre enormi rischi per i mercati finanziari e anche le banche centrali hanno ormai riconosciuto i cambiamenti climatici come un “pericolo per il mercato globale”. Del resto con eventi meteo sempre più estremi e frequenti, le assicurazioni potrebbero diventare inaccessibili per molti individui e aziende, con effetti devastanti dal punto di vista economico sulla produzione, il commercio e il lavoro per via della distorsione dei prezzi e l’interruzione delle catene di approvvigionamento. Facendo un passo indietro e cercando di capire quali sono stai in questi anni i costi climatici pagati dal Belpaese (e quindi da tutti noi contribuenti italiani) il report “Climate change, impacts and vulnerability in Europe” del 2016, redatto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), ha stimato nel periodo 1980-2013 perdite e danni causati dal cambiamento climatico in Italia per la cifra astronomica di 59.624.000.000. Uno studio dell’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (ANBI), pubblicato nel 2016 e relativo ai costi correlati al dissesto idrogeologico del territorio italiano, li stima in circa 2,5 miliardi di euro l’anno, “Una cifra che è destinata ad aumentare nei prossimi decenni” al pari dei costi stimati dal 2007 al 2017 dalla Coldiretti, che dimostrano che in un decennio il cambiamento climatico ha provocato in Italia danni alle coltivazioni per 14 miliardi di euro.
Una cifra più aggiornata la possiamo estrapolare dal report di Legambiente del 2018 “SOS Acqua Nubifragi, siccità, ondate di calore: le città e i territori alla sfida del Clima”, dove si legge che “Sono 61,5 i miliardi di euro spesi tra il 1944 ed il 2012 solo per i danni provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano. L’Italia è tra i primi Paesi al mondo per risarcimenti e riparazioni di danni da eventi di dissesto: dal 1945 l’Italia paga in media circa 3.5 miliardi all’anno”. Legambiente nel 2019 ha aggiornato le sue proiezioni economiche con lo studio “Il clima è già cambiato” secondo il quale, partendo dai dati del Ministero della Transizione Ecologica, “Sono stati spesi 75,9 miliardi di euro dal 1944 al 2018 per far fronte ai danni provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano. […] Dal 2013 ad oggi sono stati aperti 92 stati di emergenza a seguito di eventi alluvionali, per un danno totale rilevato di circa 11,42 miliardi di euro. [...] Se guardiamo alla spesa realizzata in questi anni per gli interventi programmati di messa in sicurezza e prevenzione emerge come dal 1998 al 2018 siano stati 5.661 gli interventi programmati lungo tutta la penisola per un importo di oltre 5,6 miliardi di euro (Fonte Ispra, piattaforma Rendis), con una media di 266 milioni di Euro l’anno, in un rapporto di 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni”. Un calcolo sviluppato anche nel “Climate Risk Index” redatto nel dicembre 2019 dalla ong tedesca Germanwatch secondo la quale “Dal 1999 al 2018 tutti gli eventi meteorologici estremi in Italia hanno provocato perdite economiche quantificate in quasi 33 miliardi di dollari”.
Non c’è da stare proprio sereni. E per il futuro, quali sono le proiezioni? Un rapporto significativo per capire quali saranno “Gli impatti economici dei cambiamenti climatici in Italia” è il lavoro di analisi della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile realizzato da Massimo Tavoni e Francesco Bosello, che fa parte parte della “Relazione sullo stato della Green Economy 2019” ed evidenzia come a partire dal 2050 in poi il costo del cambiamento climatico per l’Italia sarà pari all’8,5% del PIL: “I cambiamenti del clima avranno ripercussioni pessime anche sulle disuguaglianze economiche già particolarmente evidenti ed aumenteranno del 16% nel 2050 e del 61% nel 2080”. Nel settembre 2020, infine, è stato pubblicato il rapporto “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia”, realizzato dalla Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) che ci ricorda che "le politiche di contrasto al cambiamento climatico non possono essere più considerate una mera questione ambientale”, ma piuttosto devono riguardare "la promozione degli stili di vita virtuosi e della sostenibilità" e non potrebbe essere altrimenti se vogliamo invertire un trend che vede “I costi degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia aumentare rapidamente e in modo esponenziale al crescere dell’innalzamento della temperatura, con valori compresi tra lo 0,5% e l’8% del Pil”. Insomma, mettere testa sulla mitigazione del clima oggi, significa non mettere mano al portafoglio domani.
Alessandro Graziadei
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