Alle compagnie idriche del Regno Unito viene a volte consentito per legge di sversare liquami nei corpi idrici dopo forti piogge per evitare che il sistema si sovraccarichi. Una soluzione a lungo “abusata” visto che a quanto pare questi sversamenti “straordinari” sono diventati ordinari. Nel 2022, le acque reflue non trattate sono state scaricate nei fiumi e nei mari per 1,75 milioni di ore, in media 825 volte al giorno. Secondo l’ultima “Guidance Swim healthy” pubblicata nel giugno 2019 dall’Environment Agecy e da Public Health England (cioè dal Governo del Regno Unito) le acque reflue non trattate contengono batteri come E.coli e virus come l’epatite, che possono essere dannosi per gli animali e l’uomo. Nuotare in acque dove vengono scaricate acque reflue non trattate può portare a gravi malattie e causare diarrea e vomito, infezioni respiratorie, della pelle degli orecchi e oculistiche. Nel 2022 l’Commons Environmental Audit Committee aveva avvertito che i fiumi del Regno Unito sono un “cocktail chimico” di liquami e microplastiche. Nel novembre 2021 il Natural History Museum aveva messo in guardia sugli effetti mortali dell’inquinamento da acque reflue sugli ecosistemi. Per Anne Jungblut, ricercatrice del Museum, “Le acque reflue rilasciate nei fiumi contengono molto azoto e fosforo. Questi possono stimolare la crescita di alghe, come il fitoplancton nell’acqua o le stuoie note come biofilm nei sedimenti, che possono portare a fioriture algali che sottraggono ossigeno”. Tra gli animali più colpiti dalla mancanza di ossigeno ci sono gli insetti d’acqua dolce, molti dei quali trascorrono lunghi periodi del loro sviluppo nei fiumi. Per Steve Brooks, entomologo del Museum, “Gli insetti sono come un canarino in una miniera di carbone, forniscono un sistema di allerta precoce se qualcosa non va. La maggior parte degli invertebrati acquatici in un fiume dipende da alti livelli di ossigeno perché la maggior parte non ha la possibilità di nuotare in superficie perché verrebbe spazzata via. Quando questo ossigeno scompare a causa delle acque reflue, anche le specie di insetti scompaiono”. A sua volta, questo ha un effetto a catena sulla salute dei pesci.
Queste rivelazioni sul pesante inquinamento da acque non depurate, che compromette irreparabilmente la biodiversità acquatica, hanno lasciato il segno e hanno fatto crescere l’indignazione dell’opinione pubblica inglese tanto che nelle scorse settimane Ruth Kelly, presidente Water UK, l’ente che rappresenta le 9 principali compagnie idriche e fognarie inglesi, si è scusata per non aver agito abbastanza rapidamente: “Siamo dispiaciuti per il turbamento e la rabbia per il fatto che negli ultimi anni si sono verificate fuoriuscite di acque reflue non trattate sulle spiagge e nei fiumi”. I fornitori di acqua hanno dichiarato di essere pronti ad investire 10 miliardi di sterline per affrontare il problema degli sversamenti di acque reflue, ma hanno candidamente ammesso che i loro clienti potrebbero vedere un “modesto” aumento delle bollette. Se il deputato conservatore Philip Dunne, si è detto soddisfatto visto che “Il settore idrico e fognario è in modalità di ascolto e ha fornito un piano promettente per affrontare la scarsa qualità dell’acqua e adottare misure fondamentali per migliorare l’invecchiamento delle infrastrutture fognarie del Paese”, per Jim McMahon, segretario ombra per l’ambiente del Labour Party “Il governo è in parte responsabile della situazione. I 13 anni di fallimenti del governo Tory hanno lasciato un sistema spezzato, ammantato da una spaventosa storia di inerzia. I conservatori sono il problema, non la soluzione”. Un parere condiviso anche dal leader dei liberaldemocratici Ed Davey per il quale “Questo Governo conservatore è stato patetico nel fermare gli scarichi delle acque reflue nei fiumi”. Nel Regno Unito i servizi idrici e fognari sono privati, una condizione che per il leader del Green Party UK, Adrian Ramsay, non ha aiutato: “Fiumi e coste in tutto il Paese hanno affrontato anni di aggressioni da parte delle compagnie idriche e di un governo che si è rifiutato di agire. Chiedere semplicemente scusa non è sufficiente e suggerire che il pubblico debba pagare per qualsiasi miglioramento, dopo che negli ultimi 30 anni sono stati pagati 57 miliardi di sterline agli azionisti, aggiunge solo la beffa al danno”.
L’accusa di Ramsay è precisa: “Per decenni, gli executives i dirigenti e gli azionisti delle compagnie idriche hanno incassato denaro che avrebbe dovuto essere investito in migliori infrastrutture” e davanti a questo fallimentare esperimento di privatizzazione appare evidente che un servizio così vitale come quello fognario dovrebbe essere gestito solo dal pubblico e per il bene pubblico, senza scopi di lucro. Solo nel 2022 le compagnie idriche hanno pagato 1,4 miliardi di sterline ai loro azionisti, per questo secondo Ramsay “I pagamenti agli azionisti devono essere interrotti con effetto immediato e, in definitiva, l’approvvigionamento idrico deve essere riportato di proprietà pubblica alla prima occasione praticabile per porre fine alle perdite, fermare gli scarichi fognari e tagliare le bollette”. Se per alcune associazioni ambientaliste l’annuncio è stato accolto con prudente favore, per altre le aziende stanno solo spostando il costo della loro inefficienza sui contribuenti, come ha ricordato il musicista e attivista ambientale Feargal Sharkey che ha definito la promessa di investire nella depurazione da parte di Water UK, “Una mezza scusa che è stata un altro tentativo di estorcere più soldi dai clienti. Li abbiamo pagati per un servizio che non abbiamo, ora stanno suggerendo di pagarli una seconda volta per un servizio che non abbiamo avuto. Dovrebbero scusarsi per la loro incompetenza e la loro avidità. Non c’è niente da festeggiare”.
E in Italia? Da anni Legambiente, attraverso le indagini estive di Goletta Verde, denuncia le condizioni non sempre eccellenti delle nostre acque interne e costiere, spesso a causa del mal funzionamento o dell’assenza di impianti di depurazione adeguati. Nell'ultimo decennio la situazione è migliorata, ma per Claudio Di Iaconi del Cnr-Irsa la buona depurazione delle acque è ancora una soluzione da implementare fondamentale per poter garantire la tutela ambientale del Belpaese: “Bisogna ricordare che l’Italia rimane un Paese ricco d’acqua dolce, con un consumo annuo di circa 40 miliardi di metri cubi. Recuperare e valorizzare gli ingenti volumi di acqua che vengono scaricati dai depuratori, che rappresentano circa il 25% del prelievo idrico del nostro Paese, non solo riduce l’impatto sui corpi idrici ricettori, ma contribuisce a prolungare il ciclo di vita dell’acqua dolce, fornendo all’agricoltura, responsabile in Italia per più del 50% del consumo di acqua dolce, una risorsa idrica aggiuntiva non convenzionale e non legata alla stagionalità dei fenomeni meteorologici”. Sviluppare piattaforme avanzate per il riutilizzo in agricoltura delle acque reflue urbane depurate in condizioni sicure ed efficienti, coerentemente con i principi della circolarità e della sostenibilità, con l’obiettivo di aumentare la disponibilità delle risorse idriche nelle aree aride del Paese sarà fondamentale per i nostri ecosistemi e per combattere la crescente emergenza idrica italiana.
Alessandro Graziadei
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