Gli attivisti Zafer Kizilkaya (Turchia), Alessandra Korap Munduruku (Brasile), Chilekwa Mumba (Zambia), Tero Mustonen (Finlandia), Diane Wilson (Stati Uniti) e Delima Silalahi (Indonesia), hanno ricevuto a fine aprile il Premio Goldman 2023, il più importante riconoscimento al mondo legato al tema della difesa e della tutela dell’ambiente. Delima è una donna indigena di 46 anni appartenente ai gruppi etnici Batak del distretto di North Tapanuli, nel Nord di Sumatra ed è la direttrice esecutiva dell’ong Kelompok Studi dan Pengembangan Prakarsa Masyarakat (KSPPM). Ha ricevuto il Premio Goldman per la battaglia che ha permesso a sei tribù di riappropriarsi di oltre 17mila acri di foresta che una grande azienda per la produzione di pasta di legno e carta stava trasformando in una piantagione di eucalipto. “L'Indonesia - hanno ricordano durante la cerimonia di premiazione i promotori del Premio Goldman - è uno dei Paesi con maggiori responsabilità nell’aumento dei gas serra per via del taglio e dell'incendio di foreste e torbiere per la creazione di piantagioni industriali; tra il 2015 e il 2019, gli incendi hanno bruciato 10,8 milioni di acri di foreste e torbiere, una superficie più grande dell’intera estensione dei Paesi Bassi. Allo stesso tempo, l'Indonesia ha la terza più grande area di foreste pluviali al mondo, in grado di immagazzinare enormi quantità di carbonio, essenziali per combattere il cambiamento climatico”. Proteggere questo bene comune mondiale ha un'importanza vitale.
Con il suo attivismo la Silalahi, attraverso la KSPPM, è riuscita a garantire a sei comunità indigene nel nord di Sumatra il riconoscimento dei diritti fondiari su 17.824 acri di foresta tropicale. La sua comunità indigena ha recuperato questo territorio dalla Toba Pulp Lestari (TPL) che lo aveva parzialmente convertito in una piantagione industriale di eucalipto. Ora che le sei comunità ne hanno nuovamente ottenuto la titolarità hanno iniziato a ripristinare nell’area le specie forestali autoctone. Non è stato un confronto facile quello con la TPL, visto che l'azienda produttrice di pasta di legno e carta ha letteralmente invaso le foreste del Nord di Sumatra e quando le comunità locali hanno protestato per la distruzione delle loro foreste, la multinazionale ha potuto contare sul costante supporto della polizia, che ha in più occasioni disperso e arrestato con la forza i manifestanti. Preoccupata per le violenze e la massiccia espropriazione di territori indigeni a favore dell'industria della cellulosa e della carta, che ha un'enorme impatto sulle foreste della regione del lago Toba, Delima e il suo team di attivisti ambientali del KSPPM hanno iniziato a organizzare le comunità locali per rivendicarne i diritti in tutte le occasioni e le sedi legali indonesiane. La Silalahi ha così viaggiato per mesi di villaggio in villaggio informando la popolazione, e questo nonostante nelle comunità Tano Batak le donne siano spesso escluse dal processo decisionale. Così nel febbraio 2022, grazie all'impegno di Delima, il governo indonesiano ha concesso a sei comunità Tano Batak la gestione legale delle loro foreste tradizionali e nel 2013 la Corte costituzionale indonesiana a confermato che le foreste consuetudinarie dei Batak “Non sono foreste statali”, offrendo così alle popolazioni indigene indonesiane la possibilità di rivendicarne i diritti e la gestione legale.
Adesso Delima e il KSPPM sostengono attivamente le comunità Batak nel rimboschimento e nel ripristino dell'ecosistema, aumentando la copertura arborea delle foreste e la loro naturale resilienza al clima. Ma la minaccia delle industrie del legno non è l'unica che incombe sulle foreste indonesiane. Il relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, Michel Forst, ha ricevuto lo scorso marzo alcune organizzazioni della società civile indonesiana colpite dall'attività mineraria che hanno raccontato le minacce sociali e ambientali subite e hanno chiesto informazioni sui modi in cui le Nazioni Unite possono sostenere le denunce ricevute. Durante l'incontro, l'attivista Guadalupe Rodriguez ha consegnato a Forst una lettera preparata da WALHI South Sulawesi, un'organizzazione partner in Indonesia del network internazionale Salviamo la Foresta, nella quale questi difensori dei diritti umani, civili e ambientali hanno raccontato in modo dettagliato la contaminazione tossica del fiume Lawewu nella comunità di Sorowako e delle fonti d'acqua nella comunità di Asuli, rispettivamente nei distretti di Nuha e Towuti. La sostanza tossica che ha contaminato le acque è il cromo esavalente, la cui comparsa desta grande preoccupazione tanto che le “Le attività di estrazione del nichel della PT Vale Indonesia, che hanno inquinato i fiumi circostanti, hanno inquinato indirettamente anche il lago Matano, che ha un alto valore di conservazione per l'area”, hanno spiegato nella lettera i rappresentanti delle popolazioni indigene.
La PT Vale Indonesia è la più grande azienda di estrazione e lavorazione del nichel in Indonesia, posseduta in maggioranza da aziende canadesi, statunitensi e giapponesi e non stupisce quindi che questi difensori delle foreste indonesiane, che hanno denunciato l'attività estrattiva, stiano affrontando minacce e fermi da parte della polizia che hanno portato anche all'arresto e alla detenzione, proprio come è accaduto alla Silalahi e alle comunità Batak. Da un punto di vista strettamente legale le informazioni fornite al relatore sono rilevanti per il suo mandato, che riguarda i Paesi firmatari della Convenzione di Aarhus, che garantisce l'accesso alle informazioni e la partecipazione della società civile ai processi decisionali in materia ambientale. L'esperienza di Delima Silalahi fa ben sperare, ma come sappiamo il nichel è considerato uno dei metalli che molto probabilmente saranno aggiunti alla cosiddetta Lista delle materie prime critiche già nel corso del 2023, un elenco che viene aggiornato ogni tre anni e che raccoglie i materiali di cui l'Unione europea ha bisogno con maggiore urgenza. L'urgenza di avere accesso a questi materiali per le industrie europee condiziona le relazioni politiche, diplomatiche e commerciali con i Paesi che li ospitano, come l'Indonesia, che sta approfittando della situazione facendosi guidare da interessi economici piuttosto che dalle reali necessità della popolazione.
Alessandro Graziadei
Nessun commento:
Posta un commento