Nelle scorse settimane, mentre a Baku si lavorava ad un timido accordo alla COP 29, le correnti atmosferiche e i venti hanno causato un picco di inquinamento atmosferico nella provincia del Punjab, al confine con l'India. Il governo provinciale è stato costretto a chiudere le scuole nel capoluogo Lahore ad inizio novembre e ha chiesto al governo centrale di Islamabad di avviare un'azione urgente per affrontare l'inquinamento atmosferico transfrontaliero dovuto allo smog proveniente dall'India attraverso un’azione diplomatica per fare in modo che l’inquinamento non porti ulteriormente i livelli di qualità dell'aria ben sopra di quelli considerati sicuri dall'Organizzazione mondiale della Sanità(WHO). La capitale dell'India, New Delhi (da anni tra le città più inquinate e la sua qualità dell’aria) ha infatti nelle ultime settimane un indice di qualità dell'aria (AQI) di oltre 380, collocandosi nella fascia alta della categoria "molto scarsa". Secondo gli esperti, il National Capital Territory di Delhi e le aree circostanti, senza sbocco sul mare, sono particolarmente vulnerabili all'accumulo di smog durante la stagione invernale, ma l'impennata più recente dell'inquinamento è stata registrata dopo le celebrazioni in novembre della Festa delle Luci (Diwali), durante il quale tradizionalmente vengono fatti esplodere un numero incredibile di petardi e fuochi artificiali. Il divieto di vendita e produzione di petardi nella regione di Dehli, imposto dalla Corte Suprema indiana nel 2018, in risposta a una petizione popolare che chiedeva misure per controllare i livelli di inquinamento, è stato anche quest'anno completamente ignorato dai cittadini, tanto che la Corte Suprema ha chiesto al governo di Delhi, alla polizia e all'amministrazione di condividere i dettagli su come impediranno che queste violazioni si ripetano l'anno prossimo e ha suggerito un divieto permanente di celebrazioni con fuochi del Diwali.
Il rapporto “Effects of Diwali Celebration on Air Quality in India” pubblicato in ottobre da Airvoice che ha analizzato i dati di 180 stazioni in 14 Stati indiani tra il 2019 e il 2023 fornendo la panoramica più completa su come le celebrazioni di Diwali contribuiscono all'inquinamento atmosferico stagionale, ha evidenziato che “I livelli di PM2.5, ovvero il particolato fine che pone gravi rischi per la salute, aumentano notevolmente durante il Diwali, raggiungendo i livelli più alti negli Stati settentrionali come Delhi, Uttar Pradesh e Haryana. Queste regioni sperimentano già alti livelli di inquinamento durante la stagione post-monsonica, con le emissioni dei petardi che aggravano il problema. L'ultima notte del festival di Diwali, le concentrazioni di PM2.5 in alcune aree hanno superato fino a 9 volte le soglie del National Ambient Air Quality Standards (NAAQS)”. L'unica nota positiva è che l'impatto ambientale dell'inquinamento correlato al Diwali è transitorio. Secondo i risultati, la qualità dell'aria tende a tornare ai livelli pre-festival alcuni giorni dopo la celebrazione, confutando in parte le preoccupazioni di lunga durata sugli effetti prolungati. Il rapporto mette però in guardia dai rischi per la salute a lungo termine posti da metalli tossici come alluminio, manganese e cadmio, che vengono rilasciati durante la combustione dei petardi, visto che “Questi metalli pesanti possono rimanere nell'atmosfera a lungo dopo che il fumo si è diradato, contribuendo a malattie respiratorie croniche”.
