Mentre in Italia si cerca di riesumare il nucleare fregandosene di due referendum e dando la colpa ai "verdi" per gli esosi aumenti in bolletta, il 27 agosto si è conclusa la quarta missione dell’International Atomic Energy Agency (Iaea) a Fukushima Daiichi dopo il disastro nucleare del 2011. Mettendo insieme meeting online, incontri in presenza e la visita all’impianto nucleare di Fukushima, il team di 12 esperti della Iaea ha completato la “International Peer Review of Japan’s Mid-and-Long-Term Roadmap Towards the Decommissioning of TEPCO’s Fukushima Daiichi Nuclear Power Station” dei piani e delle attività del Giappone per la dismissione della centrale nucleare di Fukushima. Secondo il team di esperti internazionali “Il Giappone ha compiuto progressi significativi dall’incidente, passando da una situazione di emergenza a una situazione stabile, gestendo le attività quotidiane nel sito, riducendo i rischi per la forza lavoro e l’ambiente e pianificando lo smantellamento con un approccio industriale sistematico”. Le condizioni del sito sono ulteriormente migliorate dalla precedente revisione dell’Iaea nel 2018, con un calo della produzione di acqua contaminata, una migliore comprensione dei detriti del combustibile del reattore, nuove strutture per la gestione delle scorie e misure contro gli tsunami estremi e i terremoti”. Bene, bene, ma non benissimo, perché nonostante i progressi, per il capo delegazione Christophe Xerri, direttore della Division of nuclear fuel cycle and waste technology dell’Iaea, “Lo smantellamento di Fukushima Daiichi rimane un’impresa straordinariamente complessa e impegnativa che richiede notevoli capacità e competenze tecniche, nonché una gestione su larga scala. […] Rimangono molte sfide da affrontare, che richiedono ricerca e sviluppo tecnologico, continua dedizione alla sicurezza e una valutazione approfondita delle opzioni tecniche per completare il progetto di smantellamento”.
Per aiutare ad affrontare le sfide future di un progetto di smantellamento decennale che sta andando molto più lentamente e con un costo molto più alto di quello che si presumeva, il team di scienziati Iaea ha incoraggiato il Giappone a “iniziare a stanziare nuove risorse sufficienti per pianificare e preparare le attività oltre i prossimi 10 anni e fino alla fine dei lavori”. In questo senso, “un ulteriore sviluppo delle risorse umane in settori come la gestione dei progetti sarà vitale” come “L’applicazione dei principi dell’economia circolare per massimizzare l’efficienza e ridurre gli sprechi”. Per Xerri “Una dismissione riuscita di Fukushima Daiichi nei prossimi due o tre decenni richiederà un programma disciplinato e una gestione dei progetti per affrontare rischi e incertezze significativi, una continua attenzione alla cultura della sicurezza e ulteriori sviluppi scientifici e tecnologici”. Nonostante i progressi, rimediare al disastro nucleare di Fukushima non sarà facile, anche perché la sicurezza delle altre centrali nucleari giapponesi desta non poche preoccupazioni. Sempre in agosto l’Autorità di Regolamentazione Nucleare Giapponese (NRA) ha deciso di sospendere lo screening di sicurezza per il riavvio del reattore 2 della centrale nucleare di Tsuruga, nella prefettura di Fukui, dopo aver scoperto che la Japan Atomic Power Company (JAPC) che gestisce l’impianto aveva alterato i dati di un’indagine. A quanto pare sotto le aree intorno a Wakasa Bay, il sito dove sorge la centrale nucleare di Tsuruga, ci sono un gran numero di linee di faglia geologicamente attive e nel 2012 un team dell’NRA ha scoperto che una linea di faglia che corre direttamente sotto il reattore 2 potrebbe essere ancora attiva. Un reattore nucleare situato direttamente sopra una faglia attiva dovrebbe essere dismesso definitivamente, ma la JAPC con un'indagine interna, ha sostenuto che la faglia non è attiva.
Come? Alterando ex post dei documenti. È stato riscontrato, infatti, che i documenti che l’azienda aveva presentato per lo screening di valutazione contenevano più di 1.000 errori e che i dati geologici erano stati riscritti. Le modifiche erano state apportate alle osservazioni dei campioni geologici raccolti, che rappresentano il fondamento stesso dell’indagine scientifica. La dirigenza JAPC ha sostenuto che le modifiche sono state apportate da impiegati e che i superiori erano all’oscuro di quanto stava accadendo. Adesso il rischio è che la manipolazione arbitraria dei dati possa riguardare anche altri reattori nucleari, un rischio che il Giappone e il mondo non possono permettersi. Intanto, mentre i dubbi attorno al nucleare civile giapponese aumentano, il suo utilizzo militare in Corea allarma la comunità internazionale. Poche settimane fa, infatti, l’Iaea si è detta “Profondamente turbata” per le notizie e le prove che arrivano dalla Repubblica popolare democratica di Corea (Rpdc) che avrebbe riavviato il suo reattore nucleare di Yongbyon: “Si ritiene che il reattore abbia prodotto plutonio per armi nucleari e sia ancora al centro del programma nucleare della Corea del Nord”. Nel suo rapporto annuale l’Iaea ha rivelato che “Il reattore scarica acqua di raffreddamento da luglio” e che l’apparente durata di questo tipo di attività, da metà febbraio all’inizio di luglio, “fa pensare che sia stata gestita un’intera partita di combustibile esaurito, in contrasto con il tempo più breve necessario per il trattamento o la manutenzione delle scorie. Le nuove indicazioni sul funzionamento del reattore da 5 MW(e) sono profondamente preoccupanti e rappresentano una chiara violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.
Da quando nel 2009 la Corea del Nord ha espulso gli ispettori Iaea, per avere un’idea di quanto materiale nucleare il regime di Pyongyang è in grado di produrre, l’agenzia controlla la Rpdc da remoto, in gran parte attraverso le immagini satellitari. Proprio le immagini satellitari avevano mostrato il primo segno di nuova attività operativa al reattore di Yongbyon già nel dicembre 2018, mesi dopo che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva incontrato il leader della Corea del nord Kim Jong-un a Singapore. Da allora l’Iaea ha invitato la Corea del Nord a “rispettare pienamente i suoi obblighi ai sensi delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e a cooperare prontamente con l’Agenzia nella piena ed effettiva attuazione del suo accordo globale di salvaguardia del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) per risolvere tutte le questioni in sospeso, in particolare quelle emerse durante l’assenza di ispettori dell’Agenzia dal Paese”. L’Iea ha ribadito la sua “piena disponibilità a tornare in Corea del nord e a rafforzare la sua capacità di svolgere il suo ruolo essenziale nella verifica del programma nucleare della Rpdc”, un auspicio che in attesa del bando mondiale del nucleare sia civile che militare, sarebbe auspicabile, ma al momento sembra irrealizzabile.
Alessandro Graziadei
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