sabato 10 settembre 2022

Il metano non sempre ti dà una mano!

Nella lotta al cambiamento climatico c’è una componente che è spesso, più o meno volutamente, sottovalutata. Secondo l’United Nations Environment Programme (Unep) si tratta di, “Un segreto di Pulcinella dell’industria del petrolio e del gas e sta alimentando la crisi climatica”. Sono le “Enormi perdite di metano, note come eventi super-emettitori, che si sono verificate nei giacimenti di petrolio e gas di tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Turkmenistan. I rilasci, la maggior parte dei quali possono essere ricondotti a guasti alle apparecchiature, possono durare per settimane”, con effetti nefasti sul clima. Per l’Unep “Rimane difficile tracciare le emissioni di metano, che è incolore, inodore, ma responsabile di oltre il 25% del riscaldamento globale che la Terra sta vivendo oggi. A causa della sua struttura, il metano intrappola più calore nell’atmosfera per molecola rispetto all’anidride carbonica (CO2) rendendolo 80 volte più dannoso della CO2 nei 20 anni successivi al rilascio nell’atmosfera”. Così, mentre a livello mondiale si sviluppano piani per ridurre le emissioni ed evitare gli effetti peggiori del cambiamento climatico, per l’Unep è fondamentale migliorare la gestione della quantità di metano rilasciata nell’atmosfera, visto che “Solo una riduzione del metano antropico del 45% in questo decennio manterrebbe il riscaldamento globale al di sotto della soglia delineata dall’Accordo di Parigi”. 


Per monitorare e misurare le emissioni di metano, nell’ottobre 2021, l’Unep ha lanciato l’International Methane Emissions Observatory (IMEO) che  cataloga le emissioni dell’industria dei combustibili fossili e che presto lo farà anche per i rifiuti e le emissioni agricole e da allevamento. L’IMEO punta così a creare un database pubblico ed internazionale delle emissioni di metano verificate empiricamente e non come adesso basato su stime nazionali, che a volte possono essere di diverse grandezze inferiori ai livelli reali delle emissioni. I dati IMEO aiuteranno così a monitorare i progressi del Global Methane Pledge un’iniziativa che riunisce oltre 100 paesi (Italia compresa) impegnati a ridurre le loro emissioni di metano del 30% entro il 2030. Secondo Mark Radka, a capo dell’Energy and Climate Branch dell’Unep, “Un quadro più accurato delle emissioni di metano fornisce ai governi e alle imprese le informazioni di cui hanno bisogno per agire con sicurezza. Questo vale sia per le buone politiche, che per le pratiche di gestione sane”. Sempre che di buone politiche e pratiche si voglia iniziare a parlare. Le industrie del petrolio e del gas, infatti, sono oggi le principali produttrici di questo potente gas serra perché lo emettono durante la trivellazione, la produzione e la distribuzione. A volte il metano viene rilasciato intenzionalmente, anche dagli impianti di petrolio e gas per motivi di sicurezza. Nel 2015, le emissioni provocate dalla cattiva gestione di un impianto di stoccaggio a Los Angeles, in 4 mesi hanno scaricato nell’atmosfera quasi 100.000 tonnellate di metano. In giugno, un team di ricercatori guidato dall’Universitat Politècnica de València ha pubblicato su Environmental Science and Technology Letters lo studio  “Satellites Detect a Methane Ultra-emission Event from an Offshore Platform in the Gulf of Mexico” che rivela la scoperta, grazie ai satelliti dell'Agenzia spaziale europea, di un evento da super-emettitori in una piattaforma per l’estrazione di petrolio e gas nel Golfo del Messico. In soli 17 giorni, nel dicembre 2021, l’impianto ha scaricato nell'atmosfera 40.000 tonnellate di metano, equivalenti al 3% delle emissioni annuali di petrolio e gas del Messico.

 

In molti casi se le emissioni non vengono catturate da un satellite questo enorme potenziale inquinante passa completamente inosservato, almeno per noi, non certo per il clima. A quelle dell’industria estrattiva si sommano poi le emissioni dell’agricoltura e dell’allevamento, settori con una grande produzione di metano, in particolare il bestiame e la coltivazione di alcuni alimenti, come il riso. I rifiuti e i batteri che decompongono la materia organica nelle discariche sono un’altra importante fonte di metano prodotta dall’uomo. Per l’IMEO, oggi “La grande sfida è sapere esattamente quanto [metano] viene emesso, dove viene emesso e per quanto tempo è stato emesso, per poter ridurre le emissioniIl modo migliore per misurare le emissioni di metano è attraverso la combinazione di conoscenze operative e l’utilizzo di tecnologie di quantificazione del metano, droni e velivoli dotati di sensori. Anche i satelliti stanno diventando un mezzo efficace per rilevare e misurare grandi emissioni di metano”. L’uso dei satelliti non è però sempre efficace, poiché le letture del metano possono essere nascoste da condizioni ambientali come la copertura nuvolosa, le fitte foreste o il manto nevoso. Per questo secondo i ricercatori di IMEO “Tenere inventari accurati e trasparenti è fondamentale per scongiurare il cambiamento climatico […]. Gli inventari di metano specifici per sito, basati su misurazioni, sono una componente essenziale della mitigazione, perché l’Accordo di Parigi si basa su trasparenza e responsabilità. La raccolta di questi dati a livello di asset fornisce le informazioni necessarie a coloro che hanno il potere di ridurre le emissioni”.


Osservare e controllare le emissioni di metano è quindi una sfida indispensabile per salvare noi e la Terra e per gli analisti dell’Energy and Climate Branch “Il modo per individuare tutte le emissioni, grandi e piccole, è disporre di buoni regimi di monitoraggio”. Se fino a poco tempo fa non avevamo gli strumenti per monitorare le emissioni di metano in modo indipendente, oggi “I satelliti stanno diventando più precisi, con una migliore risoluzione, ma non individueranno mai le emissioni più piccole”. Che fare? “Dobbiamo inserire queste grandi fonti nel contesto delle emissioni complessive, dove molte piccole emissioni possono essere altrettanto dannose per il clima”.


Alessandro Graziadei


 

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