Chiuso il mondiale dell’ipocrisia lo scorso dicembre, del Qatar è rimasta solo la cartolina. Un enorme spot pubblicitario offerto alla monarchia costituzionale e petrolifera da quella immensa vetrina internazionale che è stato il primo campionato mondiale di calcio invernale e mediorientale, che ha fatto da palcoscenico alla vittoria dell’Argentina. Abbiamo “normalizzato” un Paese che ha provato a rifarsi il look non con le riforme, ma con la corruzione dei parlamentari europei e abbiamo fatto finta di niente davanti alla decisione di giocare un mondiale in un Paese autocratico e integralista nell’applicazione della legge islamica, che ha ospitato il pallone solo per convenienza. I soldi della ricca famiglia reale Al Thani hanno “distratto” il presidente della FIFA Gianni Infantino dal fatto che questo Paese non amava e continua a non amare i media liberi (e quelli che non hanno accettato il decalogo di comportamento durante il torneo), non amava e continua a non amare le donne, specie se indipendenti e senza velo, non amava e continua a non amare i diritti civili e meno che mai quelli umani o dei lavoratori, che ha causato circa 6.500 operai migranti morti e altre migliaia infortunati nella costruzione degli “stadi nel deserto”, oggi “cattedrali nel deserto” non facilmente “riciclabili” come ci era stato raccontato. Intanto la monarchia qatariota, si è “assolta” da sola per quanto riguarda le morti degli operai migranti e senza mai smentire le cifre dei decessi ha continuato a dichiarare che il numero di morti è "proporzionato al numero di migranti che lavorano nel Paese"… Peccato che circa il 70% dei decessi avvenuti nei cantieri siano stati registrati come dovuti a cause naturali, senza predisporre un’autopsia per verificare le reali cause del decesso.
Come se non bastasse, a sei mesi di distanza dalla fine della rassegna calcistica, Fifa e Qatar devono ancora offrire “un regime efficace e accessibile” per disporre i risarcimenti per centinaia di lavoratori migranti, assunti in qualità di addetti alla sicurezza in occasione dei mondiali di calcio di novembre e dicembre 2022 in Qatar, e vittime di abusi, maltrattamenti e violazioni dei diritti. La denuncia è arrivata da Amnesty International che in un report dello scorso 15 giugno, attraverso documenti e interviste alle vittime, ha reso pubbliche le sofferenze e le privazioni subite di questi lavoratori migranti e la volontà di insabbiare la ricerca della verità e la tutela dei diritti da parte della monarchia qatariota. L’indagine mostra che gli addetti e le guardie di sicurezza che hanno lavorato negli impianti del mondiale, assunti dalla Teyseer Security Services (società con sede in Qatar), hanno subito molteplici abusi, fra questi commissioni e pagamenti per assunzioni, costi gonfiati legati al loro lavoro, dichiarazioni fuorvianti su termini e condizioni dell’impiego. Amnesty ha interpellato 22 lavoratori provenienti da Nepal, Kenya e Ghana, fra le migliaia assunti da Teyseer. La maggioranza è arrivata in Qatar a metà ottobre 2022 con contratto di soli tre mesi. Tutti hanno sostenuto costi legati al reclutamento: almeno 16 hanno detto di aver pagato più di 200 dollari Usa, tra cui quattro che hanno pagato oltre 600 dollari, pari a circa un terzo dei guadagni complessivi. Per qualcuno i costi hanno incluso fino a 300 dollari di commissioni per le agenzie di reclutamento, oltre a valutazioni mediche prima del viaggio in Qatar, test Covid-19 e controlli del casellario giudiziario.
Secondo il report di Amnesty, un 33enne del Ghana, ha pagato quasi 400 dollari di spese: “Ho dovuto chiedere un prestito per pagare le spese di viaggio. Le sto ancora pagando”, perché “quello che ho guadagnato non era sufficiente”. Un altro suo connazionale di 24 anni, che lavorava in un campo di allenamento di una delle squadre presenti alla competizione, ha dichiarato che “Alla fine ci ho rimesso, perché ho pagato quasi 700 dollari prima di partire. Ho ricevuto solo circa 1.500 dollari” con un guadagno netto di 780 dollari. “Avrei preso di più se fossi rimasto in Ghana. Ho perso il lavoro a causa del viaggio, quindi sono tornato con pochi soldi e per di più disoccupato” ha concluso. Oltre un terzo degli intervistati ha dichiarato di aver lavorato per 12 ore al giorno, fino a 38 giorni consecutivi senza riposo o retribuzione adeguata per gli straordinari, in violazione alle leggi locali del Qatar e internazionali. Le mansioni richiedevano in molti casi di stare in piedi per ore senza pause e la gestione di grandi folle senza formazione o sostegno adeguati. Per un 26enne nepalese, che ha lavorato come assistente alla metropolitana di Souk Waqif, “È stato un lavoro difficile perché vi era una sola stazione della metropolitana nella zona ed era sempre troppo affollata. Dovevo stare in piedi per dieci o dodici ore al giorno... appoggiando la schiena alle barricate. A volte ci sentivamo molto spaventati perché c’era troppa gente e ci spingeva nella calca”.
Secondo l’ong, per voce del suo responsabile del settore Giustizia economica e sociale Steve Cockburn, “Gli organizzatori della Coppa del Mondo erano ben consci dei problemi, ma non sono riusciti a mettere in pratica le misure adeguate per tutelare i lavoratori e prevenire abusi”. A sei mesi dalla fine dei mondiali Fifa e Qatar devono ancora offrire “giustizia e risarcimenti” visto che al termine dei contratti temporanei, i lavoratori (quasi tutti migranti) sono stati costretti a tornare nei Paesi di origine, vedendosi di fatto negata la possibilità di ricorrere alle vie legali per far valere i propri diritti. Nonostante le ripetute segnalazioni e denunce fatte alla Teyseer, alla Fifa e alle istituzioni del Qatar, al momento nessuna delle realtà implicate sembra essersi mossa o aver intrapreso azioni efficaci per affrontare il problema e le legittime richieste dei lavoratori sono ancora in sospeso anche perché, se da un lato Doha ha finalmente introdotto mezzi per denunciare gli abusi sul lavoro, dall’altro i lavoratori devono trovarsi in Qatar per accedere ai tribunali e al sistema di risarcimento. Sono esclusi reclami e querele a distanza. L'ennesima "vittoria" di questo mondiale dell'ipocrisia!
Alessandro Graziadei
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