sabato 18 maggio 2024

Fotovoltaico vs agricoltura. Ma veramente?

 

Uno spettro si aggira per l'Italia, per il Governo è il fotovoltaico agricolo, per il Quirinale no. Il Consiglio dei Ministri ha ripreso in mano il decreto legge Agricoltura che introduceva disposizioni urgenti per le imprese agricole anche nel campo delle energie rinnovabili proposte dal Presidente Giorgia Meloni, dal suo cognato il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida e dal Ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Per il Quirinale all’interno del provvedimento ci sarebbero almeno tre norme che non rispetterebbero i requisiti di urgenza per essere inseriti in un decreto.  Una in particolare riguarda lo stop all’installazione dei pannelli solari a terra nei campi agricoli, una disposizione che in queste ore è al centro di una mediazione avviata con il ministero dell’Ambiente per smussare la versione iniziale della norme che dichiarava non idonee al fotovoltaico moltissime aree agricole. Il primo testo di legge, non a caso, aveva suscitato un gran polverone anche all'interno della maggioranza, perché nel goffo tentativo del Governo di sostenere il lavoro e l'agricoltura, puntava ad introdurre “Un divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e un aumento dell'estensione di quelli già esistenti, nelle zone classificate come agricole dai piani urbanistici, fatti salvi gli impianti finanziati nel quadro dell’attuazione del PNRR, quelli relativi a progetti di agrovoltaico e quelli da realizzare in cave, miniere, aree in concessione a Ferrovie dello Stato e ai concessionari aeroportuali, aree di rispetto della fascia autostradale e aree interne ad impianti industriali”. Il Governo, che aveva ignorato le richieste delle maggiori associazioni ambientaliste e delle associazioni di categoria delle energie rinnovabili nel nome della salvaguardia dei terreni agricoli, dovrà adesso tener conto delle osservazioni di Mattarella. 


L'allarme sulla perdita di terreni agricoli sventolata dal Ministro Lollobrigida per giustificare parte dei contenuti del decreto era a ben vedere sembrata da subito piuttosto ridicola, visto che per ora in Italia su quasi 12,8 milioni di ettari disponibili, la percentuale di terreni agricoli dove è ad oggi presente il fotovoltaico si ferma allo 0,13%, ovvero circa 16mila ettari. Dal punto di vista tecnico, poi, un recente rapporto del Joint research center (Jrc) della Commissione europea ha chiarito che il solo sviluppo del solare sarebbe sufficiente a garantire il necessario sviluppo energetico da qui al 2030. Attualmente nella bozza di aggiornamento del piano energetico e climatico presentato dall’Italia alla Commissione Europea lo scorso giugno, si prevede l’installazione di 131 GW di energie rinnovabili entro il 2030, di cui 80 GW dal solare, 28 GW dall’eolico e 19 GW dall’idroelettrico. Per riuscirci lo sviluppo del solare a terra e l'implementazione dell’agrivoltaico con impianti fotovoltaici sollevati da terra, rappresentano oggi delle soluzione d’elezione per promuovere la diffusione dei pannelli sui terreni agricoli, dato che produrre energia rinnovabile e coltivare sullo stesso fazzoletto di terra è possibile e porta spesso mutui benefici alle due attività. Secondo Elettricità Futura, l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del mercato elettrico nazionale, “Con lo stop al fotovoltaico annunciato dal Governo sarebbero a rischio i target rinnovabili al 2030. Potrebbe infatti innescarsi un effetto domino con rialzi dei costi di realizzazione dei nuovi impianti e un aggravamento normativo e amministrativo, oltre alla difficoltà di raggiungimento dei target. Con questa decisione si renderebbe più cara l’energia che costa meno in assoluto, quella prodotta dal fotovoltaico a terra. L’elettricità prodotta con questi impianti fotovoltaici, infatti, costa un terzo dell’elettricità generata dagli impianti fotovoltaici residenziali sui tetti”. 


I contenuti del decreto Agricoltura sono sembrati (anche al Quirinale) in netto contrasto anche con l’impegno di triplicare le rinnovabili al 2030 assunto dal Governo al G7 appena lo scorso 30 aprile. Oggi in Italia abbiamo 66 GW di rinnovabili installate, triplicarle, significa arrivare a 198 GW installati entro 7 anni e per raggiungere il target al 2030 del RePowerEu che prevede di installare 84 nuovi GW di rinnovabili servirebbe solo lo 0,5% dei terreni agricoli e, ovviamente, si installerebbero gli impianti nei terreni agricoli non di pregio. Facendo un rapido calcolo, per raggiungere il target sottoscritto dall’Italia al G7 di triplicare le rinnovabili, servirebbe quindi circa l’1% dei terreni agricoli, un traguardo possibile raggiungibile senza sottrarre terreni all'agricoltura. Proprio per questo non solo gli industriali, ma anche le principali associazioni ambientaliste nazionali, come Legambienteavevano prontamente condannato il decreto Agricoltura, sostenendo la possibilità di una piena compatibilità (anche sotto il profilo paesaggistico) delle rinnovabili in agricoltura. “Il testo del decreto - ha spiegato il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani - è una norma senza senso, che non risolve il problema dell’eccessivo consumo di suolo, denunciato dal mondo agricolo e da quello ambientalista [...]. È insensato, ad esempio, vietare il fotovoltaico a terra nelle aree classificate come agricole dove non si dovrebbe o non si può coltivare: è il caso della “solar belt”, la cintura solare intorno alle aree industriali, dei terreni all’interno dei siti di interesse nazionale (SIN) e regionale (SIR) da bonificare, di quelli che sono accanto alle autostrade e alle ferrovie, delle aree agricole dove ci sono le cave, solo per fare qualche esempio.  La diffusione delle rinnovabili non è in antitesi con l’agricoltura, anzi è di grandissimo interesse anche per il mondo agricolo che, come tutti, paga le bollette impazzite a causa delle speculazioni sul gas ed è tra le prime vittime della crisi climatica. Non mancano le soluzioni avanzate: l’agrivoltaico innovativo, ma anche quello più tradizionale, con i filari di pannelli molto distanziati, garantiscono da tempo la convivenza tra la produzione agroalimentare ed energetica”. 


Se autorevoli istituzioni internazionali come Iea, Bce e Bei chiedono di accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, ovvero le fonti più economiche e sostenibili, per Elettricità Futura una parte deve farla anche il mondo dell'agricoltura, “Meglio se attraverso la stesura di un Testo unico per le autorizzazioni (provvedimento atteso da giugno 2023) per rendere organiche le varie semplificazioni introdotte in questi anni sulla individuazione strutturata delle aree agricole più idonee”. In presenza di regole chiare non esisterebbe alcuna conflittualità tra lo sviluppo delle rinnovabili e la tutela del settore agricolo e anche il non proprio “verdissimo” Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin aveva subito espresso la sua contrarietà alla proposta del ministro Lollobrigida sostenendo che in merito alla proposta di fermare la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici sui terreni agricoli “L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra la protezione degli agricoltori e delle loro terre, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e l’incoraggiamento degli investimenti aziendali”. D’altro canto, se si vuole davvero cogliere la sfida di rendere più produttivo e proteso all’autosufficienza un Paese come il nostro, che sulle rinnovabili arranca, non si possono distogliere superfici utili ed è surreale che le energie rinnovabili sembrino un problema in un Paese con un mix energetico tremendamente sbilanciato rispetto ai combustibili fossili. Occorre sviluppare sistemi di produzione capaci di trovare il giusto equilibrio tra la tutela dell’ambiente e dell’agricoltura. La domanda è: questo Governo ci riuscirà?


Alessandro Graziadei

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