sabato 25 febbraio 2023

Il Po non regala ottimismo

Complessivamente il livello di severità idrica del Po è l'indice della siccità del Belpaese. Tra qualche mese le immagini del Po e con lui di molti altri fiumi italiani mostreranno uno scenario ancora più desolante in cui la penuria diffusa di acqua disponibile dovuta ad un inverno siccitoso e scarsamente nevoso su tutto l’arco alpino condiziona e aggrava pesantemente le già acclarate difficoltà territoriali di ambientebiodiversitàagricoltura e habitat. Come ogni anno l'Osservatorio dell'Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi) ci ricorda che “al nord la crisi idrica è endemica mentre al centro sud riappare lo spettro alluvionale”. Senza nuove infrastrutture la situazione del Belpaese è destinata progressivamente a peggiorare, per questo secondo Francesco Vincenzi, presidente dell'Anbi “è necessario creare infrastrutture per garantire omogenee riserve idriche al Paese, pena l'abbandono di qualsiasi prospettiva di autosufficienza alimentare”. L'allarme è serio, ma non è una novità. Lo scorso anno, sempre Vincenzi, alla luce dei dati sulle risorse idriche, ci ricordava che l’Italia stava dando la conferma locale di un allarme ormai planetario: “Non siamo soliti lanciare inutili allarmismi ed è vero che c’è ancora tempo, seppur sempre meno, per recuperare il deficit idrico in ampie zone d’Italia, ma è altrettanto vero che uno stato di siccità conclamata si sta registrando lungo la Penisola, in maniera diversificata, da circa un anno, facendo seguito ad un 2021 già particolarmente arido”. Di fatto per Vincenzi la situazione già nel 2022 ci faceva ritenere “che la sofferenza idrica stia diventando un fattore endemico lungo la Penisola”. Aveva ragione! 


Sempre un anno fa anche l’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po (ADBPo), spiegava che le continue portate al ribasso “Sono il sintomo chiaro di un generale ed esteso stato di estrema gravità idrica nell’intera area del Po”. Oggi? Gli indicatori idro-meteo-climatici di ADBPo e le analisi integrate presentate ad inizio febbraio nel primo incontro di quest'anno dell’Osservatorio Permanente sugli utilizzi idrici del Fiume Po, che insieme alle regioni e alle relative agenzie di monitoraggio raccoglie tutti i portatori di interesse dell’area padana coinvolti nella gestione della risorsa idrica del Po, “proiettano un quadro idrico complessivo di manifesta sofferenza”. Purtroppo, e non c'è da stupirsi, ciò che è emerso dalle singole relazioni presentate dai relatori tecnici intervenuti al meeting, evidenzia "Una situazione di conclamato deficit idrico in gran parte delle regioni del Nord: Piemonte e Lombardia in testa ma anche in Veneto e Trentino e un gap, meno marcato rispetto allo scorso anno, nell’area Emiliano Romagnola dove le ultime piogge, corredate da alcune nevicate, hanno contribuito a ricaricare i torrenti Appenninici e di conseguenza ad incrementare le portate del fiume”. Come lo scorso anno una delle principali criticità è rappresentata dallo scarso riempimento dei grandi laghi alpini, con una soglia di risorsa invasata ad oggi estremamente scarsa per rappresentare una “scorta” in grado di rispondere, se non pioverà ancora abbondantemente, alle esigenze dei prossimi mesi in cui prenderà il via la stagione dell’irrigazione. 


Anche sul fronte delle temperature esasperate dal cambiamento climaticorileva sempre l'Autorità di Bacino, “si registra un incremento generalizzato di 1°-1,5°C nel mese di Gennaio, mentre la neve, che a differenza dello scorso anno è caduta (inferiori alle medie, superiori alle minime), è comunque risultata scarsa sui rilievi Alpini e quindi non sufficiente per alimentare con continuità anche i bacini artificiali deputati alla produzione di energia idroelettrica”. Nel Delta del Po da alcuni anni preoccupa anche l’intrusione salina che potrebbe incrementarsi in caso di diminuzione della portata del fiume. Importante, nell’analisi approfondita del contesto, la segnalazione comunicata da Utilitalia, l’associazione che riunisce i gestori del servizio idrico integrato, che segnala “un abbassamento ulteriore delle falde acquifere sotterranee per impiego idropotabile e un approvvigionamento già effettuato con autobotti nel Biellese e nel Novarese, oltre a numerosi comuni in stato di preallarme. Per Anbi, ormai “Come lo scorso anno, siamo completamente dipendenti dalle incerte future precipitazioni per iniziare l’irrigazione continuativa delle colture”. Si sta progressivamente delineando nel distretto la necessità di intervenire per tempo sulle leve legislative a disposizione per poter affrontare le potenziali crisi idriche, sempre più frequenti, con strumenti decisionali idonei ai livelli delle necessità. Per questo secondo il segretario generale di ADBPo Alessandro Bratti La normativa del 2006 richiede un adeguamento rispetto alla governance territoriale a causa dei mutamenti climatici. Sarebbe necessario, quindi, mettere mano alla legge per incrementare le possibilità di adattamento alle crisi idriche e le opportunità di difesa”.


L’Osservatorio tornerà a riunirsi il prossimo 9 marzo, intanto si ha la sensazione che dalla politica (di oggi e di ieri) non sia adeguatamente percepita la gravità della situazione. Accanto alla programmazione di interventi strutturali in prospettiva e alla convocazione continua di tavoli di concertazione per definire l’utilizzo migliore di questo vitale bene comune che è l'acqua, servono risposte concrete a territori, imprese e cittadini che non possono più tollerare la liturgica dichiarazione di “stato di calamità” per eccesso o scarsità di acqua. Attualmente nel Mondo la siccità colpisce circa 1,5 miliardi di persone, ma secondo le stime, nel 2030 il 40% della popolazione mondiale sarà soggetta a condizioni di stress idrico. Siamo purtroppo  parte del problema anche qui in Italia.


Alessandro Graziadei


 

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