Una nevicata (quella degli ultimi giorni sulle Alpi) non fa inverno e sciare, almeno farlo per molti mesi all’anno e a costi “abbordabili” sembra essere ormai una chimera. Occorre fare i conti da una parte con l’aumento dei costi energetici di impianti sciistici energivori, dall’altra con il cambiamento climatico che rende l’acqua un bene sempre più prezioso e la neve un fenomeno meteorologico non più così scontato, con piste innevate artificialmente a quote sempre più elevate. Se il primo problema potrebbe essere superato grazie all’apporto delle energie rinnovabili e da una congiuntura internazionale non più condizionata dalla guerra in Ucraina, il secondo non sembra arginabile, almeno non nel breve periodo. È quindi sensato anche dopo il Covid-19, continuare nella politica dei ristori alle stazioni sciistiche del Belpaese invece che intraprendere una trasformazione più sostenibile e egualmente attrattiva di molti centri sciistici? La risposta è no e il suggerimento arriva dallo studio “Snowmaking in a warmer climate: an in-depth analysis of future water demands for the ski resort Andermatt-Sedrun-Disentis (Switzerland) in the twenty-first century”. Pubblicato in dicembre sull’International Journal of Biometeorology da un team di ricercatori svizzeri e austriaci, lo studio ha cercato di capire come uno dei più grandi comprensori sciistici della Svizzera manterrà fino al 2100 la neve sulle piste con l’innevamento artificiale e quanta acqua consumerà questa neve, confermando quanto sembra purtroppo scontato e cioè che “Il futuro degli sport sciistici in Svizzera [e non solo in Svizzera] sembra tutt’altro che roseo, anzi bianco”.
Secondo il team di ricerca guidato d Erika Hiltbrunner del Departement Umweltwissenschaften dell’Universitāt Basel, “Gli attuali modelli climatici prevedono che nei prossimi decenni ci saranno più precipitazioni in inverno, ma che cadranno sotto forma di pioggia invece che di neve”. I ricercatori hanno calcolato fino a che punto il famoso comprensorio sciistico di Andermatt-Sedrun-Disentis potrà mantenere aperte le sue piste sia per le vacanze natalizie, che per una stagione sciistica di almeno 100 giorni, con e senza innevamento artificiale, raccogliendo dati sulle piste, su dove e quando viene prodotta la neve e con quanta acqua. Per la loro analisi i ricercatori hanno preso in considerazione gli ultimi 30 anni e applicando a questi dati gli ultimi scenari di cambiamento climatico del Rapporto tecnico CH2018 e il software di simulazione SkiSim 2.0 per le proiezioni delle condizioni della neve è emerso che “L’uso della neve artificiale può effettivamente garantire una stagione sciistica di 100 giorni, almeno nelle parti più alte del comprensorio sciistico (a 1.800 metri e oltre). Ma è probabile che nei prossimi decenni le entrate economiche maturate durante le vacanze di Natale saranno minori, con un clima spesso non abbastanza freddo in questo periodo e nelle settimane precedenti”. Per la Hiltbrunner, in uno scenario con emissioni di gas serra invariate, “A lungo termine, in particolare la regione di Sedrun, non sarà più in grado di offrire neve garantita durante il periodo natalizio. I nuovi generatori di neve potrebbero alleviare la situazione in una certa misura, ma non risolveranno completamente il problema”.
Nonostante queste premesse, un investitore ha recentemente speso diversi milioni di franchi svizzeri per l’ampliamento proprio del comprensorio sciistico Andermatt-Sedrun-Disentis oggetto dello studio e anche in Italia non mancano ambiziosi progetti per piste e impianti di risalita in località delle Alpi e addirittura degli Appennini,dove nevica ormai sempre più raramente. Come mai? In un primo momento i comprensori sciistici più attrezzati e alti potrebbero anche beneficiare del cambiamento climatico. Se quelli più bassi e più piccoli dovessero chiudere, i turisti si sposterebbero in comprensori più grandi a quote più elevate, uno dei quali in Svizzera è proprio l’Andermatt-Sedrun-Disentis. Per la Hiltbrunner però “Molte persone non si rendono conto che anche per l’innevamento sono necessarie determinate condizioni meteorologiche. Non deve essere né troppo caldo né troppo umido, altrimenti non ci sarà abbastanza raffreddamento per l'evaporazione perché l’acqua spruzzata si congeli nell’aria e cada sotto forma di neve. L’aria calda assorbe più umidità e quindi, man mano che gli inverni diventano più caldi, diventa anche sempre più difficile o impossibile produrre neve tecnicamente. In altre parole: qui, le leggi della fisica stabiliscono chiari limiti per l’innevamento”. Limiti che durante queste vacanze, sia in Svizzera che in Italia sono stati superati con diversi record nelle temperature massime. Secondo il team di ricercatori svizzero-austriaco tuttavia “La pratica dello sci continuerà perché l’innevamento artificiale consentirà almeno agli operatori dei resort di mantenere aperte le piste più alte per 100 giorni consecutivi, anche fino alla fine del secolo e con il cambiamento climatico che continua senza sosta”. A che prezzo? Elevato, sia a livello economico che di risorse!
L’aumento dell’innevamento artificiale farà salire i costi delle risalite e quindi anche il prezzo delle vacanze sulla neve. Presto le persone con redditi medi non potranno più permettersele. Inoltre nell’inverno del 2017, con scarse nevicate, il consumo idrico per l’innevamento in una delle tre sottozone di Andermatt-Sedrun-Disentis è triplicato. Le analisi del team dei ricercatori dell’Università di Basel hanno dimostrato che “Il consumo di acqua per l’innevamento artificiale aumenterà in modo significativo, di circa l’80% nel suo complesso. In un inverno medio verso la fine del secolo, il consumo ammonterebbe così a circa 540 milioni di litri d’acqua, contro i 300 milioni di litri di oggi”. Un aumento della domanda di acqua che rispetto ad altre stazioni sciistiche è addirittura moderato. Oggi, una parte dell’acqua utilizzata per l’innevamento artificiale nella più grande sottozona di Andermatt-Sedrun-Disentis proviene dall’Oberalpsee. I ricercatori avvertono che “Se il cambiamento climatico continua senza sosta, questa fonte d’acqua durerà fino alla metà del secolo, a quel punto dovranno essere sfruttate nuove fonti idirche”. Quali? Secondo la studiosa Maria Vorkauf che lavora presso la stazione di ricerca svizzera Agroscope, e ha contribuito alla raccolta dei dati di questa ricerca, “L’Oberalpsee viene utilizzato anche per produrre energia idroelettrica. Qui, è probabile che assisteremo a un conflitto tra la domanda di acqua per la stazione sciistica e quella per la produzione di energia idroelettrica”, evidenziando in modo lampante l’ormai sempre più insostenibile leggerezza dello sci.
Alessandro Graziadei
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