In un anno, il 2023, in cui il cambiamento climatico ha scatenato il caos in tutto il Mondo con evidenti innalzamenti delle temperature e uno stravolgimento dei modelli meteorologici che hanno prodotto siccità, incendi, alluvioni... è chiaro che gli sforzi globali per ridurre le emissioni clima alteranti si fanno sempre più urgenti. Tuttavia, secondo lo “State of Climate Action 2023”, da poco pubblicato grazie al contributo di Climate Analytics, NewClimate Institute, ClimateWorks Foundation, UN Climate Change High-Level Champions e World Resources Institute (WRI), “I recenti progressi verso gli obiettivi allineati agli 1,5° C non stanno avvenendo al ritmo e alla portata necessari” e in questo decennio, “l’azione deve accelerare urgentemente per ridurre le emissioni di gas serra, aumentare la rimozione del carbonio e i finanziamenti per il clima”. Questo rapporto sullo Stato dell’Azione per il Climadelinea obiettivi tangibili per tutti i settori che rappresentano circa l’85% delle emissioni globali di gas serra (energia, edilizia, industria, trasporti, foreste e territorio, cibo e agricoltura) così come quelli focalizzati sull’incremento della rimozione tecnologica del carbonio e dei finanziamenti per il clima, per orientare così i governi ad adottare politiche in linea con il limite di 1,5° C dell’Accordo di Parigi. Cambiamento che per una delle principali autrici del rapporto, Louise Jeffery del NewClimate Institute, “Non è un’opzione; gli 1,5° C sono ancora raggiungibili, ma abbiamo urgentemente bisogno di un cambiamento radicale nell’azione per il clima”.
Gli scienziati del WRI confermano che “I progressi compiuti nel colmare il gap globale nell’azione climatica rimangono tristemente inadeguati: 41 dei 42 indicatori valutati non sono sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi del 2030. I progressi per oltre la metà di questi indicatori rimangono ben lontani dalla realtà, tanto che gli sforzi recenti devono essere almeno raddoppiati in questo decennio. Peggio ancora, altri 6 indicatori stanno andando nella direzione completamente sbagliata”. Come se non bastasse “All’interno di questo insieme di ritardi, gli sforzi per porre fine ai finanziamenti pubblici per i combustibili fossili, ridurre drasticamente la deforestazione ed espandere i sistemi di tariffazione del carbonio hanno sperimentato le battute d’arresto più significative nel progredire in un solo anno, rispetto ai trend recenti”. Nel 2021, infatti, il finanziamento pubblico per i combustibili fossili è aumentato notevolmente e, in particolare, i sussidi governativi sono quasi raddoppiati rispetto al 2020, raggiungendo i livelli più alti registrati in quasi un decennio. Nel 2022, invece, la deforestazione è aumentata fino a raggiungere i 5,8 milioni di ettari in tutto il mondo, perdendo in un solo anno un’area di foreste più estesa della superficie della Croazia. Per Claire Fyson, un'altra coautrice del rapporto del team politico di Climate Analytics “Qualcosa non quadra. I mercati dell’energia pulita sono rialzisti; i governi di tutto il mondo dovrebbero intervenire. Eppure continuano a utilizzare fondi e sussidi pubblici per mantenere il nostro passato fossile”. È assurdo continuare a investire in queste fonti energetiche, per questo all'imminente COP28 (30 novembre – 12 dicembre 2023 di Dubai) i governi dovrebbero concordare un’equa e rapida eliminazione dei combustibili fossili.
Le buone notizie? Negli ultimi 5 anni, la quota di veicoli elettrici nelle vendite di auto a livello mondiale è cresciuta esponenzialmente a un tasso medio annuo del 65%, passando dall’1,6% delle vendite nel 2018 al 10% delle vendite nel 2022. Per la prima volta nella serie dei questi rapporti questo indicatore è sulla strada giusta per raggiungere gli obiettivi del 2030. Per Helen Mountford della ClimateWorks Foundation “Stiamo vedendo i veicoli elettrici decollare più velocemente di quanto pensassimo possibile solo pochi anni fa, creando a loro volta enormi benefici per la salute pubblica, l’economia e il clima. Se riusciamo a replicare questi progressi in altri settori, questo dimostrerebbe che il cambiamento trasformativo è possibile se perseguito in uno sforzo concertato e di emergenza”. Tuttavia questa crescita della mobilità elettrica ha un costo sociale ed ambientale ancora enorme. Secondo il rapporto “An unjust transition? The new rush for Lithium in Africa” pubblicato questo mese da Global Witness, solo limitandosi ad analizzare l'Africa e il litio, l'”oro bianco” indispensabile per batterie e pale eoliche, emerge che “Tre miniere di litio in Zimbabwe, Namibia e Repubblica Democratica del Congo (RDC) sono collegate a importanti segnali di corruzione e accusate di violazioni dei diritti umani e ambientali”. Qualcosa di simile a quanto rivelato da Report con il cobalto del Congo o il nichel indonesiano che sono diventati molto popolari e diffusi perché costano relativamente poco, ma a fronte di diritti cancellati e danni ambientali enormi. Nulla di cui stupirsi. Purtroppo per le nuove materie prime della green economy europea e mondiale si sta ripetendo lo stesso meccanismo, che qualcuno ha chiamato “la maledizione del petrolio”, che ha caratterizzato lo sviluppo delle energie fossili: sfruttamento delle persone, devastazioni ambientali e accaparramento delle materie prime nei Paesi poveri da parte di quelli ricchi con le complicità delle locali élite corrotte e delle multinazionali sostenute dai governi dei Paesi industrializzati.
