Secondo il sondaggio condotto dal locale Global Forest Torch, Food and Agriculture Organization, lo Sri Lanka è attualmente al 4° posto nel mondo per la distruzione delle foreste primarie, ovvero quei boschi intatti il cui ecosistema sussiste allo stato originario perché non è mai stato toccato da attività umane agricole o industriali e che in Sri Lanka ogni giorno viene ridotto di circa 28 ettari. Un vero e proprio sacrificio di un immenso patrimonio di biodiversità capace di assorbire tonnellate di CO2 dall’atmosfera, riducendo l’inquinamento generato dall’uomo. Eppure il Governo di Colombo (che come in tutto il mondo è in “buona” compagnia…) pare avere un’unica idea di sviluppo: le grandi opere, quelle capaci di rilanciare l’economia solo attraverso la proliferazione di centinaia di cantieri dalla durata e dal costo difficilmente quantificabile e che nel caso dello Sri Lanka dovrebbero servire a realizzare una nuova rete autostradale in tutto il Paese, che andrebbe ad implementare e migliorare quella già esistente.
A fine giugno il presidente Ranil Wickremesinghe ha, infatti, presentato gli ultimi aggiornamenti del “National Physical Planning 2048”. Avviato nel 2011, secondo il governo di Colombo del premier Dinesh Gunawardena segnerà “un passo significativo nello sviluppo non solo stradale, ma anche urbano e territoriale di tutto il Paese”; mentre per il ministro dello sviluppo urbano e dell’edilizia abitativa Prasanna Ranatunga il nuovo piano “andrà a migliorare il rapporto tra le città e le campagne tutelando il paesaggio naturale” come ha garantito il National Physical Planning Department, che sarà il garante del controllo della realizzazione delle opere stradali. Di diverso avviso, rispetto all’impatto delle opere che saranno realizzate, sono molti attivisti, come Ravindra Kariyawasam, ambientalista e coordinatore nazionale del Center for environmental and nature studies (CENS) dello Sri Lanka, che paventa una distruzione ambientale su larga scala del Paese con un annesso aumento del consumo di suolo: “Dall’avvio del National Physical Planning nel 2011 il Governo sta nascondendo quanto fatto e macina distruzione ambientale ovunque, celando i veri interessi del progetto”.
Secondo Kariyawasam la progressiva deforestazione “Porterà presto anche alla privatizzazione dell’acqua dello Sri Lanka” oltre ad una perdita di ecosistemi che avrà conseguenze gravissime, come ha ricordato anche l'ambientalista Kariyamaditte Gnanarama Thero che per il CENS ha eseguito diversi monitoraggi del National Physical Planning 2048. Per Thero “Nel piano del Governo c’è lo sviluppo di una nuova rete autostradale in tutto il Paese, che va sommata a quella già esistente. Molte foreste spariranno. A essere colpiti saranno addirittura 39 parchi nazionali. Senza dimenticare che il calo drastico della percentuale di foreste che ricopre il territorio, aumenterà l’impatto dei fenomeni estremi - come alluvioni e siccità - conseguenze sempre più evidenti del cambiamento climatico”. Le reti stradali del progetto attraverseranno anche le valli dei fiumi Kelani, Kalu, Bentara e Nilwala, zone in cui gli abitanti stanno affrontando diverse inondazioni e gli agricoltori hanno dovuto abbandonare i loro campi a causa della forza delle piogge sempre più intense. “La ragione principale di questi dissesti idrogeologici è proprio la costruzione della Sinharajaya Kudava Road, e della Sinharajaya Deniya Lankagama Road, che stanno riducendo quote importanti di foreste giorno dopo giorno. Una bomba ambientale autorizzata proprio dal National Physical Plan”, ha concluso Kariyawasam.
Ma le minacce all’ecosistema di questa splendida isola dell’Oceano Indiano non arrivano solo dall’interno. Il procuratore generale Sanjay Rajaratnam ha presentato a fine aprile un’azione legale presso la Corte commerciale di Singapore chiedendo un risarcimento per l’inquinamento marittimo causato dalla X-Press Pearl, la nave portacontainer che due anni fa prese fuoco nelle acque dello Sri Lanka provocando quello che è considerato il peggior disastro ambientale del Paese. Il 20 maggio 2021, infatti, la nave cargo battente bandiera di Singapore che trasportava 1.488 container, di cui 81 con merci pericolose composte da 25 tonnellate di acido nitrico, 348 tonnellate di petrolio e circa 75 miliardi di nurdle, piccole palline di plastica che servono per la produzione di prodotti in plastica, affondò al largo della costa occidentale dello Sri Lanka. Da allora il disastro ha avuto un impatto significativo sul delicato ambiente costiero dello Sri Lanka, sulle comunità locali e sull’economia legata alla pesca, causando la morte di un gran numero di specie marine. Nonostante le pressioni dell’Autorità per la protezione dell'ambiente marino (MEPA) dello Sri Lanka, le autorità locali sembrano avere avuto un approccio lento alla richiesta di risarcimento, visto che secondo le fonti del dipartimento del procuratore generale, era noto da tempo che Singapore sarebbe stata la sede appropriata per avviare un'azione di risarcimento in relazione al disastro della X-Press Pearl, dato che gli imputati del contenzioso, tra cui il proprietario della nave, il gestore e i dirigenti hanno una presenza commerciale a Singapore con società domiciliate lì. Eppure ci sono voluti quasi due anni solo per iniziare...
Come se non bastasse la decisione di aprire un processo a Singapore è controversa: “Alcuni esperti legali delle agenzie statali hanno evidenziato come la struttura giudiziaria dello Sri Lanka aiuterebbe a dimostrare meglio come il naufragio della X-Press Pearl sia il peggior disastro marittimo della storia dello Sri Lanka”, ha commentato l’avvocato Anuradha Munasinghe, un esperto di diritto marittimo. Così, se il caso verrà discusso come sembra a Singapore, verranno sicuramente applicate le leggi marittime più recenti, ma le parti che attendono giustizia temono che questo tentativo non riuscirà ad ottenere il risarcimento di 6,2 miliardi di dollari, cifra che secondo le stime coprirebbe buona parte dei danni subiti fino ad oggi. Nel frattempo il ministro della Giustizia, Wijeyadasa Rajapakshe, ha rivelato che è stata denunciata una massiccia tangente offerta per ostacolare il processo legale contro la X-Press Pearl ed evitare l’ottenimento dei risarcimenti. Mentre la polizia dello Sri Lanka indaga si prospetta una battaglia legale lunga e dagli esiti non scontati. L’unica cosa certa è l’ecocidio procurato e le derive ambientali ed economiche che ne conseguono e ne conseguiranno ancora per anni.
Alessandro Graziadei
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