martedì 30 dicembre 2025

Economia circolare: tra il dire e il fare...

L'economia circolare e una conseguente evoluzione delle regole e dei modelli di consumo rappresentano una risorsa dal potenziale enorme nella lotta al cambiamento climatico. Un recente studio pubblicato su ScienceDirect al titolo Unlocking circular economy policies in integrated assessment models  ha individuato alcuni importanti criteri per migliorare gli Integrated assessment models (Iam), ovvero i Modelli di valutazione integrata utilizzati in tutto il mondo nelle analisi (anche dell'economia circolare), che sono strumenti fondamentali per oriantare le politiche climatiche e comprendere meglio le trasformazioni dei sistemi energetici necessarie al raggiungimento delle emissioni net zero. Per Leticia Magalar del Cmcc, che ha guidato la ricerca, “Per anni, i modelli climatici ci hanno detto che dobbiamo trasformare i nostri sistemi energetici, e avevano ragione”, ma, “Sono rimasti in gran parte silenziosi su un’altra potente soluzione climatica: usare meno risorse e usarle meglio. La nostra ricerca mostra che questo silenzio non dipende dal fatto che l’economia circolare non sia importante, ma dal fatto che i modelli non sono ancora attrezzati per valutarla adeguatamente”. Ora con questa ricerca pare sia stata individuata una più chiara direzione da seguire in questo campo.

Lo studio ha analizzato 15 Iam, rilevando che la copertura dei dati attuale relativa al contributo dell'economia circolare nella lotta al cambiamento climatico si concentra soprattutto sulla riduzione dell’uso dei materiali (50%) e sul riciclo (28%), mentre strategie come riparazione, riutilizzo ed estensione della vita dei prodotti rappresentano solo il 19% circa delle analisi. Inoltre i dati delle catene di approvvigionamento risultano spesso incompleti, con report per lo più legati alle fasi di produzione e consumo e una scarsa attenzione all’estrazione delle risorse e alla gestione dei rifiuti. Secondo la Magalar “Non possiamo pianificare ciò che non possiamo misurare […]. La posta in gioco è alta perché le strategie di economia circolare non garantiscono automaticamente benefici climatici. Il riciclo può essere energivoro; mantenere in uso elettrodomestici vecchi può significare far funzionare modelli meno efficienti; e i risparmi ottenuti acquistando prodotti ricondizionati potrebbero essere spesi in attività ad alta intensità di carbonio. Senza strumenti di valutazione adeguati, rischiamo di adottare politiche ben intenzionate che producono risultati deludenti o che, peggio, ostacolano i nostri obiettivi climatici”. La ricerca, infatti, rivela che il 70% degli studi attuali presume che le politiche circolari raggiungano automaticamente gli obiettivi prefissati, invece di modellare rigorosamente le prestazioni reali. Ciò evidenzia un’importante lacuna nella ricerca e nella valutazione delle politiche.  Inoltre, nessuno dei modelli analizzati dalla ricerca del Cmcc considera il funzionamento sistemico necessario affinché le politiche di economia circolare abbiano successo. Di fatto “Una politica di riciclo non può funzionare da sola: richiede un’adeguata raccolta differenziata da parte delle famiglie, infrastrutture di raccolta, fabbriche in grado di utilizzare materiali riciclati e prodotti progettati fin dall’inizio per essere riciclabili. Tutti questi elementi sono influenzati da differenze culturali e livelli di reddito che oggi non vengono considerati”, ha precisato la Magalar.

Quindi, i decisori politici nazionali ed europei che stanno già implementando misure di economia circolare, lo fanno spesso senza adeguati strumenti di modellizzazione, rischiando di sottostimare o più facilmente sopravvalutare i reali benefici climatici di questo virtuoso ma complesso sistema economico. Lo studio, che invece propone soluzioni pratiche per integrare le politiche di economia circolare in modo olistico, potrebbe adesso fornire ai decisori politici informazioni accurate e specifiche per garantire che gli investimenti nell’economia circolare siano più coerenti con gli obiettivi climatici. “In sintesi, i decisori politici possono ora comprendere meglio come le strategie di economia circolare siano attualmente trattate nei modelli climatici, e quali lacune occorra colmare per sostenere una pianificazione della mitigazione più intelligente ed efficace”, ha concluso la Magalar. Un'analisi importante che rende ancora più urgente un impegno politico a favore di misure di economia circolare che potrebbero contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nelle industrie ad alta intensità energetica, quali quelle dell'acciaio, dell'alluminio, del cemento e del calcestruzzo e della plastica, settori che attualmente rappresentano quasi il 15% delle emissioni totali dell'Unione europea. L'integrazione di misure di circolarità in questi settori migliorerebbe la sicurezza energetica ed economica dell'Unione riducendo la dipendenza dalle importazioni. A mettere nero su bianco questo auspicio è stata la nuova relazione del Joint research centre (Jrc) dal titolo “Capturing the Potential of the Circular Economy Transition in Energy-Intensive Industries”. Nel documento si sottolinea in particolare come una migliore gestione del fine vita di questi materiali materiali, comprese misure di riduzione, riutilizzo e recupero, potrebbe aiutare l'industria dell'Ue a ridurre tra 189 e 231 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente all'anno. Le misure di circolarità, sottolinea il Jrc, potrebbero essere particolarmente efficaci nel ridurre le emissioni nel settore siderurgico (da 64 a 81 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente all'anno) e nel settore della plastica (da 75 a 84 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente all'anno).

Le misure di circolarità nei settori citati, si legge nel report, ridurrebbero in pochi anni anche la domanda di energia da combustibili fossili a livello dell'Ue di quasi il 4,7 % rispetto al 2023 e il consumo di elettricità a livello dell'Unione diminuirebbe in misura analoga. Nel complesso, ciò potrebbe ridurre la dipendenza dai combustibili fossili importati e dai materiali critici necessari per la produzione di elettricità, rafforzando al contempo la resilienza dell'Ue di fronte alla volatilità energetica globale. Anche in questa analisi abbondano le raccomandazioni per aiutare i responsabili politici e l'industria a prendere decisioni informate sulle misure di economia circolare che possono sostenere la transizione dell'Unione europea verso un'economia più sostenibile e competitiva. Quali? Tra le principali “La promozione di tecnologie per migliorare la qualità dei materiali riciclati, la riduzione dell'uso delle risorse attraverso una progettazione più efficiente e l'orientamento della domanda di mercato tramite strumenti di appalti pubblici verdi”. Queste strategie, viene sottolineato, “Sono in linea con gli obiettivi dell'Ue di migliorare la sostenibilità e la competitività, mitigando al contempo i rischi macroeconomici derivanti dalle dipendenze globali”. Come sempre ora tocca ai politici (interessi di lobby permettendo) dare seguito alle indicazioni degli scienziati. 

Alessandro Graziadei

 

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