venerdì 29 ottobre 2021

Armati "solo" di speranza e buonsenso

 

Ieri abbiamo avuto il piacere di incontrare il Primo Ministro del Governo tibetano in esilio Sikyong Penpa Tsering, alla sua prima visita istituzionale in Italia. È stato eletto nel maggio del 2021 da tutti i tibetani sparsi per il mondo, ma purtroppo non dai tibetani che vivono in Tibet, visto il divieto del Governo cinese che al popolo tibetano non riconosce ancora, né la libertà, né l’autonomia. Oggi, assieme a Chhime Rigzen, rappresentante a Ginevra del Dalai Lama e del Governo tibetano in esilio in Europa e a Kalsang Dechen, presidente della Comunità tibetana in Italia, sarà a Roma dove parteciperà all’Alleanza interparlamentare sulla Cina (IPAC), un organismo di circa 200 parlamentari mondiali, cresciuto fino a diventare la più grande rete mondiale focalizzata sulla Cina, e che Pechino ha già bollato come “malevola” e “fastidiosa”Questa  contro-riunione di legislatori internazionali convocata in vista del vertice dei leader del G20, proverà a chiedere con una voce unica una posizione più dura nei confronti del Governo cinese, che oltre all’invasione del Tibet e al tentativo di cancellare la cultura di tutte le sue minoranze, oggi invia incursioni quasi quotidiane nello spazio aereo di Taiwan, crea campi di rieducazione nella regione uigura e contribuisce allo smantellamento della libertà e dell’autonomia di Hong Kong. 

 

Prima di andare alla conferenza di Roma, la prima che l'IPAC realizza in presenza dal suo lancio nel giugno 2020, ha voluto passare anche in Trentino, dove a Rovereto sul Colle Miravalle alla Campana dei Caduti, proprio per volontà di Penpa Tsering, è esposta la bandiera tibetana. Accompagnato dalla delegazione di Trentino per il Tibet e dal loro presidente Roberto Pinter, Penpa Tsering, ha incontrato il vice sindaco di Trento Roberto Stanchina e il sindaco di Rovereto Francesco Valduga, saldando quel legame personale e politico con il modello di autonomia del Trentino – Alto Adige che piace tanto a sua Santità il Dalai Lama, che come legittimo rappresentante dei tibetani è stato ben 4 volte in Trentino, così come Penpa Tsering che in Trentino è già venuto in veste di Presidente del Parlamento tibetano. In occasione dell’incontro di palazzo Geremia a Trento, con Pinter, Penpa Tsering ci ha raccontato la situazione del popolo tibetano che dal 1959, con l’invasione cinese del Tibet, vive in parte sotto il regime di Pechino e in parte esule in India, dove a Dharmsala si trova ancora oggi il Dalai Lama e il parlamento del Governo tibetano in esilio. Nato nel 1967 nel campo profughi di Bylakuppe, nello stato indiano del Karnataka dove la sua famiglia si era rifugiata nel 1959 seguendo il Dalai Lama, pur vivendo da sempre in esilio Penpa Tsering non ha perso la speranza di tornare a casa da cittadino libero e di farlo in modo pacifico, questo nonostante, come ha ricordato Pinter, “l’attuale situazione mondiale non sia favorevole alle minoranze e Pechino, dopo le speranze post olimpiche del 2008, non abbia fatto ancora nulla per migliorare la situazione di tibetani, uiguri e di tutte le altre minoranze oppresse dal Governo cinese”. 


“Dal Dalai  Lama ho imparato la fiducia, ma oltre a coltivarla possiamo fare qualcosa in più come europei per sostenere la causa tibetana?” si è domandato Pinter? Per Tsering “Oggi tutto il mondo conosce la politica interna ed estera cinese. A cominciare dall’India, per arrivare all’Europa, che ha cambiato la sua sensibilità e la sua attenzione nei confronti delle violazione dei diritti umani in Cina, ma non ha ancora avuto la forza ed il coraggio di modificare la sua politica commerciale. La Cina dall’Europa coloniale di un tempo ha imparato il motto - divide et impera - per assoggettare le minoranze, ma abbiamo molta speranza che le nuove generazioni sia tibetane che cinesi possano riuscire pacificamente a trovare una soluzione a questo conflitto”. Anche se oggi le richieste di sua Santità il Dalai Lama a molti in Europa sembrano oltremodo ragionevoli - che i cinesi scelgano la via del dialogo, che consentano ai tibetani di coltivare una parziale autonomia, la loro lingua e la loro cultura, esercitare il diritto di voto e far sentire senza censure la loro voce in Cina - come ha ricordato Pinter “saranno solo tibetani e i cinesi a decidere il loro destino”, popoli, ancor prima che Governi, che per Tsering “sono sempre più consapevoli e desiderosi di vivere in armonia” e in Cina “l'opinione pubblica è sempre più capace di andare oltre la censura e crescere come coscienza civile collettiva”. Sono a loro che il Governo tibetano in esilio guarda con fiducia, sapendo che per ora la potenza economica cinese, che ha già conquistato l’Asia e buona parte dell’Africa, con la sua “nuova Via della Seta” tenterà di condizionare i piani di sviluppo e le diplomazie di molti altri Stati.  


Uno sviluppo, quello cinese, che non può essere illimitato e non può non fare i conti anche con una sostenibilità ecologica, tema verso il quale, al pari del Dalai Lama, anche il Primo Ministro del Governo tibetano si è mostrato particolarmente sensibile e attento. “Un problema, in particolare quello legato al cambiamento climatico che non è cinese e non è tibetano, ma è mondiale e come tale va affrontato” ha detto Tsering, per questo “anche un rappresentante del nostro Governo sarà presente in questi giorni alla COP26 di Glasgow”. Un problema globale, sì, ma che per chi vive ai piedi dell’Himalaya è particolarmente delicato. “Noi oggi siamo profughi politici, potremmo un domani diventare profughi climatici, - ha spiegato Tsering - anche se viviamo nel così detto Terzo Polo, una riserva d’acqua ricoperta da ghiacci oggi particolarmente minacciata dalle alte temperature. In Tibet nascono i più importanti fiumi dell’Asia dai quali dipende la vita di molti popoli, anche del popolo cinese. Questo, in particolare, è un problema che accomuna buona parte dell’Asia e che dobbiamo risolvere anche grazie al contributo della Cina e dei suoi scienziati”. Tsering si congeda con un inchino e le mani giunte, il saluto tipico della sua cultura, un modo per ringraziare, che al pari delle sue parole sembra “armato” solo di speranza e buonsenso, qualità che fanno difetto nella nostra cultura, ma che da sessantadue anni animano la civile e nonviolenta lotta del popolo tibetano. 


Alessandro Graziadei

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