sabato 27 ottobre 2012

Diritti o profitti al centro delle politiche sull’immigrazione in Europa?


Arriva l’inverno, gli sbarchi sulle coste italiane diminuiscono, ma rimane vivo il problema di un adeguato sistema di accoglienza e protezione internazionale dei migranti. Per questo una delegazione di Amnesty International guidata da Giusy D’Alconzo, direttrice dell’Ufficio campagne e ricerca dell’ong, ha consegnato il 19 ottobre al sottosegretario dell’Interno Saverio Ruperto con delega all’immigrazione e all’asilo, 28.474 firme raccolte per chiedere all’Italia di accantonare l’accordo sottoscritto ad aprile con la Libia in materia di controllo dell’immigrazione. L’appello, rilanciato il giorno prima da decine di video-installazioni rivolte al ministero dell’Interno e proiettate su alcuni monumenti di Roma, era stato lanciato a giugno nell’ambito della campagna europea When you don't exist di Amnesty International e promosso a luglio dagli attivisti di oltre 20 paesi al campeggio sui diritti umani organizzato dall’associazione a Lampedusa per chiede agli stati europei di mettere i diritti umani al centro delle politiche migratorie.
L’accordo italo-libico del 3 aprile scorso ha segnato la ripresa della cooperazione bilaterale dell’Italia con la Libia sul tema fondamentale dei diritti umani, nonostante fossero, e siano tuttora in corso, violazioni dei diritti umani nei confronti di migranti, richiedenti asilo e rifugiati in Libia e nonostante l'assenza di disposizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato nel paese nordafricano. “Questo accordo non è stato mai reso pubblico - ha detto Giusy D’Alconzo - ma come abbiamo potuto verificare pone al momento migranti, rifugiati e richiedenti asilo a rischio di gravi violazioni dei diritti umani dentro e fuori le carceri libiche. Tante persone, in Italia e in altri Paesi europei, chiedono al nostro Paese di giocare un ruolo determinante nella difesa dei diritti umani in Libia, che al contrario rischiamo di giocarlo nella loro violazione” ha concluso la D’Alconzo.
Per questo nel corso dell’incontro, la delegazione di Amnesty ha chiesto al Governo italiano di
mettere da parte ogni accordo vigente con la Libia in tema di controllo dell’immigrazione; rendere pubblici tutti gli accordi negoziati con la Libia; rendere noti i dettagli dei progetti di cooperazione passati e presenti, compresi quelli finanziati dall’Unione europea, nonché le informazioni sulla fornitura ufficiale di risorse, personale e attrezzature; e soprattutto ha chiesto al Governo di “impegnarsi a stipulare ulteriori accordi sul controllo dell’immigrazione con la Libia solo dopo che il paese Nord africano dimostri di rispettare e proteggere i diritti umani di rifugiati, richiedenti asilo e migranti e metta in atto un adeguato sistema di esame e riconoscimento delle domande di protezione internazionale” ha concluso la delegazione di Amnesty.
Si tratta di un appello che sembra aver colto una degenerazione nel trattamento dei migranti che va ben oltre i confini italiani, visto che tra meno di un anno in Europa sarà operativo Eurosur (European External Border Surveillance System) un nuovo sistema transnazionale di controllo delle frontiere con satelliti e droni che sembra aver poco a che spartire con il “diritto di viaggio”, ancor prima che con quello di asilo e di rifugio di migliaia di migranti.
Di che cosa si tratta? Eurosur prevede la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le autorità di frontiera dei Paesi membri e Frontex, l’Agenzia europea per le frontiere esterne che ha un passato non proprio trasparente nella gestione dei diritti umani. Ogni Stato suddividerà i propri confini in porzioni, a ognuna delle quali sarà attribuito un livello di impatto “sulla base di un’analisi dei rischi e del numero di episodi che si verificano”. Le rilevazioni saranno poi raccolte da un Centro nazionale di coordinamento, che si occuperà di condividerle con i Centri degli altri Paesi e Frontex.
Ma quanto ci verrà a costare tutto questo? A spiegarcelo è Melting Pot Europa, un progetto integrato di comunicazione sul fenomeno dell’immigrazione, che prevede “Secondo i dati della Commissione Europea, un esborso di 340 milioni di euro entro il 2020. Ma il rapporto Borderline, finanziato dalla Fondazione Heinrich Boll e realizzato da Ben Hayes e Mathias Vermeulen, prevede cifre differenti, due o tre volte più alte”.
Ma oltre ai costi, che come nel caso di Frontex tendono spesso a lievitare, è sulla questione dei diritti umani dei migranti che le contraddizioni di Eurosur si fanno più stringenti. “Se da un lato il testo del progetto prevede la piena compatibilità con i diritti fondamentali dell’uomo e il relativo divieto di respingimento, dall’altro non spiega come questi principi possano conciliarsi con l’esternalizzazione di frontiere sempre più controllate e militarizzateha spiegato Luigi Riccio per Melting Pot Europa. Insomma come si potrà chiedere asilo se si rimane bloccati sulle coste tunisine, egiziane o libiche? “Alle persone che vogliono richiedere protezione internazionale - ha detto l’europarlamentare verde Ska Keller - sarà impedito anche solo di raggiungere i confini europei. Se sono fermate nel paese di origine o di transito, è ovvio che sarà loro precluso di presentare la richiesta di asilo in Europa”. Per questo Keller ha lanciato la Campagna Smash Border (frontiere frantumate) in opposizione alle smart border (frontiere intelligenti) tanto care al futuro Eurosur ricordandoci come “Le industrie fornitrici di queste sofisticate tecnologie di vigilanza sono i principali agenti di pressione ed è chiaro che il rafforzamento del controllo delle frontiere non nasce da un bisogno reale, ma obbedisce a dei principi ideologici a loro volta alimentati da interessi economici” ha concluso Keller. Dello stesso avviso è anche Claire Roder, giurista dell’associazione francese Gisti, che al business della xenofobia ha dedicato un libro-inchiesta, intitolato, appunto, Xénophobie Business: “Non si può fare a meno di pensare che muri, recinzioni, radar e adesso i droni che coprono i confini dell’Europa - ha precisato Roder - servano solo a generare profitti di tutti i tipi: finanziari, certo, ma anche ideologici e politici”.
Anche se quale sarà poi il destino dei migranti intercettati e chi si farà carico di loro Eurosur non lo dice, non tutto sembra essere buio per il futuro di chi busserà alle frontiere della Fortezza Europa. Il 4 ottobre la Commissione europea ha raccolto, per mano di Henrik Nielsen, Responsabile per la gestione delle migrazioni e le politiche di rimpatrio, la sfida promossa dal Gruppo EveryOne insieme a Eritrean Youth Solidarity for Change per dare consulenza all’Ue e seguire lo svolgersi del progetto di soccorso permanente in mare dei migranti previsto da Eurosur. “Se le promesse verranno rispettate - ha assicurato EveryOne - questa collaborazione consentirà in futuro di salvare migliaia di vite umane”.
Alessandro Graziadei

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