Che fare? Se di adattamento, mitigazione e di transizione ecologica, rapida e giusta è necessario parlare, conviene farlo bene, magari con una voce sola e non attraverso una molteplicità di attori che portano ad una frammentazione di approcci e a un’inefficiente comunicazione con coloro che possono effettivamente mettere in atto il cambiamento: i decisori politici. Con questo spirito sono nati in Italia gli Stati Generali dell’Azione per il Clima, una piattaforma di incontro e dialogo che è partita grazie a Ci Sarà Un Bel Clima in Val d’Ossola dall’1 al 3 settembre scorsi, riunendo moltissime realtà dell’attivismo italiano, tutte unite dall'intento di definire delle linee guida comuni per coloro che agiscono nell’ambito dell’attivismo ambientale. Il metodo adottato per gli Stati Generali è ispirato alle Assemblee dei Cittadini promosse da Extinction Rebellion, che mirano a rendere democratica e condivisa la risposta alla crisi climatica. Questo percorso partecipativo si svolgerà nell’arco di un intero anno e su cosa si sta concentrando e come sta procedendo ce lo ha raccontato Clara Pogliani portavoce di Ci Sarà Un Bel Clima: “L’idea degli Stati Generali nasce dal bisogno, evocato continuamente nel mondo dell’attivismo, di trovare convergenze e creare collaborazioni. Così abbiamo provato a creare uno spazio in cui queste necessità potessero realizzarsi. Per tenere insieme tante idee, persone, anime, abbiamo proposto di incontrarsi in un processo che avesse come fine la scrittura di un documento di proposte ai decisori politici. Se infatti chiunque sia attivo attorno al tema della crisi climatica concorda sulle principali soluzioni, il dibattito è invece sempre molto acceso su come attuarle. Il percorso degli Stati Generali vuole quindi accompagnare realtà diverse, con richieste diverse, a lavorare insieme per trovare proposte chiare e condivise da rendere attuabili attraverso un dialogo con la politica e la società civile. La prima assemblea dal vivo degli aderenti è stata un’occasione per conoscersi e per porre le basi per il lavoro successivo. Erano presenti più di 80 rappresentanti del mondo dell’azione climatica e una trentina di osservatori tra giornalisti, politici e cittadini. Dall’incontro sono emersi i temi chiave, condivisi tra tutti i partecipanti, della nostra proposta per la transizione ecologica in Italia e che rappresentano i sei tavoli di formazione su cui stiamo attualmente lavorando: energie, sistemi agroalimentari, educazione e formazione, mobilità, giustizia sociale e modelli economici, risorse naturali e territori. Il nostro obiettivo, oltre a dar vita a una rete italiana per l’azione climatica, è di creare un documento che determini quali sono i punti fondamentali per attuare la transizione in Italia, funga da proposta politica ed entri nel dibattito pubblico sul tema. Le elezioni europee di giugno 2024 sono la nostra ultima grande occasione per attuare la transizione giusta e necessaria per non superare la soglia degli Accordi di Parigi. Il nostro lavoro da qui a quel momento sarà di rendere l’emergenza climatica un tema per le agende politiche del maggior numero di candidati possibili”.
Insomma il clima sta cambiando e grande è la responsabilità che abbiamo oggi, tutti, nei confronti non solo di noi stessi, ma soprattutto delle prossime generazioni e di quelle che verranno dopo. Ci vorrà proprio “Un Bel Clima”, come quello di questi Stati Generali, per poter provare a cambiare le cose!
Alessandro Graziadei
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