Il Covid-19 ha colpito tantissimi Paesi a tutte le latitudini, lasciando ancora aperto il conto delle vittime e quello dei danni economici. Come altri Paesi asiatici, anche lo Sri Lanka è stato travolto dagli effetti economici, oltre che sanitari, della pandemia di Covid-19, soprattutto nel settore ittico. La pesca è un settore chiave per Colombo, conta 175mila pescatori impegnati in attività di piccolo cabotaggio, e il Covid lo ha drammaticamente compromesso. Secondo la National Fisheries Solidarity Organization (Nfso) un gruppo di organizzazioni che si batte per i diritti economici e sociali dei lavoratori del settore, che ha più volte sollecitato il Governo ad adottare misure per proteggere l’industria della pesca dagli effetti della pandemia, la disinformazione sulla propagazione del Covid-19 ha causato enormi danni ai pescatori di quest’isola asiatica. “Inizialmente i piccoli pescatori non riuscivano a vendere quanto pescato e hanno avuto molte difficoltà a svolgere la propria attività a causa del coprifuoco”. Oggi la situazione non sembra essere molto diversa e il dissenso dilaga. Secondo alcune organizzazioni della società civile negli scorsi mesi sono state decine le persone arrestate in modo arbitrario. Per gli attivisti singalesi “Le leggi sulla quarantena sono quasi sempre utilizzate come scusa per silenziare le critiche al Governo”.
Da giugno si susseguono manifestazioni, per ragioni diverse, in varie zone del Paese. In tutte i cittadini hanno espresso le loro critiche alle azioni arbitrarie dell’esecutivo: “Anche se c’è la necessità di applicare la legge sulla quarantena per contrastare la pandemia da Covid-19, gli arresti da parte della polizia ledono il diritto alla libertà di stampa ed espressione”. A Boralanda gli agricoltori hanno protestato per i problemi causati dal divieto governativo sull’utilizzo dei fertilizzanti, mentre a Slave Island la popolazione si è mobilitata per il mancato pagamento degli stipendi da parte della State Engineering Corporation. A Ja-Ela i dimostranti hanno protestato contro la costruzione di una nuova centrale elettrica a Muthurajawela e a Kalutara i partecipanti hanno chiesto al Governo di ridurre i prezzi delle merci e della benzina. Molti manifestanti sono stati arrestati perché secondo le autorità locali violavano le leggi sulla quarantena, e poi sono stati rilasciati solo su cauzione. Dallo scorso 6 giugno il direttore generale dei servizi sanitari dello Sri Lanka, Asela Gunawardena, ha vietato le proteste, definendole una minaccia alla salute pubblica a causa della potenziale diffusione del coronavirus. Per gli attivisti quelle del Governo sono scuse per reprimere qualunque forma di dissenso: “Va ribadito che così tanti arresti sono una questione seria. Lo scopo di tutte queste proteste era di impedire al Governo di intervenire in questioni che riguardano il popolo e che il Governo ha aggravato. Il diritto alla libertà di espressione è riconosciuto come un diritto fondamentale nella Costituzione dello Sri Lanka”, si legge in una dichiarazione firmata da 45 organizzazioni della società civile e dai sindacati.
Adesso per gli attivisti è necessario “sconfiggere le azioni antidemocratiche in rapida crescita dell’attuale governo e proteggere la libertà di espressione”. A fine giugno anche la scarcerazione dell’ ex parlamentare Duminda Silva, condannato alla pena di morte, aveva scatenato l’indignazione popolare. Era stato rilasciato il 24 giugno insieme ad altri 93 detenuti dopo che il presidente Gotabaya Rajapaksa aveva deciso di concedergli una grazia speciale nonostante Silva, alleato dell’attuale governo, fosse finito in carcere nel 2016 con l’accusa di aver assassinato il parlamentare Bharatha Lakshman Premachandra. Per Marimuttu Sathivel, sacerdote anglicano e coordinatore del Movimento nazionale per il rilascio dei prigionieri politici, “Se Silva, che era stato condannato, viene rilasciato in questo modo arbitrario, allora perché chi è stato incarcerato ingiustamente senza processo non dovrebbe essere liberato? Così facendo, il presidente dimostra di poter decidere in modo indipendente di arrestare o rilasciare chiunque e in qualsiasi momento. Questo è molto pericoloso per chiunque si trovi all’opposizione”. Secondo il deputato ed ex ministro della Giustizia Thalatha Athukorala, non è la prima volta che il Governo dimostra “di premiare gli assassini e di punire chi indaga su di loro”. Intanto a Colombo i detenuti delle prigioni di Mahara e Welikada stanno portando avanti uno sciopero della fame per chiedere che le loro condanne a morte siano commutate in ergastoli. Davanti a questa “grazia” anche l’Associazione degli avvocati dello Sri Lanka ha condannato la decisione, descrivendola come “Una mossa irragionevole che mina lo stato di diritto e favorisce la perdita di fiducia della popolazione nei confronti della giustizia”. In una dichiarazione, l’Associazione ha insistito affinché il presidente Rajapaksa renda pubbliche le ragioni per cui il caso di Silva si distingue dagli altri: “Per esempio, l’avvocato per i diritti umani Hejaaz Hizbullah, e il poeta e insegnante Ahnaf Jazeem, rimangono detenuti senza processo per terrorismo, condizione in cui si trovano anche diversi esponenti delle minoranze e dell'opposizione politica”.
Intanto, la “virale” crisi economica e la “debilitata” democrazia cingalese hanno fatto si che le due industrie principali dello Sri Lanka, quelle del tè e del turismo, continuino a sfruttare minori per le loro attività. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), oggi più di 39.000 fanciulli sono imprigionati in forme pericolose di sfruttamento. Infatti, nonostante il calo degli ultimi anni, i giovani singalesi continuano ad abbandonare gli studi per le condizioni di indigenza in cui vivono le loro famiglie e provano ad inseguire facili guadagni nei settori più proficui del Paese, come succede ai bambini nelle comunità di pescatori. Per l’Nfso i giovani vengono spesso coinvolti fin da piccoli nelle attività di famiglia senza accedere mai alle strutture educative. Un problema che affligge soprattutto le ragazze, che non solo lavorano nelle piantagioni di tè, ma vengono sfruttate nei negozi di Colombo, Mount Lavinia e Beruwela, dove vengono impiegate anche come lavoratici domestiche con un salario bassissimo. Un problema mondiale, visto che secondo un rapporto Ilo-Unicef dello scorso giugno, il numero di bambini intrappolati nello sfruttamento lavorativo è di 160 milioni, con un aumento di 8,4 milioni negli ultimi quattro anni. L'incremento più significativo si è registrato nella fascia tra i 5 e gli 11 anni. Per la prima volta in 20 anni si è invertito il trend positivo che tra il 2000 e il 2016 aveva visto diminuire il numero di minori lavoratori. Adesso altri nove milioni di bambini in tutto il mondo sono a rischio di finire sotto il giogo dello sfruttamento a causa della pandemia da Covid-19. Secondo altre stime, questo numero potrebbe presto salire fino a 46 milioni in mancanza di un adeguato accesso al sistema di protezione sociale.
Alessandro Graziadei
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