Sono state 387 le persone senza dimora morte in Italia nel corso del 2022, più di una al giorno, per la quasi totalità uomini, per due terzi stranieri e con una età media di 49 anni. In questo primo mese di gennaio sono già 23 i senza tetto che sono morti in strada. Per persone senza casa, reddito, diritti e accessi non sempre facili ai servizi sociali e sanitari, le cause che portano alla morte sono diverse, ma in genere si muore in situazioni in cui non ci si troverebbe mai, se non si vivesse in strada e se non si fosse per questo psicologicamente o fisicamente molto provati. Non solo il freddo più intenso di queste settimane, quindi, ma anche incidenti, violenze, overdose, malattie e suicidi sono tra le principali cause di questo elevato tasso di mortalità tra una popolazione che il censimento dell’ISTAT, pubblicato lo scorso dicembre, ha quantificato con precisione in 96.197 persone. Una cifra finalmente verosimile, visto che fino allo scorso anno gli studi e le rilevazioni sulle persone senza fissa dimora in Italia si basavano sulle stime del 2014 che certificavano le persone in condizioni di precarietà abitativa in circa la metà degli attuali: 50.000 individui. Anche se i dati diffusi sono complessivi e non prevedono una distinzione, la fotografia dell’Istat ha basato la sua indagine sui dati anagrafici di due categorie: le persone senza fissa dimora e le persone senzatetto. Le prime registrano il proprio domicilio nel comune dove vivono abitualmente, ma non hanno un luogo in cui rimangono sufficientemente a lungo da potervi registrare la residenza. Le seconde, invece, non hanno proprio un domicilio e sono iscritte all’anagrafe attraverso un indirizzo fittizio che fa riferimento a un’associazione o che viene inventato e utilizzato dal comune per questi casi. Questi indirizzi, conosciuti come vie fittizie, non esistono dal punto di vista toponomastico, ma hanno valore giuridico e permettono almeno di riconoscere alle persone il diritto civile di ricevere la posta, una tessera sanitaria, agevolare l'accesso ai servizi sociali, permettere l’identificazione della persona e della sua storia sociale.
In base a queste due categorie risulta che alla fine del 2021 vivevano in Italia su 96.197 persone senzatetto, 65.407 maschi e 30.790 femmine, di cui il 38% di origine straniera. L’età media generale è di 41,6 anni: per gli italiani è più alta, 45,5 anni, mentre per gli stranieri, che rappresentano oltre il 50% dei senzatetto si abbassa a 35,2 anni. Oltre la metà degli stranieri senzatetto proviene da paesi africani, il 22% è di cittadinanza europea, mentre il 17% è di origine asiatica. Le persone senzatetto e senza fissa dimora sono state censite in 2.198 comuni italiani, ma la metà delle persone è concentrata in sei grandi città: a Roma vivono 22.000 senzatetto, pari al 23% del totale in Italia, a Milano 8.541, a Napoli 6.601, a Torino 4.444, a Foggia 3.521. Altre città di medie dimensioni in cui la presenza di persone senzatetto o senza fissa dimora è significativa sono Bari, Trieste, Crotone, Sassari, Marsala, Reggio Emilia, Catania, Trani, Alessandria e Como. Siamo davanti ad un fenomeno prevalentemente legato all’urbanizzazione rilevato con uno strumento di censimento considerato dagli addetti ai lavori molto importante per capire la reale situazione nei comuni italiani e lavorare a politiche sociali per contrastare il fenomeno della marginalità, tuttavia non esente da alcune criticità.
In una nota del 5 gennaio la fio.PSD, la Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora, ha ricordato come la pubblicazione di questi dati sia un segnale positivo che contribuisce a dare visibilità e riconoscimento anche a fasce della popolazione difficilmente tracciabili, ma merita una lettura ragionata: “In primo luogo è bene precisare che la popolazione a cui fa riferimento l’indagine è individuata secondo criteri amministrativi. L’utilizzo della locuzione senza fissa dimora è giustificato dall’intenzione di Istat di censire un gruppo di popolazione connotata esclusivamente in termini di possesso del requisito giuridico della residenza, piuttosto che le persone che si trovano in una condizione di fragilità che intreccia il disagio abitativo con il disagio sociale, propriamente definite persone senza dimora”. Attenendosi alla definizione e ai dati prodotti dal Censimento Istat, per la fio.PSD si pongono alcuni interrogativi: “Chi sono le persone iscritte in anagrafe presso la residenza fittizia o presso l’indirizzo di una associazione? Come facciamo, sulla base dei dati presentati, a distinguere tra un giostraio, un venditore ambulante o chi per altri motivi ha diritto di iscriversi alla residenza fittizia, da una persona che vive, non per scelta, la condizione di homeless e versa in uno stato di povertà estrema e di disagio abitativo?”. Una domanda che dal punto di vista statistico rimane irrisolta e che al momento rischia di presentare come omogeneo un fenomeno e un gruppo di persone caratterizzati in realtà da storie personali, e quindi bisogni individuali, molto diverse tra di loro.
Come rilevato da studi basati su indagini a campione fatte nel 2011 e nel 2014 da Fio.PSD, molte persone in una situazione di marginalità non sono iscritte all’anagrafe nemmeno attraverso una via fittizia. Si tratta in particolare di persone straniere irregolari che rimangono escluse dal censimento. Per Fio.PSD molte persone registrate all’anagrafe in una via fittizia non rientrano necessariamente tra quelle considerate in situazione di grave marginalità: le ragioni per richiedere una residenza fittizia possono essere collegate a motivi non riconducibili al disagio sociale. Proprio per questo da anni fio.PSD porta avanti attività istituzionali e di ricerca per promuovere un linguaggio intenzionale e coerente sul fenomeno homelessness che faccia chiarezza su chi siano le persone senza dimora, quali siano le cause e i profili di vulnerabilità che caratterizzano il fenomeno, quali i servizi e quali le strategie per arrivare all’obiettivo homeless zero. “Con queste e altre riflessioni, ci poniamo in una logica di confronto aperto e costruttivo con Istat, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e le altre reti nazionali per approfondire i dati presentati e rilanciare sulla opportunità di costruire un solido sistema nazionale di rilevazione dei dati al fine di poter conoscere ed esaminare con quanta più accuratezza possibile il fenomeno della grave marginalità adulta” si legge nella nota della fio.PSD.
Per ora, nonostante il diffuso impegno di moltissimi volontari e moltissime associazioni sparse in tutta Italia (anche nelle città più piccole) che si occupano degli homeless, ci sono ancora troppe vite e troppi corpi invisibili che finiscono nell’oblio e che di anno in anno, diventano sempre di più. Nel 2021 i decessi sono stati 251, nel 2020 invece 212, quasi la metà di quelli registrati nei mesi appena trascorsi. “I dati, purtroppo, confermano la costante di un morto al giorno, una dimensione della tragedia mai vista negli scorsi anni”, ha commentato Michele Ferraris, responsabile della comunicazione della fio.PSD.
Alessandro Graziadei
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