sabato 4 marzo 2023

Dalla guerra al metano alla guerra con il metano

Per monitorare e misurare le emissioni di metano, nell’ottobre 2021, l’United Nations Environment Programme (Unep) ha lanciato l’International Methane Emissions Observatory (Imeo), che cataloga le emissioni di metano dell’industria dei combustibili fossili e che presto lo farà anche per i rifiuti e le emissioni agricole e da allevamento. L’Imeo punta a creare un database pubblico ed internazionale delle emissioni di metano verificate empiricamente e non come adesso su stime nazionali, che a volte possono essere di diverse grandezze inferiori ai livelli reali. I dati Imeo aiuteranno così a monitorare i progressi del Global Methane Pledge un’iniziativa che riunisce oltre 100 paesi (Italia compresa) impegnati a ridurre le loro emissioni di metano del 30% entro il 2030. Un quadro più accurato delle emissioni di metano potrà fornire ai governi e alle imprese le informazioni di cui hanno bisogno per sviluppare buone politiche e buone pratiche ecologiche. Tuttavia non basta lavorare per limitare le emissioni di metano nell'atmosfera e sviluppare strumenti internazionali per misurarle, se poi uno sconsiderato (ecologicamente ancor prima che politicamente) attentato come quello dello scorso settembre al Nord Stream e ai suoi due gasdotti che collegavano la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico, basta per spargere una quantità tra le 75.000 e le 230.000 tonnellate di metano, trasformando il paradigma della guerra al metano nella guerra con il metano.

Non è una cosa da poco, perché secondo l’United Nations Environment Programme (Unep) nella lotta al cambiamento climatico le emissioni di metano sono una componente spesso sottovalutata nonostante le “Enormi perdite di metano, note come eventi super-emettitori, che si sono verificate in questi ultimi dieci anni nei giacimenti di petrolio e gas di tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Turkmenistan”. I rilasci, “la maggior parte dei quali possono essere ricondotti a guasti alle apparecchiature, possono durare per settimane”, hanno effetti nefasti sul clima. Per l’Unep “Rimane difficile tracciare le emissioni di metano, che è incolore, inodore, ma responsabile di oltre il 25% del riscaldamento globale che la Terra sta vivendo oggi. A causa della sua struttura, il metano intrappola più calore nell’atmosfera per molecola rispetto all’anidride carbonica (CO2) rendendolo 80 volte più dannoso della CO2 nei 20 anni successivi al rilascio nell’atmosfera”. Così, mentre a livello mondiale si sviluppano piani per ridurre le emissioni ed evitare gli effetti peggiori del cambiamento climatico, per l’Unep è fondamentale migliorare la gestione della quantità di metano rilasciata nell’atmosfera, visto che “Solo una riduzione del metano antropico del 45% in questo decennio manterrebbe il riscaldamento globale al di sotto della soglia delineata dall’Accordo di Parigi”.

Bene ad oggi il fine, anche il più nobile, come salvare l'Ucraina, sembra giustificare i mezzi più ignobili, come ha scritto l'8 febbraio in un articolo che ha suscitato molte e legittime perplessità, Seymour Hersh. Secondo il famoso giornalista statunitense, vincitore del Premio Pulitzer nel 1970 per l’indagine sul Watergate e che rivelò anche la strage di Mỹ Lai perpetrata in Vietnam dai militari statunitensi e la partecipazione della Cia al golpe contro il presidente socialista cileno Salvador Allende, a far saltare in aria i gasdotti sarebbero stati i sommozzatori della Marina Usa collocando cariche esplosive a tempo sotto i gasdotti Nord Stream 2 nel giugno 2022, durante le esercitazioni NATO BALTOPS 22. Ad aiutare gli statunitensi ci sarebbe stata anche la Norvegia (non si capisce bene quanto consapevolmente) e 3 mesi dopo le bombe sono state fatte esplodere da remoto. Hersh, che basa la sua tesi sulla testimonianza di un'unica fonte, sostiene che il presidente Usa Joe Biden abbia deciso di sabotare il Nord Stream dopo più di 9 mesi di discussioni segrete con il suo team sulla sicurezza nazionale di Washington, team che del cambiamento climatico e della comune “barca mondiale” sulla quale siamo tutti a bordo non sembra preoccuparsi poi troppo.

Indipendentemente dalle responsabilità e dalle polemiche che seguiranno, anche questo inquinamento da metano andava evitato e a ricordarcelo in febbraio non sono stati certo gli esperti di sicurezza nazionale USA, ma gli studiosi internazionali dell'Unep, autori del Draft Working Paper Estimate of total methane emissions from the Nord Stream gas leak incident” pubblicato proprio dall’Imeo. I ricercatori hanno appunto quantificato tra le 75.000 e le 230.000 tonnellate la quantità di metano fuoriuscito dopo i sabotaggi (chiamati nel paper diplomaticamente “incidenti”) ai gasdotti del Nord Stream 2 nei fondali del Mar Baltico. Il documento dell’Unep ha sintetizzato le stime della perdita di gas dal Nord Stream prodotte da diverse organizzazioni di ricerca e poi le ha integrate con le misurazioni in loco eseguite dal Centro aerospaziale tedesco (DLR). Dribblando ogni polemica, Andrea Hinwood, chief scientist dell’Unep, ha dichiarato che “Questa analisi mostra che è importante considerare metodi di osservazione e stima complementari per caratterizzare le emissioni di metano. Questa è stata la chiave per valutare la quantità di metano emessa durante la perdita del Nord Stream”. Per quanto grave è importante mettere in prospettiva la perdita del Nord Stream e l’analisi dell’Unep suggerisce che la quantità di metano fuoriuscito rappresenta meno dello 0,1% delle emissioni totali annue di metano prodotto dall’uomo, praticamente le emissioni di metano rilasciate dall’industria petrolifera e del gas in un solo giorno. 

 Per Manfredi Caltagirone di Imeo “Anche questo evento ci ricorda che non è mai stato così urgente tagliare il metano ora, se vogliamo affrontare il cambiamento climatico a breve termine”. Le industrie del petrolio e del gas, infatti, sono oggi le principali produttrici di questo potente gas serra perché lo emettono durante la trivellazione, la produzione e la distribuzione. A volte il metano viene rilasciato intenzionalmente, anche dagli impianti di petrolio e gas per motivi di sicurezzaIn molti casi se le emissioni non vengono catturate da un satellite e questo enorme potenziale inquinante passa completamente inosservato, almeno per noi, non certo per il clima. Il modo per individuare tutte le emissioni, grandi e piccole, è disporre di sempre più buoni regimi di monitoraggio e magari avere Governi e governanti di maggior buon senso.

Alessandro Graziadei



Nessun commento:

Posta un commento