sabato 12 agosto 2023

Siamo diventati altamente infiammabili

 

Dopo il giugno più caldo mai registrato e una serie di eventi meteorologici estremi, secondo i dati del  Copernicus Climate Change Service (C3S), implementato dall’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts(ECMWF) dell’Unione europea, anche luglio ha superato ogni record. “Il mese è iniziato con il record giornaliero di temperatura media globale dell’aria superficiale battuto per 4 giorni consecutivi, dal 3 al 6 luglio. Tutti i giorni da allora sono stati più caldi del precedente record di 16,80° C, stabilito il 13 agosto 2016. Il giorno più caldo è stato il 6 luglio, quando la temperatura media globale ha toccato i 17,08° C. Ciò significa che le prime 3 settimane del mese sono state le 3 settimane più calde mai registrate”. Durante la prima e la terza settimana, le temperature hanno anche temporaneamente superato la soglia di 1,5° C al di sopra del livello preindustriale, un limite fissato dall’Accordo di Parigi e la temperatura media globale dell’aria superficiale per i primi 23 giorni di luglio è stata di 16,95° C. Un dato ben al di sopra dei 16,63° C registrati per l’intero mese di luglio 2019, che era fino a quest’anno il luglio più caldo mai registrato. Per il segretario generale dell’Onu, António Guterres, “Per l’intero pianeta, è un disastro. E per gli scienziati è inequivocabile: la colpa è degli esseri umani. Tutto questo è del tutto coerente con previsioni e avvertimenti ripetuti. L’unica sorpresa è la velocità del cambiamento”. Per Carlo Buontempo, direttore del C3S all’ECMWF, “Le temperature da record fanno parte del trend di drastici aumenti delle temperature globali. Le emissioni antropogeniche sono in definitiva il principale motore di queste temperature in aumento ed è improbabile che quest’anno il record di luglio rimanga isolato”. Secondo il segretario generale della World Meteorological Organization (Wmo) Petteri Taalas, “Le condizioni meteorologiche estreme che hanno colpito molti milioni di persone a luglio sono purtroppo la dura realtà del cambiamento climatico e un assaggio del futuro. La necessità di ridurre le emissioni di gas serra è più urgente che mai. L’azione climatica non è un lusso ma un dovere”. Per la Wmo “esiste una probabilità del 98% che almeno uno dei prossimi 5 anni sarà il più caldo mai registrato e una probabilità del 66% di superare temporaneamente 1,5° C al di sopra della media 1850-1900 per almeno uno dei prossimi 5 anni”. 


Anche se questo non significa che supereremo permanentemente il livello di 1,5° C specificato nell’accordo di Parigi che si riferisce al riscaldamento a lungo termine per molti anni, una delle conseguenze di queste temperature fuori controllo sono gli incendi. In Italia da mesi è emergenza incendi, una situazione che Legambiente ha elaborato analizzando quelli satellitari dell’European Forest Fire Information System (EFFIS), per scoprire che “In Italia da inizio anno al 27 luglio sono andati in fumo ben 51.386 ettari percorsi dal fuoco equivalenti a oltre 73.408 campi da calcio. Impressionati i dati dal 25 al 27 luglio: sono bruciati ben 31.078 ettari di vegetazione.  Mentre in questi giorni va a fuoco la Sardegna la gran parte degli ettari andati in fumo in luglio, ben 41.365 (pari all’80%), è bruciata in Sicilia, seguita da Calabria, 7.390 ettari, Puglia 1.456 ettari e Abruzzo 284 ettari”. Secondo Legambiente “Il più delle volte, si tratta di incendi dolosi appiccati da persone senza scrupoli che non guardano in faccia nessuno, come ben evidenziano anche i dati dell’ultimo rapporto Ecomafia.  Nel 2022 nella Penisola sono stati 5.207 i reati accertati per incendi dolosi, colposi e generici. Calabria e Sicilia restano saldamente al comando della classifica 2022 delle regioni più colpite dalle azioni incendiarie, rispettivamente con 611 e 544 reati contestati. Segue al terzo posto il Lazio con 479, la Toscana con 441 e la Lombardia, che dal decimo passa al quinto con 415.  Se si guarda indietro degli anni dal 2018 al 2022 in Sicilia sono stati 2.938 i reati accertati per incendi dolosi, colposi e generici, 191.386 gli ettari di superficie boscosa e non andati in fumo. Palermo (677), Messina (605) e Catania (444) le città con più illeciti. In Calabria dal 2018 al 2022 sono stati 2.709 i reati accertati di questo tipo, 63.196,30 gli ettari di superficie percorsi dalle fiamme. Cosenza (1652), Catanzaro (454) e Crotone (412) le città dove si sono registrati più illeciti di questo tipo”. 