Se un semplice divieto ai fuochi artificiali in India limiterebbe di molto l'inquinamento atmosferico di un'enorme area geografica densamente abitata, secondo il nuovo report “Contrail avoidance: aviation’s climate opportunity of the decade - A smart solution at low cost” di Transport & Environment (T&E), “Basterebbe soltanto modificare l’itinerario di una piccola parte dei voli, il 3%, per abbattere più del 50% entro il 2040 l’effetto climalterante delle contrail, le scie di condensazione lasciate in cielo dagli aerei al loro passaggio”. In particolare, sono proprio le scie di condensazione, create dagli aerei che volano in condizioni di aria fredda e umida, ad avere l'impatto maggiore tra le cosiddette “non-CO2 emissions”. La maggior parte di queste scie si dissolve in pochi minuti, ma in determinate condizioni possono persistere nell'atmosfera determinando un effetto netto di riscaldamento atmosferico. Secondo l’analisi di T&E, “Il carburante addizionale utilizzato per allungare gli itinerari ed evitare così la formazione di scie, corrisponderebbe a un incremento del solo 0,5% dei consumi, su base annua, dell’intera aviazione civile globale e i singoli voli la cui rotta andrebbe modificata, a fronte di un incremento di carburante del 5% circa, potrebbero ridurre dell’80% l’effetto climalterante delle scie”. Secondo la ong “I benefici derivanti dalla mancata formazione di scie sono sempre maggiori (tra le 15 e le 40 volte) degli impatti delle emissioni addizionali di CO2 generate dal cambio delle traiettorie di volo”, inoltre, questi benefici aumenteranno con il miglioramento delle tecnologie di osservazione (satelliti e telecamere da terra), di previsione metereologica e relative ai sensori di umidità.
Per T&E “La geografia e la latitudine del volo hanno una forte incidenza in termini di impatto climatico delle scie. I voli sopra il Nord America, l'Europa e la regione dell'Atlantico settentrionale, nel 2019, hanno causato oltre la metà del riscaldamento globale derivante da contrail”. Anche gli orari di volo concorrono a determinare gli effetti climatici delle scie: “Quelle formate dai voli serali e notturni hanno l’impatto maggiore. Altrettanto vale per la stagionalità: le scie con l’effetto più pronunciato tendono a formarsi in inverno”. Secondo Carlo Tritto, sustainable fuels manager di T&E Italia, “All'industria aeronautica viene offerto un modo semplice ed estremamente economico per ridurre il proprio impatto sul clima. Alcuni operatori del settore tendono a ignorare il problema delle scie di condensazione, ma i benefici climatici associati alla loro mancata formazione sono enormi, e le soluzioni per mitigare il fenomeno migliorano di giorno in giorno. Identificando e modificando le traiettorie di quei pochissimi voli che causano la gran parte dei contrail, possiamo avere un effetto immediato sugli impatti climatici dell’aviazione. Non è più ora di discutere se sia necessario farlo, ma di come farlo”. A che costi? Deviare la traiettoria di un volo intercontinentale, con il fine di ridurre la formazione di scie e utilizzando una stima conservativa, costerebbe appena 2.09€ a biglietto (o meno di 1€ per un volo intraeuropeo). Questo valore tiene conto sia dei costi legati all’incremento di carburante, sia a quelli di tutte le tecnologie necessarie per monitorare la creazione di contrail (sensori di umidità, satelliti, ecc...). Di fatto per ogni tonnellata di CO2 equivalente abbattuta, questa strategia è oltre 15 volte più economica di altre soluzioni climatiche come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS).
Anche se evitare le scie porterebbe a significativi benefici per il clima, non rende meno urgente la riduzione delle emissioni di CO2 del settore dell'aviazione, il cui impatto sul clima rimane significativo, ma visto che sono ancora poche le soluzioni climatiche che possono essere attuate così rapidamente, a costi così contenuti e con un impatto minimo su industria e consumatori, T&E chiede ai decisori politici e all’industria aeronautica “Di agire ora, fianco a fianco, per assicurare che tra 10 anni i nostri cieli siano liberi da scie di condensazione". È l'occasione del decennio per ridurre almeno in parte l’impatto climatico dell'aviazione.
Alessandro Graziadei
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