Un quadro preoccupate che per il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani è importante che le istituzioni preposte prendano in seria considerazione: “In Italia l’emergenza incendi, aggravata dalla crisi climatica in corso, è ormai cronica come dimostrano le immagini apocalittiche […]. Una piaga che va assolutamente fermata con azioni di prevenzione e politiche mirate su cui Governo, Regioni e Comuni devono intervenire in maniera sinergica, perché gli incendi si possono prevedere e possono essere evitati, più difficile è spegnerli. Senza contare i danni che provocano, in termini, purtroppo, di vite umane, ambientali ed economici. Per questo abbiamo indirizzato al Governo Meloni dieci proposte di intervento chiedendo, tra l’altro, anche un inasprimento delle pene estendendo quelle previste dal Codice Penale per il reato di incendio boschivo a qualunque tipologia di incendio di vegetazione".  Secondo Legambiente la legge 68/2015 che ha introdotto gli ecoreati nel Codice penale può dare un importante contributo visto che nei casi più gravi si può configurare, per le conseguenze che hanno i grandi incendi boschivi, il delitto di disastro ambientale, che prevede fino a 15 anni di reclusione più le aggravanti. 


Certo non solo la legge può frenare gli incendi dolosi resi sempre più devastanti dal progressivo cambiamento climatico. Nuovi studi confermano che i territori con una gestione forestale attenta sono meno colpiti dagli effetti degli incendi, anche in condizioni climatiche e di infiammabilità gravi. A metterlo nero su bianco è stato il recente  studio “Active governance of agro-pastoral, forest and protected areas mitigates wildfire impacts in Italy”, pubblicato su Science of the Total Environment  da un  folto team di ricercatori italiani e al quale ha partecipato anche FSC, che ha analizzato il ruolo dei maggiori fattori-chiave che risultano determinanti nel causare incendi. Pendendo in esame il decennio 2007-2017, lo studio ha verificato l’ipotesi che la pianificazione e la gestione attiva del territorio in Italia mitighi gli impatti degli incendi in termini di perdita di servizi ecosistemici e copertura forestale. Per Giuseppe Bonanno, direttore di FSC Italia, “Negli ultimi anni l’andamento degli incendi, in relazione ai cambiamenti climatici, e i loro effetti sono sempre di più causa di preoccupazione, in particolare nell’area mediterranea. I trend generali segnano infatti un aumento della superficie colpita, insieme ad un generale aumento della frequenza, intensità e severità degli eventi”. A fronte di una tale situazione, la gestione responsabile del territorio e del patrimonio forestale, le politiche di conservazione della natura e un approccio integrato del sistema antincendio sono fondamentali per contrastare il fenomeno. “In Italia, in particolare, la superficie forestale è in aumento, ma sconta un grande problema di abbandono e la mancanza in molti casi di piani di gestione. L’esperienza dei boschi certificati FSC dimostra come si possa fare prevenzione fissando standard ambientali, economici e sociali che implicano un maggior presidio delle aree forestali” ha concluso Bonanno


Alessandro Graziadei


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